Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 42084 del 30/12/2021

Cassazione civile sez. I, 30/12/2021, (ud. 17/11/2021, dep. 30/12/2021), n.42084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CENNICOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25602/2020 R.G. proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Felice Patruno giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente-

avverso il decreto del Tribunale di Bari depositatol’11/7/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2021 dal cons. Pazzi Alberto.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Il Tribunale di Bari, con decreto dell’11 luglio 2020, rigettava il ricorso proposto da O.A., cittadino nigeriano proveniente dall’Edo State, avverso il provvedimento, emesso dalla locale Commissione territoriale, di rigetto della domanda reiterata di riconoscimento del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14, all’asilo costituzionale o alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

In particolare, il tribunale, ritenuta non necessaria l’audizione del migrante, rilevava – fra l’altro e per quanto qui di interesse – che nell’Edo State, da cui questi proveniva, non sussisteva una condizione di conflitto armato con violenza generalizzata tale da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

Escludeva inoltre, all’esito di un raffronto fra la situazione vissuta da O. nel paese di origine (dove aveva svolto un tirocinio come saldatore) e la condizione di vita in Italia (dove era stato assunto a tempo determinato per un breve periodo e con uno stipendio inidoneo a garantire un sostentamento), che ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. O.A. ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, prospettando quattro motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 8 e 11, in combinato disposto con l’art. 16 direttiva 32/2013, per non avere il tribunale fissato un’udienza al fine di procedere all’audizione personale del ricorrente, malgrado ciò fosse necessario a causa della mancanza della videoregistrazione del colloquio in sede amministrativa.

4. Il motivo è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice di merito, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (Cass. 21584/2020).

Il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza, nel senso che il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza (Cass. 25312/2020).

Indicazione, questa, che nel caso di specie è stata del tutto tralasciata, discendendone l’inammissibilità del mezzo a motivo della sua genericità.

5. Il secondo motivo di ricorso lamenta l’omessa pronuncia sulla domanda di merito gradata di concessione della protezione dell’asilo costituzionale ex art. 10 Cost..

6. Il motivo è inammissibile.

La censura in esame, pur dolendosi della mancata pronuncia su una delle domande presentate al giudice di merito, omette, tuttavia, di riportarne il contenuto.

Il che comporta l’inammissibilità della doglianza.

Difatti, nel giudizio di legittimità la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi; pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. 28072/2021).

7. Il terzo motivo assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, perché il tribunale ha tralasciato di fornire un preciso riferimento alle fonti nazionali ed internazionali da cui aveva desunto le condizioni socio-politiche del paese di provenienza.

Il collegio di merito, in particolare, si sarebbe soffermato solo marginalmente a rappresentare le fonti consultate (tutte non aggiornate e datate 2017 e 2018) per escludere una situazione di violenza generalizzata, senza valutare le “copiose e articolate allegazioni difensive in tal senso”.

8. Il motivo è inammissibile.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei propri poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e tramite la consultazione di “fonti informative privilegiate” (vale a dire di informazioni tratte da fonte internazionale aggiornata, qualificata ed autorevole; Cass. 3357/2021), se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

Il tribunale ha escluso la sussistenza nell’Edo State di una situazione di violenza generalizzata sulla base di informazioni internazionali aventi simili caratteristiche (avendo preso in esame non solo il sito Viaggiare Sicuri, ma in primo luogo i rapporti di Amnesty International e Human Rigts Watch) ed espressamente citate risalenti agli anni 2017 e 2018. L’odierno ricorrente sostiene che tali informazioni non fossero aggiornate e si duole della mancata consultazione del materiale messo a disposizione del collegio giudicante.

Una simile critica risulta inammissibile in questa sede, non solo in ragione della sua genericità, dato che non indica quali informazioni internazionali fossero state fornite al giudice di merito, ma anche perché il ricorrente che voglia censurare l’inadeguatezza delle modalità con cui si è dato corso al dovere di cooperazione istruttoria, nel caso in cui il giudice di merito abbia reso note le fonti consultate mediante l’indicazione del loro contenuto, della data di risalenza e dell’ente promanante, è tenuto ad allegare nel ricorso le fonti alternative ritenute idonee a prospettare un diverso esito del giudizio (v. Cass. 7105/2021).

Se ne deve concludere che la critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerchi di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal giudice di merito, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018).

9. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e mancata applicazione del T.U.I. art. 5, comma 6, e art. 19, comma 2, e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, in quanto il tribunale ha tralasciato di effettuare la valutazione comparativa fra la situazione di rimpatrio e la condizione di accoglienza a cui era tenuto ai fini di valutare il riconoscimento della protezione umanitaria.

10. Il motivo è inammissibile.

Il giudice a quo, da una parte, ha rilevato che non era stata allegata un’effettiva lesione dei diritti fondamentali del migrante nel paese di origine, dove per di più questi aveva svolto un tirocinio da saldatore, dall’altra ha ritenuto che lo svolgimento di attività lavorativa a tempo determinato, con uno stipendio netto incongruo a garantire un sostentamento, di per sé non valesse a evidenziare un radicamento del ricorrente sul territorio.

Il tribunale si è così fatto carico di una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio potesse determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza.

A fronte dell’accertamento negativo di una simile situazione di vulnerabilità personale, che rientra nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito, la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017).

11. In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2021

 

 

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