Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4207 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4207 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 13976 — 2008 R.G. proposto da:
FABBRI ELLIDA MARIA — FBBLDN47R64C296K, elettivamente domiciliata in Roma,
alla piazza Re di Roma, n. 8, presso lo studio dell’avvocato Giampiero Uova, che,
congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Gherardo Nesti, la rappresenta e difende in
virtù di procura speciale in calce al ricorso.
RICORRENTF
contro
FABBRI ERMINIA — FBBRMN27T64C296E, elettivamente domiciliata in Roma, alla via
degli Scialoja, n. 6, presso lo studio dell’avvocato Luigi Ottavi che, congiuntamente e
disgiuntamente all’avvocato Marco Bernardini, la rappresenta e difende in virtù di procura
speciale in calce al controricorso.
CONTRORICORRFNTk
Avverso la sentenza n. 502 dei 28.4.2006/11.4.2007 della corte d’appello di Bologna,

35 N

1(119′”
(

Data pubblicazione: 21/02/2014

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 9 gennaio 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Beatrice Quaranta, per delega dell’avvocato Giampiero Uova, per la
ricorrente,
Udito l’avvocato Luigi Ottavi per la controricorrente,

Carestia, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 24.5.1993 Maria Ellida Fabbri citava a comparire innanzi al
pretore di Bologna Erminia Fabbri.
L’attrice, proprietaria di alcuni terreni siti in Comune di Castiglione dei Pepoli, deduceva
che Erminia Fabbri, proprietaria di un terreno limitrofo, ignorando l’esatta linea di confine.
aveva occupato un rettangolo del fondo di ella attrice e sulla porzione indebitamente occupata
aveva costruito la propria abitazione, un deposito di gasolio ed un muro di sostegno.
Chiedeva, pertanto, che fosse individuato il confine e, conseguentemente, che le fosse
restituita la porzione illegittimamente acquisita ovvero, in ipotesi subordinata e alternativa.
che le fosse risarcito il danno in misura corrispondente al valore da determinarsi a mezzo
c.t.u..
Si costituiva Erminia Fabbri.
Chiedeva il rigetto dell’avversa domanda; in via riconvenzionale instava per la
dichiarazione di usucapione della porzione di terreno oggetto del presunto sconfinamento.
All’esito dell’istruttoria, con sentenza dei 17.2/25.3.2003, il tribunale di Bologna divenuto nelle more giudice di prima istanza – attendeva all’individuazione della linea di
confine tra i terreni delle parti in lite ed, in parziale accoglimento della domanda
riconvenzionale spiegata da Erminia Fabbri, dichiarava da costei acquistate per usucapione le

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Antonietta

porzioni di terreno della particella n. 81 sulle quali insistevano i corpi di fabbrica realizzati
dalla stessa Erminia Fabbri; condannava altresì la convenuta al pagamento delle spese di
giudizio e delle consulenze tecniche d’ufficio.
Interponeva appello Erminia Fabbri, instando per la riforma della gravata sentenza e,
dunque, per l’integrale accoglimento della domanda spiegata in prime cure.

e, quindi, riscontrato il presunto sconfinamento alla stregua delle mappe catastali. mappe
aventi, viceversa, a norma dell’art. 950 c.c., valenza del tutto sussidiaria.
Si costituiva Maria Ellida Fabbri.
Domandava il rigetto dell’avverso gravame ed, in via incidentale, che fosse respinta
l’avversa domanda di usucapione, in difetto di prova certa che i manufatti fossero stati
realizzati nel 1967, che le fosse riconosciuta la somma di lire 87.500.000 non già a titolo di
risarcimento del danno, ma a titolo di mancata restituzione della porzione di terreno ad ella
sottratta, che nella liquidazione delle spese fossero ricompresi anche $M esborsi per le
consulenze tecniche di parte.
Con sentenza n. 502 dei 28.4.2006/11.4.2007 la corte d’appello di Bologna così statuiva:
“rigetta l’appello proposto da Fabbri Erminia; in parziale accoglimento
incidentale, dichiara tenuta e condanna Fabbri Erminia a pagare all’appellata. Fabbri FIlida
Maria, la somma di € 3.719,00, oltre svalutazione monetaria a partire dal maggio 1997 (epoca
dell’indagine peritale) ed interessi legali dalla domanda all’effettivo pagamento; dichiara
interamente compensante tra le parti le spese del presente grado di giudizio – (così ,s•enlenza
d’appello, pag. 11 – 12).
In particolare, in ordine all’appello incidentale spiegato da Maria Ellida Fabbri. il giudice
di seconde cure, per un verso, statuiva nel senso che “non può che condividersi la pronuncia
del Tribunale che ha riconosciute come usucapite le parti su cui insistono tali costruzioni”

Si doleva, essenzialmente, giacché il giudice di prima istanza aveva individuato il confine

,040′

(così sentenza d’appello, pag. 9), per altro verso, in ordine alla richiesta di pagamento di una
somma di denaro a titolo di ristoro per la mancata restituzione, statuiva nel senso che la
medesima Maria Ellida Fabbri “ha diritto.., al valore di mercato del terreno, oggetto di
sconfinamento” (così sentenza d’appello, pag. IO,. soggiungendo che. — avendo il GR
effettuato un’accurata indagine di mercato che tiene conto anche della posizione del bene e

terreno e condannarsi l’odierna appellante al pagamento in favore di Fabbri Ellida Maria della
somma di 7.200.000, pari ad € 3.719,00, oltre svalutazione monetaria … ed interessi…
(così sentenza d’appello, pag. 11), per altro verso ancora, in ordine al terzo motivo
dell’appello incidentale, con cui si lamentava “la mancata condanna della convenuta anche
alla rifusione delle spese sostenute dall’attrice per le consulenze d’ufficio” (così sentenza
d’appello, pag. 11), statuiva nel senso che “la sentenza impugnata prevede espressamente tale
condanna proprio nei termini richiesti con il gravame” (così sentenza diwelle. pag. Il) e.
“quanto al pagamento delle spese sostenute per le CIP” (così sentenza d’appello, pag. l),
che l’istanza non può essere accolta sia perché attiene ad attività non necessaria ed
espressione della libera scelta della parte, sia perché non è stata fornita nessuna prova circa gli
effettivi esborsi” (così sentenza d’appello. pag. 11).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Maria Ellida Fabbri, chiedendone, sulla scorta
di tre motivi, la cassazione; con il favore delle spese del giudizio di legittimità.
Erminia Fabbri ha depositato controricorso; conclude per la declaratoria di inamniissihiliti
e, comunque, per il rigetto dell’avverso ricorso; con il favore delle spese del giudizio di
legittimità.
I,a ricorrente in data 23.12.2013 ha depositato memoria ex art. 378 c.p.e..
MOTIVI DELLA DECISIONE

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delle dimensioni dello stesso, non può che condividersi la valutazione del valore venale del

Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, 1 0 co.. n. 3), c.p.c.. il vizio
di violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..
All’uopo adduce che “già in atto di appello.., ha lamentato la violazione dell’art. 112
c.p.c. perché il Tribunale ha riconosciuto alla convenuta l’usucapione di una porzione dei
fabbricati, quando tale richiesta non è mai stata avanzata, essendosi la sig.ra Frminia Fabbri

accolto una domanda.., che non è mai stata posta!! Infatti la riconvenzionale Avversaria non
ha mai avuto per oggetto i fabbricati” (così ricorso, pag. 2); che “né le deposizioni versate in
atti hanno consentito di accertare la sussistenza delle caratteristiche richieste dalla legge per
l’usucapione – (così ricorso, pag. 2).
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 3), c.p.c., la
violazione dell’art. 90 disp. att. c.p.c. in relazione agli artt. 194 e 201 c.p.c. ed, ai sensi
dell’art. 360, 10 co., n. 5), c.p.c., il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione.
All’uopo, propriamente in ordine al “risarcimento del danno… proposto <-in Via subordinata e alternativa>.., nell’ipotesi di mancata restituzione del terreno” (così ricorso,
pag. 3), adduce che “già con l’appello incidentale ci siamo lamentati del fatto che il C,1.1_1.
non abbia dato al terreno il suo effettivo valore” (così ricorso, pag. 3); che “abbiamo
contestato – in rito – che lo stesso C.T.U. non abbia convocato le parti in occasione dell’inizio
delle operazioni peritali” (così ricorso, pag. 3); che, benché fosse stata richiesta la
rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, “la Corte d’Appello.., ha respinto la nostra
richiesta…” (così ricorso, pag. 3); che “la Corte ha scritto di il risarcimento del
danno a quello della restituzione del terreno… La decisione non è accettabile per due motivi:
a) il primo, perché l’attrice non ha mai la propria domanda in tal senso…: h) il
secondo, perché la teorica proposta dall’odierna ricorrente, era subordinata ad

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limitata a rivendicare il solo terreno….” (così ricorso, pag. 2); che “l’impugnata sentenza ha

una valutazione del danno in € 41.189,98, oltre IVA… Quindi, la Sig.ra Ellida Fabbri non ha
mai chiesto al Giudice che la Sig.ra Fabbri Erminia venisse condannata al pagamento di
3.719,00. La Corte ha quindi deciso al di fuori della domanda” (così ricorso, pag. 3).
Con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art.. 360, 1 ce.. n. 3). c.p.c.. la
violazione dell’art. 91 c.p.c. ed, ai sensi dell’art. 360, V co., n. 5). c.p.c., il izio di

All’uopo adduce che “la sentenza deve contenere la condanna alle spese di C.T.P.” (così
ricorso, pag. 4); che “il ragionamento della Corte d’Appello appare altresì contraddittorio, in
quanto il Giudice del Gravame — da un lato — non ci ha ammesso al richiesto Supplemento di
perizia e poi – dall’altro — ci addebita la mancata quantificazione di un’attività processuale che
essa non ha consentito di compiere!!” (così ricorso. pag. 4).
Il primo motivo di ricorso è senz’altro destituito di fondamento.
E ciò, ben vero, pur a prescindere dalla più che patente ragione di inammissibilità che in
relazione al medesimo motivo si prospetta.
Difatti, siccome la controricorrente ha debitamente posto in risalto (cfr. controricor.so,
pagg. 12 e 13), la ricorrente non ha per nulla atteso all’assolvimento dell’onere di
formulazione del quesito di diritto, in spregio, evidentemente, al disposto dell’art. 366 bis
c.p.c., applicabile ralione iemporis al caso di specie e ove, appunto, è prefigurata a pena di
inammissibilità la formulazione del quesito di diritto per i motivi riconducibili alle previsioni
dei un. 1), 2), 3) e 4) del 1° co. dell’art. 360 c.p.c..
In ogni caso, in linea con quanto del pari correttamente rimarca la controricorrente, si
evidenzia che il tribunale bolognese, dapprima, e la corte bolognese, dipoi, hanno ritenuto di
accogliere solo in parte l’istanza riconvenzionale esperita in prime cure da Maria Fllida
Fabbri e volta a conseguire la declaratoria di intervenuta usucapione dell’intera porzione di
terreno oggetto di sconfinamento, quale delimitata da un’apposita recinzione metallica.

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contraddittoria motivazione circa la mancata concessione delle spese di c.t.p..

Propriamente al riguardo si condivide in toto la prospettazione di Erminia Fabbri, alla cui
stregua, “accogliendo l’usucapione parziale del solo terreno su cui è edificato l’edificio il
Giudice non ha certo violato alcun principio dispositivo della domanda non integrando certo
un vizio di ultrapetizione e extrapetizione” (così controricorso, pag. 13).
Del resto questa Corte spiega che il vizio di omessa pronuncia è configurabile soltanto in

una statuizione di accoglimento o di rigetto ed è pertanto da escludere quando ricorrano gli
estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva

(C/r. Cass.

15.5.1996, n. 4498; cfr. Cass. sez. lav. 4.11.1995, n. 11517, secondo cui il vizio di omessa
pronuncia, presupponendo l’effettiva obliterazione della “postulazione di giudizi() – in almeno
una delle sue articolazioni, non sussiste quando la domanda sia stata comunque esaminata).
Il secondo motivo di ricorso è a vario titolo inammissibile; comunque è destituito di
fondamento.
Va posto in risalto, innanzitutto, che l’inosservanza da parte del consulente d’ufficio del
dovere di avvertire i contendenti, determina la nullità della consulenza tecnica solo se ed in
quanto abbia effettivamente comportato, con riferimento alle circostanze del caso concreto, un
pregiudizio del diritto di difesa (cfr. Cass. sez. un. 18.3.1988, n. 2481). Altresì, clic le nullità
atte a scaturire dalla violazione della regola del contraddittorio, operante pur con riferimento
alle indagini da compiersi dal consulente tecnico d’ufficio, hanno senz’altro carattere relativo,
sicché restano sanate se non eccepite nella prima istanza o difesa successiva al deposito della
relazione di consulenza tecnica (cfr. Ca.ss. 20.12.1994, n. 10971).
Nei termini esposti, in dipendenza del principio di cosiddetta “autosufficienza” del ricorso
per cassazione, quale sancito all’art. 366, 1° co., n. 6) c.p.c. (cfr. Cass. 20.1.2006, n 1113,
secondo cui il ricorso per cassazione – in. fbrza del principio di cosiddetta “autosufficienza deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la

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ipotesi di mancanza di una decisione in ordine ad una domanda o ad un assunto che richieda

cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della ,finulatezza
tali ragioni, senza la necessità di làr rinvio ed accedere a finti esterne allo stesso ricorso e,
quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito). Maria Ellida Fabbri,
nell’impugnazione a questa Corte di legittimità, non solo avrebbe dovuto indicare
puntualmente l’istanza ovvero l’atto difensivo immediatamente successivo al deposito della

ragione della concreta menomazione sofferta in rapporto alle sue prerogative difensive.
E ciò tanto più che la corte territoriale ha esplicitato che “le censure di ordine formale
sono infondate, non solo perché la pretesa violazione si sarebbe realizzata in occasione di un
supplemento di consulenza — e ve ne sono stati ben tre — disposto nel pieno rispetto del
contraddittorio e del diritto di difesa, ma anche perché il CTU è stato chiamato a rispondere in
ordine ai quesiti già formulati dai consulenti di parte senza alcuna attività di indagine
ulteriore” (così sentenza d’appello, pagg. 9 — 10).
Va sottolineato, d’altro canto, che la ragione di inammissibilità di cui all’art. 366 bi.s c.p.c.
si delinea anche in relazione al motivo in disamina: la formulazione del quesito di diritto ben
si sarebbe imposta, atteso che la medesima ricorrente ha ritenuto di qualificare pur in rapporto
alla previsione del n. 3) del 10 co. dell’art. 360 c.p.c. le doglianze che col motivo de (pio ha
addotto.
E’ innegabile, per altro verso, che la doglianza per cui il consulente d’ufficio non ‘avrebbe
stimato il terreno per il suo effettivo valore, si risolve in una censura assolutamente generica e
per nulla specifica (cfr. Cass. 17.7.2007, n. 15952, secondo cui i motivi ,sulla cui .scorta
sollecita la cassazione della sentenza impugnata, devono connotarsi alla stregua dei requisiti
della .specificità, completezza e riferibilità alla decisione censurata).
E parimenti è del tutto generica la doglianza concernente l’omessa rinnovazione della
consulenza tecnica d’ufficio.

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consulenza tecnica con cui ebbe ad eccepirne la nullità, ma avrebbe dovuto, ancora. dar

E’ fuor di dubbio, infatti, che rientra nel potere discrezionale del giudice del merito
accogliere o respingere l’istanza di nomina di un consulente tecnico d’ufficio ed, ovviamente,
l’istanza di rinnovazione della consulenza; è fuor di dubbio, al contempo, che il
provvedimento di diniego è incensurabile in sede di legittimità. allorché il giudice del merito
ne abbia esplicitato le ragioni in forma immune da vizi logici e giuridici (cfr. ass. 1978. 7 99N,

In tal guisa è sufficiente evidenziare, da un canto, che il giudice d’appello ha
puntualmente ancorato il diniego di rinnovazione della consulenza all’ “assenza di qualsiasi
irregolarità formale” (così sentenza d’appello, pag. 10), dall’altro, che in alcun modo Maria
Ellida Fabbri ha fornito enunciazione di eventuali vizi, e logici e giuridici, inficianti il diniego
di rinnovazione della consulenza d’ufficio.
Si rileva, sotto altro profilo, che nel ricorso a questo giudice del diritto Maria Linda
Fabbri ha testualmente riferito che con l’atto di citazione che ebbe a proporre al pretore di
Bologna, “rivendicava il terreno e ne chiedeva la restituzione; che, in ipotesi subordinata e
alternativa,.., chiedeva il risarcimento del danno nella somma risultante da idonea UI.
(così ricorso, pag. 1).
Al riguardo si osserva, in linea di principio, che, giacché ben possono legittimamente
proporsi nello stesso giudizio, in forma alternativa o subordinata, due o più domande, anche
se fra loro concettualmente incompatibili, il giudice che accoglie una di esse non incorre nel
vizio di ultrapetizione — in quanto il rapporto di alternatività non esclude che ciascuna di tali
domande rientri nel petitum —

né deve dichiarare inammissibili o improponibili o

improcedibili le altre (cfr. in tal senso Cass. 23.2.1995, n. 2083; (‘ms. 19. 7.2010, n. 168 76).
Ne discende, nel caso di specie, che del tutto ingiustificata è la doglianza di parte
ricorrente secondo cui la corte territoriale avrebbe immotivatamente preferito “il risarcimento
del danno a quello della restituzione del terreno” (così ricorso, pag. 3), del tutto ingiustificata

n. 8200; (‘ms. 22.11.1984, n. 6021).

è la doglianza della medesima Maria Ellida Fabbri, secondo cui “i Giudici di Appello hanno
seguito una via , senza che la parte abbia mai precisato se la scelta era per il
risarcimento del danno o per la restituzione del terreno” (così ricorso, pag. 3).
E ciò, ben vero, a prescindere dal rilievo per cui, in dipendenza parimenti del principio di
“autosufficienza” del ricorso, la ricorrente nell’impugnazione a questa Corte, avrebbe dovuto

…, era subordinata ad una valutazione del danno in E 41.189,98, oltre IVA ed
oltre interessi e rivalutazione” (così ricorso, pag. 3. E’ significativo evidenziare che. quivi, la
ricorrente rinvia all’appello incidentale, non giù all’iniziale atto di citazione).
Ed a prescindere dal rilievo ulteriore per cui la corte bolognese ha esaustivamente e
congruamente esplicitato le ragioni (individuate nel fatio che si tratta &ft mdi situati in aperta
campagna e lontani dal centro abitalo ed altresì nella misura non eccessivo dello
scourinamento, che non comporta alcuna diminuzione di valore della residua parte) per cui
ha inteso accogliere, in luogo della domanda restitutoria, la domanda di pagamento di una
somma di denaro.
Destituito di fondamento è il terzo motivo di ricorso.
E’ fuor di dubbio che le spese della consulenza tecnica di parte

costituente

un’allegazione difensiva di carattere tecnico — soggiacciono al regime delle spese processuali,
sicché, per un verso, rientrano tra quelle al cui rimborso il soccombente può essere
condannato, per altro verso, sono esposte alla prerogativa ex art. 92, 1° co., c.p.c. del giudice
di rilevarne l’eccessività o la superfluità (Cfr in tal senso Cass. 12.9.1978, n. 412$: (‘ass.
3.1.2013, n. 84).
E’ indubitabile, in pari tempo, che in tema di regolamento delle spese processuali il
sindacato di legittimità è tendenzialmente circoscritto alla violazione del principio per cui le
spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa.

indicare puntualmente il passaggio dell’iniziale atto di citazione in cui “la teorica

Nei termini enunciati è da escludere, di certo, la censurabilità della impugnata statuizione
cappello nella parte in cui la corte distrettuale ha reputato non necessarie e, quindi, superflue
le spese che Maria Ellida Fabbri ha sostenuto per i propri consulenti.
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le
spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.200,00, di cui euro 200.00 per esborsi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema dì

La liquidazione segue come da dispositivo.

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