Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4205 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4205 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 28738-2007 proposto da:
FINOCCHIARO ANTONIO FNCNTN42E18L828G, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 142, presso lo
studio dell’avvocato PENNISI VINCENZO, rappresentato e
difeso dagli avvocati TRAGNO VINCENZO ERNESTO,
SALANITRO UGO ANTONINO quest’ultimo nominato con
procura speciale per dottor Giuseppe Bonaccorso,
Notaio in Caltagirone, iscritto nel Foro di Catania e
Caltagirone, Rep.n. 8390 del 11.11.2013 in Catania;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 21/02/2014

MACCARRONE FILADELF0 MCCFDL55M12C351A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA VIGLIENA 2, presso lo studio
dell’avvocato DE ROSA DANIELA, rappresentato e difeso
dall’avvocato GAFA’ IGNAZIO;

controricorrente

di CATANIA, depositata il 07/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato UGO SALANITRO difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato PIETRO SAVA’, con delega
dell’Avvocato IGNAZIO GAFA’ difensore del resistente
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il

rigetto.

avverso la sentenza n. 458/2007 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto ingiuntivo del 13/1/1999 il Presidente del
Tribunale di Catania ingiungeva a Finocchiaro Antonio
di pagare a Maccarone Filadelfo la somma di lire
690.000.000 quale residuo del corrispettivo dovuto per

Il Finocchiaro proponeva opposizione deducendo la
carenza di legittimazione passiva e la mancanza di
prova scritta;
dell’opposizione,
precisazione

il Maccarone chiedeva il rigetto
ma dal verbale dell’udienza di
delle conclusioni risultava che il

Maccarone si riportava a quelle dell’atto introduttivo,
così chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo.
Il Tribunale di Catania con sentenza del 18/4/2002
rigettava l’opposizione.
Finocchiaro proponeva appello chiedendo la riforma
della sentenza previa declaratoria della sua nullità;
il Filadelfo resisteva chiedendo la conferma della
sentenza.
La Corte di Appello di Catania con sentenza del
7/5/2007 rigettava l’appello rilevando:
– che la richiesta di revoca del decreto ingiuntivo,
formulata in sede di precisazione delle conclusioni dal
sostituto del difensore dell’opposto non poteva essere

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un contratto di subappalto.

interpretata come manifestazione della volontà dì
rinunciare alla domanda proposta con il decreto
ingiuntivo, ma come la conseguenza di un evidente
errore determinato dalla confusione del sostituto che
aveva rassegnato le conclusioni sulla posizione
della

parte

che

era

chiamato

a

rappresentare, avendo erroneamente ritenuto di
rappresentare l’opponente e non l’opposto, in assenza
di qualsiasi elemento dal quale desumere che la parte
rappresentata volesse effettivamente abbandonare la
propria pretesa o rinunciarvi;
– che dal testo del contratto di subappalto, non
contestato in primo grado quanto a validità ed
efficacia e non modificato da contrarie pattuizioni,
risultava che il Finocchiaro aveva subappaltato i
lavori relativi agli impianti idrico-sanitari,
antincendio e di condizionamento da eseguire nel
complesso “Etnicos” quando aveva già ottenuto l’appalto
e ciò escludeva la fondatezza della censura secondo la
quale l’appalto non gli sarebbe stato affidato, essendo
stato invece affidato ad un terzo (la Termotecnica
Impianti s.r.1.);
– che inoltre non erano ammissibili, in quanto domande
ed eccezioni nuove, quelle relative ad un preteso

processuale

annullamento del contratto per errore o ad una pretesa
“presupposizione” circa il conferimento dell’appalto
allo stesso Finocchiaro; erano egualmente inammissibili
ex art. 345 c.p.c. le nuove prove;
– che non era provata la cessione del contratto di

liberazione del Finocchiaro, quale cedente, dalle
obbligazioni assunte con il contratto ceduto;
– che le quattro fatture emesse dal Maccarone nei
confronti della Termotecnica Impianti s.r.l. relative a
lavori eseguiti nel complesso “Etnicos” dimostravano
che nella realizzazione delle opere era intervenuto un
altro soggetto, ma non la liberazione del Finocchiaro
dalle obbligazioni assunte con il contratto di
subappalto.
Finocchiaro Antonio propone ricorso affidato a due
motivi e deposita memoria.
Resiste con controricorso Maccarone Filadelfo che
deposita memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 189 e
190 bis c.p.c.

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appalto che, comunque, non avrebbe potuto comportare la

Il ricorrente sostiene, formulando il corrispondente
quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. ora abrogato,
ma applicabile

ratione temporis,

che il giudice non

avrebbe potuto confermare di ufficio il decreto
ingiuntivo opposto in quanto le parti, nelle loro

la revoca del decreto ingiuntivo e in mancanza
dell’impugnazione o della prova che le conclusioni
fossero viziate da errore, violenza o dolo.
1.1 Il motivo è infondato.
Se le conclusioni rassegnate dal

sostituto del

difensore dell’attore all’udienza di precisazione delle
conclusioni fossero intese nel loro significato
letterale avrebbero il significato di rinuncia agli
atti del giudizio o alla domanda e come tali sarebbero
totalmente improduttive dell’effetto estintivo o
dell’idoneità ad incidere sul diritto sostanziale
azionato in giudizio in quanto il difensore della
parte, privo di procura speciale, non può rinunciare
agli atti del giudizio (v. art. 84 c.p.c.) e neppure
può disporre del diritto sostanziale.
Occorre

premettere

che

solo

ai

fini

dell’interpretazione di provvedimenti giurisdizionali
si deve fare applicazione, in via analogica, dei canoni

conclusioni definitive, avevano chiesto congiuntamente

ermeneutici prescritti dagli artt.12 e seguenti disp.
prel. c.c., in ragione dell’assimilabilità per natura
ed effetti agli atti normativi, mentre quanto agli atti
processuali delle parti occorre fare riferimento ai
criteri di ermeneutica di cui all’art. 1362 c.c. (che

dettate in materia di contratti, hanno portata generale
(Cass. 18/4/2006 n.8960).
Ciò

premesso,

pare

pienamente

condivisibile

la

conclusione alla quale approda la Corte di Appello,
confermando la sentenza di primo grado, posto che
l’ipotesi di una cessazione della materia del
contendere per il venir meno dell’interesse o comunque
l’intenzione del procuratore di chiedere per la parte
nel cui interesse egli doveva precisare le conclusioni
la revoca del decreto ingiuntivo è da escludere per le
considerazioni svolte sia dal giudice del primo grado
sia dal giudice di appello che evidenziano il mero
errore del sostituto di udienza che aveva ritenuto di
dovere concludere nell’interesse dell’opponente e la
permanenza dell’interesse del creditore che aveva
ottenuto il decreto ingiuntivo.

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I

valorizzano l’intenzione delle parti) che, pur essendo

Pertanto, di fatto, per l’opposto non sono state
formulate conclusioni, né può desumersi, per le ragioni
già espresse un abbandono della domanda.
Ne discende che giustamente i giudici del merito hanno
ritenuto la totale irrilevanza e inefficacia della

dal sostituto del difensore dell’attore sostanziale
(ossia del creditore che aveva agito in via monitoria)
il cui errore (che ha comportato l’omessa formulazione
delle conclusioni per l’opposto) risultava di tale
evidenza da non necessitare neppure di prova o di
interpretazione della sua effettiva volontà.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1381, 1406,
1656 c.c. e 345 c.p.c. e il vizio di motivazione.
Il ricorrente sostiene:
– che la Corte di Appello non avrebbe considerato che
se il contratto di appalto non viene stipulato,
l’imprenditore non può stipulare una contratto di
subappalto per la mancanza di collegamento tra i due
contratti;
– che erroneamente la Corte di Appello avrebbe ritenuto
non provata non provata la cessione del contratto in
mancanza di modifica

scritta del

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contratto di

richiesta di revoca del decreto ingiuntivo formulata

subappalto perché la cessione si può desumere anche da
fatti concludenti;
– che il corrispettivo dell’appalto può essere chiesto
solo all’appaltatore e non a chi ha stipulato il
contratto di subappalto senza essere appaltatore

diritto ex art. 366 bis c.p.c., chiede se contratto di
subappalto possa essere stipulato solo dall’appaltatore
e

se

solo

nei

confronti

subappaltatore possa pretendere

dell’appaltatore

il

il pagamento dl

corrispettivo dei lavori eseguiti.
2.1 n motivo è infondato e va rigettato.
La Corte di Appello ha rilevato:

che era in atti la prova di un contratto di

subappalto stipulato per iscritto tra Finocchiaro e
Maccarone;

che lo stesso subappaltante

(Finocchiaro)

nel

contratto di subappalto dava atto di avere già ricevuto
l’appalto dei lavori e le parti nel disciplinare il
subappalto, aveva fatto espresso riferimento alle
clausole del contratto di appalto.
Pertanto la Corte di Appello ha motivatamente ritenuto
provato sia l’appalto che il subappalto collegato
all’appalto e il quesito di diritto è addirittura

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Il ricorrente, formulando il corrispondente quesito di

inammissibile in quanto, pur alludendo ad un corretto
principio di diritto (il contratto di subappalto,
accessorio rispetto all’appalto cessa di esistere una
volta che il rapporto principale perda la propria
efficacia, ovvero sia invalidato o risolto) è del tutto

Finocchiaro era l’appaltatore e il Maccarone il
subappaltatore secondo quanto motivatamente e
convincentemente ritenuto dalla Corte di Appello.
Il Finocchiaro, dopo avere sostenuto infondatamente
(per le ragioni espresse dalla Corte di Appello) di non
essere appaltatore, ha poi sostenuto di avere ceduto in
contratto di subappalto a Termotecnica e che la
cessione, non provata documentalmente, sarebbe tuttavia
desumibile dal pagamento di fatture rilasciate dal
Maccarone alla Termotecnica.
Premesso che manca la deduzione e il riferimento
specifico ad un altro contratto con il quale gli stessi
lavori, già appaltati al Finocchiaro e da questo
subappaltati al Maccarone fossero stati appaltati ad
altro soggetto, si deve rilevare che la Corte di
Appello ha adeguatamente motivato anche sulla mancata
prova della cessione del contratto di subappalto
osservando che gli assegni prodotti da Maccarone erano

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avulso dalla situazione di fatto in quanto il

titoli astratti privi di collegamento con il rapporto
dedotto in giudizio e che le fatture emesse da
Maccarone alla società Termotecnica non erano di per sé
decisive testimoniando solo l’intervento di altro
soggetto nell’operazione; nel ricorso mancano

riferibile alla valutazione degli elementi istruttori.
3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con
la condanna del ricorrente, in quanto soccombente, al
pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione
liquidate come in dispositivo, ma senza la condanna per
responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. non
ravvisandosi mala fede o colpa grave.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna Finocchiaro
Antonio a pagare a Maccarone Filadelfo le spese di
questo giudizio di cassazione che liquida in euro
7.700,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, addì 9/1/2014.

specifiche argomentazioni circa un vizio motivazionale

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