Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4205 del 09/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 09/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 09/02/2022), n.4205
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
Dott. FEDELE Ileana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31255-2020 proposto da:
R.F.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARIACRISTINA TRIVISONNO;
– ricorrente –
contro
TRADE TRASPORTI E DEPOSITI SRL, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 10,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ALLEGRA, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato FABIO LIUNI;
– controricorrente –
contro
R.F.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARIACRISTINA TRIVISONNO;
– ricorrente successivo –
avverso la sentenza n. 489/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata dell’11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA
BOGHETICH.
Fatto
RILEVATO
che:
1. Con sentenza n. 489/2020, depositata il’1.10.2020, la Corte di appello di Firenze, confermando la sentenza pronunciata in primo grado, rigettava la domanda proposta da R.F.M. nei confronti della società datrice di lavoro TRA.DE.Trasporti e Depositi s.r.l. per la condanna al pagamento di differenze retributive attinenti al rapporto di lavoro intercorso dal 1996 al 2008;
2. la Corte di appello accoglieva l’eccezione di prescrizione quinquennale dei crediti retributivi sollevata dal datore di lavoro ritenendo le diffide prodotte dal lavoratore in giudizio inidonee ad interrompere il decorso della prescrizione riguardo al credito per lavoro straordinario avanzato in giudizio, in quanto contenevano una generica intimazione a provvedere “al pagamento di tutto quanto ancora dovuto a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di lavoro iniziato il (OMISSIS) e risoltosi nell’anno 2008”,
3. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il R. con un motivo, illustrato da memoria; la società ha resistito con controricorso;
4. è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 1219 e 2943 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) avendo, la Corte territoriale, erroneamente valutato i tre atti di diffida inviati al datore di lavoro, potendosi, invece, chiaramente rinvenire la volontà del lavoratore di ottenere soddisfacimento dei suoi diritti;
2. il ricorso è inammissibile;
3. deve premettersi che “La valutazione dell’idoneità di un atto ad interrompere la prescrizione – quando non si tratti degli atti previsti espressamente e specificamente dalla legge come idonei all’effetto interruttivo, come nei casi indicati nell’art. 2943 c.c., commi 1 e 2 – costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici o da errori giuridici” (Cass. n. 19359 del 2007);
4. la Corte territoriale ha dunque espresso un giudizio di merito, a seguito dell’accertamento di fatto compiuto nell’esame dei documenti in questione, non affetto da vizi di natura logica o giuridica, atteso che la stessa ha esplicitato i criteri cui si è attenuta nella valutazione, criteri corrispondenti ai principi espressi da questa Corte nella medesima materia;
5. invero, la giurisprudenza di questa Corte, cui in questa sede si intende aderire, in materia di interruzione della prescrizione ex art. 2943 c.c., ha statuito che un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo); quest’ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all’infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto; ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive di carattere di intimazione e di espressa e precisa richiesta di adempimento al debitore (Cass. n. 3371 del 2010, Cass. n. 17123 del 2015, Cass. n. 15714 e Cass. n. 30125 del 2018, Cass. n. 15140 del 2021);
6. nella specie la sentenza impugnata è del tutto conforme all’orientamento appena richiamato, avendo accertato insindacabilmente che il contenuto delle missive inviate era del tutto privo delle caratteristiche anche minime che avrebbero potuto consentirne la qualificazione giuridica come atto interruttivo della prescrizione;
7. l’accertamento di fatto svolto dal giudice di merito in ordine alla sussistenza dei predetti presupposti, onde identificare e qualificare l’atto interruttivo, è sottratto al sindacato di legittimità, non potendo le censure relative alla motivazione della sentenza (nella specie, peraltro, non formulate ex art. 360 c.p.c., nn. 4 o 5) basarsi sulla difformità di apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice di merito rispetto a quello preteso dalla parte;
8. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;
9. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15 % e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022