Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4207 del 17/02/2017
Cassazione civile, sez. III, 17/02/2017, (ud. 09/01/2017, dep.17/02/2017), n. 4207
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21483/2013 proposto da:
A.G.H.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA GERMANICO 170, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO SAGNA, che
la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
ITAS ASSICURAZIONI SPA, in persona del Direttore Generale e legale
rappresentante pro tempore Dott. G.E., ITAS ISTITUTO
TRENTINO ALTO ADIGE PER ASSICURAZIONI SMA, in persona del suo
direttore generale e legale rappresentante pro tempore Dott.
G.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76,
presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che li
rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrenti –
e contro
A.F., A.G.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4386/2013 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il
27/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/01/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;
udito l’Avvocato ALBERTO SAGNA;
udito l’Avvocato ENRICA FASOLA per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. A.G.H.G., allegando il sinistro avvenuto in data (OMISSIS), convenne in giudizio con atto notificato in data 5 ottobre 2007 innanzi al Giudice di Pace di Roma A.F. e G. e la Itas Assicurazioni s.p.a. chiedendo la condanna al pagamento “a titolo di risarcimento di tutti i danni patrimoniali in tutte le loro componenti dallo stesso subiti e subendi nella misura di Euro 1.694,69 comunque detratta la somma di Euro 600,00 già percepita e trattenuta a titolo di acconto sul maggior danno e quindi la somma di Euro 1.094,69 occorsa alla riparazione del danno patito dal veicolo oggetto di causa o di quella maggiore o minore di giustizia che il giudice vorrà determinare con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dal giorno del sinistro sino all’effettivo pagamento, il tutto nei limiti di competenza del Giudice di Pace adito”. Si costituì la società assicuratrice chiedendo il rigetto della domanda.
2. Il giudice adito decidendo secondo equità rigettò la domanda.
3. Avverso detta sentenza propose appello A.G.H.G.. Si costituì la società assicuratrice chiedendo il rigetto dell’appello.
4. Con sentenza di data 27 febbraio 2013 il Tribunale di Roma dichiarò inammissibile l’appello. Osservò il giudice di appello che il danno da fermo tecnico era stato chiesto per la prima volta in sede di note conclusive e che per la determinazione del valore della domanda bisognava fare riferimento al petitum originario. Aggiunse che non poteva desumersi la volontà di chiedere una somma superiore a Euro 1.100,00 dall’aver concluso in via alternativa nel senso della somma maggiore da determinarsi e che non risulta dedotta la violazione di principi informatori della materia.
5. Ha proposto ricorso per cassazione A.G.H.G. sulla base di dieci motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. E’ stata depositata memoria di parte.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 10 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 2 e art. 339 c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 2043 e 1224 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello ai fini della determinazione del valore della causa ha erroneamente scomputato gli interessi e la rivalutazione a decorre dall’epoca del sinistro, di cui era stato chiesto il pagamento per il relativo ammontare fino all’effettivo soddisfo.
2. Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 10 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 2 e art. 339 c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 2043, 2056, 1223 e 1226 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello erroneamente ha escluso che la domanda da fermo tecnico potesse rientrare nell’ambito dei danni richiesti, trattandosi di danno implicitamente richiesto con il riferimento a tutti i danni subiti, sicchè la specificazione nelle note conclusive costituiva mera emendatio.
3. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 10 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 2 e art. 339 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello aveva omesso di pronunciare sulla domanda con la quale era stato chiesto il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi.
4. Con il settimo motivo ed il settimo motivo bis si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello avevo omesso di pronunciare sulla circostanza che il Giudice di Pace aveva errato nel giudicare secondo equità, avendo l’attore chiesto gli interessi e la rivalutazione a decorre dall’epoca del sinistro, e che non era stata considerata la domanda di risarcimento di tutti i danni subiti e subendi.
5. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2 e art. 339 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che ai fini delle impugnazioni delle sentenze del Giudice di Pace per equità la presunzione di pari responsabilità ai sensi dell’art. 2054 c.c., costituisce principio informatore della materia.
6. Con il nono motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello ha omesso di esaminare interamente i quattro motivi di appello.
7. Il primo motivo è fondato. Va premesso che il ricorso, sia pure estremamente sovrabbondante nell’articolazione dei singoli motivi, contiene il requisito della sommaria esposizione dei fatti di causa, collocato nelle pagine antecedenti l’articolazione dei motivi.
7.1. La domanda è stata proposta con atto notificato in data 5 ottobre 2007 per la somma di denaro di Euro 1.094,69 oltre interessi legali e la rivalutazione monetaria a decorrere dal (OMISSIS). Poichè al fine di stabilire la competenza per valore del giudice adito, ed in particolare quella del giudice di pace in base all’art. 113 c.p.c., comma 2, la rivalutazione monetaria, ove richiesta in aggiunta alla somma capitale ed agli interessi sino al momento della proposizione della domanda, si cumula, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., comma 2, con il capitale e gli interessi (Cass. 26 febbraio 2008, n. 4994), ictu oculi il valore della causa eccede Euro 1.100,00 sicchè il Giudice di Pace non poteva decidere secondo equità.
7.2. Come affermato dalle sezioni unite di questa Corte, l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze del Giudice di Pace avviene in funzione della domanda, con riguardo al suo valore (ai sensi degli artt. 10 c.p.c. e segg.) ed all’eventuale rapporto contrattuale dedotto (“contratto di massa” o meno), e non del contenuto concreto della decisione e del criterio decisionale adottato, equitativo o di diritto, operando invece il principio dell’apparenza nelle sole residuali ipotesi in cui il Giudice di Pace si sia espressamente pronunziato su tale valore della domanda o sull’essere la stessa fondata su un contratto concluso con le modalità di cui all’art. 1342 c.c. (Cass. 16 giugno 2006, n. 13917). Non essendosi il Giudice di Pace espressamente pronunziato sul valore della domanda, il mezzo di impugnazione esperibile, con riguardo al valore della domanda, era l’appello, senza i limiti previsti dall’art. 339 c.p.c., comma 2.
7.3. Il giudice di appello ha rilevato che non risultano rispettati i limiti previsti dall’art. 339 c.p.c., comma 2, circa l’appellabilità delle sentenze del Giudice di Pace (violazione delle norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie, dei principi regolatori della materia). Tali limiti non sussistono e la sentenza era impugnabile nelle ordinarie forme dell’appello perchè la causa, come si è chiarito, eccedeva il valore di Euro 1.100,00.
8. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento degli ulteriori motivi.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo, con assorbimento degli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata nei limiti dell’accoglimento del ricorso e rinvia ad altra sezione del Tribunale di Roma, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017