Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4206 del 17/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 17/02/2017, (ud. 21/12/2016, dep.17/02/2017),  n. 4206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25235/2014 proposto da:

A.M., AR.MI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

MACHIAVELLI, 25, presso lo studio dell’avvocato PIO CENTRO,

rappresentati e difesi dall’avvocato VALERIO RICCIARDI, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AT.DO., AT.GI., AT.FL., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO LAURO, rappresentati e difesi dall’avvocato DANIELE

ACAMPORA, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1222/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Torre Annunziata, Sezione distaccata di Sorrento, At.Do., Fl. e Gi. e M.B. convennero in giudizio A.M. e Ar.Mi., chiedendo che fosse dichiarata cessata la locazione ad uso abitativo relativa ad un appartamento di loro proprietà, avvalendosi dell’atto di disdetta intimato dal defunto padre At.An..

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale per la restituzione delle maggiori somme versate a titolo di canone, in violazione delle norme della L. 27 luglio 1978, n. 392.

Il Tribunale dichiarò cessato il contratto fissando la data di rilascio e rigettò la domanda riconvenzionale di ripetizione, compensando le spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata impugnata da A.M. e Ar.Mi. e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 5 aprile 2014, ha rigettato l’appello, confermando la decisione del Tribunale e condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che la domanda di ripetizione avanzata dai conduttori non poteva essere accolta, perchè essi non avevano specificato l’ammontare dei singoli canoni versati nel corso del lungo contratto di locazione, limitandosi a richiamare per relationem la documentazione prodotta, peraltro oggetto di disconoscimento da parte dei locatori. La generica domanda di rimborso di canoni ultralegali non consentiva neppure il ricorso alla richiesta c.t.u., poichè non erano stati indicati i coefficienti di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 12 e segg., per cui la c.t.u. si sarebbe risolta “in un’indagine esplorativa, volta a colmare la lacuna assertiva della parte”.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli propongono ricorso A.M. e Ar.Mi. con unico atto affidato a due motivi.

Resistono con un unico controricorso At.Do., Fl. e Gi., in proprio e quali eredi della defunta madre M.B..

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 79, comma 2.

Rilevano i ricorrenti che la motivazione della sentenza impugnata, oltre a non essere lineare, sarebbe anche in evidente contrasto con lo spirito della legge sull’equo canone. Ed infatti, la condanna alla ripetizione dell’indebito presuppone che la determinazione del canone equo sia compiuta dal Giudice, non potendosi ritenere sottoposta alla condizione dell’allegazione dei parametri di cui all’art. 12 della Legge. In sostanza, l’Autorità giudiziaria sarebbe comunque tenuta a determinare l’equo canone sulla base dei parametri di legge, senza necessità di specifica allegazione di parte.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c..

La doglianza riguarda la mancata ammissione della richiesta consulenza tecnica d’ufficio. Osservano i ricorrenti che questo sarebbe un caso di c.t.u. percipiente, che la Corte d’appello avrebbe dovuto ammettere, non esistendo un obbligo di indicazione dei coefficienti per l’applicazione dell’equo canone.

3. I due motivi sono da trattare congiuntamente in considerazione della stretta relazione tra loro esistente, perchè ruotano tutti intorno alla stessa questione, cioè la sussistenza o meno, per il conduttore che agisce in ripetizione dei canoni ultralegali versati, di indicare i coefficienti di legge di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 12.

3.1. Ritiene il Collegio che le censure siano entrambe privi di fondamento.

Il ricorso invoca, a sostegno della propria tesi, il precedente di cui alla sentenza 20 febbraio 2013, n. 4242, di questa Corte, nel quale si è affermato che, in tema di locazioni abitative, ove non sia contestato l’avvenuto pagamento delle somme indicate in ricorso, il giudice, adito ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 79, deve determinare il corrispettivo legalmente dovuto e stabilire quanto il conduttore abbia versato in eccesso. Quella stessa pronuncia, però, ha anche affermato, in motivazione, che il conduttore che agisce per la ripetizione di somme che assume pagate in misura superiore al canone legale, deve provare l’effettivo versamento del canone nella misura concordata, secondo le regole generali in tema di ripetizione dell’indebito.

Nel caso di specie, al contrario, i motivi di ricorso non hanno contestato la ratio decidendi della sentenza impugnata là dove essa dice che i conduttori non avevano specificato l’ammontare dei canoni pagati, rinviando alla documentazione prodotta la quale era stata oggetto di disconoscimento. La genericità di simile domanda rendeva inammissibile la richiesta di una consulenza tecnica.

In sostanza, perciò, a prescindere dalla questione relativa ai limiti dei poteri del giudice di merito in ordine alla determinazione del canone legalmente dovuto, appare assorbente la circostanza della mancata contestazione del punto ora detto; non è necessario, infatti, affrontare il problema giuridico posto nei due motivi di ricorso in presenza di una situazione, accertata in fatto dal giudice di merito, di assoluta incertezza sulla entità effettiva delle somme pagate dai conduttori. Il che dimostra, tra l’altro, l’inesattezza della tesi dei ricorrenti secondo cui il rigetto della loro domanda sarebbe avvenuto per il solo fatto che essi non avevano indicato i coefficienti per il calcolo dell’equo canone.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017

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