Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4209 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 19/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 19/02/2020), n.4209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26870-2017 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 112,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO LORIA, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

G.V., in proprio e nella qualità di tutore di

GI.VA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINEROLO 22,

presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BELLANTONI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2423/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel dicembre del 2017, C.A. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia, G.A., Gi.Va. e G.V., affinchè venisse accertato il possesso ultra ventennale, continuato e pacifico, e, per l’effetto, sentir dichiarare l’acquisto per intervenuta usucapione del terreno sito in (OMISSIS), ai sensi dell’art. 1158 c.c..

Si costituiva in giudizio il solo G.V., in proprio e nella qualità di tutore di Gi.Va., contestando l’avversa parte processuale.

Il Tribunale, con sentenza n. 111/2009, rigettava la domanda e condannava lo stesso al pagamento delle spese.

Avverso detta sentenza, ricorreva in appello C.A., denunciando la carenza di motivazione in ordine all’iter logico giuridico che aveva portato al rigetto della domanda, oltre alla totale assenza di motivazione in merito alla domanda risarcitoria presenta dallo stesso.

2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 2423 del 12 aprile 2017, rigettava l’appello, poichè riteneva non fornita la prova, in capo al ricorrente, di aver posseduto il bene da usucapire, in modo continuativo, per oltre 20 anni.

3. Avverso detta sentenza, ricorre per Cassazione C.A. sulla base di un unico motivo.

3.1. G.V. resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta l'”omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″:

Lamenta che la Corte avrebbe omesso di esaminare le prove testimoniali decisive per il giudizio. In particolare quelle del teste D., F. e O., che se esaminate avrebbero portato il giudice territoriale a ritenere provato il possesso continuato ed indisturbato da parte del ricorrente.

Il ricorso è inammissibile in quanto pur denunciando un vizio motivazionale in realtà richiede il riesame della prova testimoniale. Nel caso di specie inoltre non c’è assenza di motivazione.

Infatti con le doglianze in esso articolate, la parte ricorrente, in sostanza, sottopone alla Corte di legittimità inammissibili istanze di revisione di valutazioni di fatto, prevalentamente probatorie, rientranti nel sovrano apprezzamento del giudice del merito e non sindacabili in sede di legittimità. Infatti con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 9097 del 2017).

Nè la sentenza impugnata appare censurabile sotto il profilo motivazionale, visti i ristretti limiti in cui tale vizio può ancora essere fatto valere – la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. Sez. U., n. 8053 e n. 9032 del 2014; cfr. Cass. n. 7472 del 2017 -) ovvero, sub art. 360 c.p.c., comma 5, avendo la Corte d’appello compiutamente esaminato tutte le prove testimoniali.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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