Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4205 del 03/03/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 4205 Anno 2016
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

SENTENZA
sul ricorso 17200-2011 proposto da:
ITM COSTRUZIONI EDILI SRL 03810190656, elettivamente
domiciliato in ROMA, V.BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo
studio dell’avvocato SIMONA RINALDI GALLI CANI,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIANFRANCO MOBILIO, in
virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente nonchè contro
PIANA DEL SELE LATTERIA SOCIALE SPA , elettivamente
domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 1541,
a

presso lo studio dell’avvocato FRANCO GALDIERI, rappresentato e
difeso dagli avvocati MARIA COSTANZA, e PASQUALE
BAMBINO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 03/03/2016

- ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 437/2010 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO, depositata il 04/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

udito l’Avvocato GIANFRANCO MOBILIO per la ricorrente e
l’Avvocato PATRIZIA BISOGNO, per delega dei difensori ella
ricorrente incidentale;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE A UGUSTINIIS che ha concluso per
l’inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 27 novembre
2001, la ITM Costruzioni Edili S.r.l. conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Salerno-Sezione distaccata di Eboli, il Consorzio Piana del
Sele-Latteria Sociale scarl deducendo che tra le parti era stato concluso
in data 5/7/2001 un contratto con il quale la convenuta si era
obbligata a vendere all’attrice un suolo della superficie di circa 8.600 m
quadri, sul quale insisteva un complesso composto da stabilimento
lattiero caseario con annessa area, adibito a centro raccolta latte, situato
in Battipaglia alla via Magellano n. 14, acquistato dalla prominente
4reu4..a,t4k.t.
tacquirentelcon atto pubblico del 1997.
Il contratto prevedeva un prezzo complessivo pari a lire
2.600.000.000 oltre Iva, del quale era stata già corrisposta la somma di
lire 600.000.000 a titolo di caparra confirmatoria all’atto della
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -2-

04/02/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

sottoscrizione del preliminare, nonché l’ulteriore somma di lire
100.000.000 alla prima scadenza contrattuale convenuta. Il contratto
prevedeva poi il versamento di un ulteriore acconto di lire 100.000.000

corrispondere a richiesta della promettente venditrice “per la definizione e
la estinzione del debito che essa ha nei confronti dell’ERSAC, come richiamato in
premessa e con la relativa cancellazione delle iscrizioni pregiudkievoli attualmente
gravanti sull’immobile oggetto della presente vendita, salvo conguaglio sull’effettivo
ammontare”. Nel contratto, al punto 4 era altresì stabilito che il prezzo

concerneva la cessione dell’intera superficie del terreno e dei relativi
corpi di fabbrica, liberi da persone e cose, i quali sarebbero stati
consegnati contestualmente alla stipula del rogito notarile fissata entro
e non oltre il termine del 28/2/2002.
Il Consorzio in data successiva al 31 ottobre 2001 aveva però
manifestato la volontà di risolvere il contratto per mutuo dissenso
ovvero di divenire parte del piano edificatorio della società attrice, ma
a fronte del rifiuto, aveva immediatamente richiesto il pagamento del
saldo pattuito di lire 1.800.000.000 oltre Iva. Aggiungeva l’attrice che,
essendo funzionale tale versamento all’estinzione della debitoria della
controparte, aveva condizionato il pagamento alla dimostrazione
dell’effettiva estinzione dei debiti stessi, con la contestuale
cancellazione delle formalità pregiudizievoli.
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -3-

entro il 30/11/2001, ed il versamento di lire 1.800.000.000 da

Conseguentemente, attesa la violazione delle regole di correttezza
e di buona fede da parte della convenuta, risultava legittima l’eccezione
di inadempimento opposta alla richiesta di pagamento del saldo del

Alla luce di tali premesse, la ITM Costruzioni Edili S.r.l. chiedeva
accertare l’inadempimento della controparte e pronunciare sentenza ex
articolo 2932 c.c. costitutiva del trasferimento dell’immobile in suo
favore, previa determinazione della somma da corrispondere,
riducendo altresì il prezzo in ragione del costo da sostenere per liberare
il bene dall’occupante senza titolo, e delle somme necessarie per
l’estinzione dei debiti della controparte, alla quale avrebbe provveduto
la stessa attrice, il tutto con la condanna altresì al risarcimento dei
danni derivanti dal ritardo nell’attuazione del piano edificatorio.
Si costituiva il Consorzio il quale impugnava l’avversa domanda,
ed a sua volta proponeva domanda riconvenzionale di risoluzione del
contratto per il mancato pagamento del prezzo ai sensi degli artt. 14541455 c.c. ovvero ex arti. 1453-1455 c.c., con la condanna dell’attrice al
risarcimento del danno quantificato in lire 600.000.000.
In corso di causa veniva accolta la richiesta di sequestro
giudiziario proposta dalla società attrice, sequestro successivamente
revocato ed, infine, il Tribunale con la sentenza n. 336 dell’11/11/2004
rigettava la domanda attorea ed, in parziale accoglimento della
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -4-

corrispettivo.

riconvenzionale, pronunciava la risoluzione del preliminare per
inadempimento dell’attrice.
In motivazione evidenziava che l’obbligazione di pagamento del

alcuna anteriorità logica o giuridica dell’estinzione delle formalità già
gravanti sul bene rispetto al pagamento del saldo. Per l’effetto, a fronte
della richiesta del 9/11/2001 di versamento di tale somma, la
promissaria acquirente avrebbe dovuto dare corso al pagamento,
sicché il suo inadempimento rendeva infondata la domanda principale
ex articolo 2932 c.c., ed avvalorava al contrario la bontà della domanda
riconvenzionale di risoluzione per violazione della diffida ad
adempiere. Tuttavia non poteva trovare accoglimento la richiesta di
risarcimento del danno nell’importo indicato dalla convenuta, non
potendosi qualificare in termini di caparra la somma versata
contestualmente alla stipula del preliminare, e mancando in ogni caso
la prova dei danni effettivamente subiti.
La ITM Costruzioni Edili S.r.l. proponeva appello avverso tale
sentenza assumendo che in realtà era il Consorzio ad essere
inadempiente all’obbligo di consegnare entro il 31/12/2001, e quindi
prima della ricezione della diffida ad adempiere, la porzione di suolo
libera dall’occupante senza titolo. Poiché per effetto del rinnovo della
diffida ad adempiere, era stata rimessa in termini per l’adempimento

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ucl. 04-02-2016 -5-

saldo del prezzo era stata prevista senza termine, e soprattutto senza

della propria prestazione, a fronte della legittima eccezione di
inadempimento proposta, incombeva al Consorzio dimostrare di aver
adempiuto alle proprie obbligazioni, occorrendo peraltro rilevare che

legittimo il rifiuto di adempiere emergendo il rischio di non poter
conseguire la controprestazione, ancorché la data della sua esecuzione
era successiva alla diffida.
Aggiungeva altresì che la sentenza difettava di ogni motivazione
circa la gravità dell’inadempimento l, e che, in ogni caso, dalla
comparazione tra le condotte tenute dalle parti, certamente non
risultava grave il mancato pagamento del saldo del prezzo, occorrendo,
in base ad un’integrazione del contratto secondo i principi di
correttezza e di buona fede, ritenere necessaria come contestuale al
pagamento, l’estinzione dei debiti verso i creditori ipotecari.
Concludeva pertanto per l’integrale riforma della sentenza
impugnata con il conseguente accoglimento della domanda di
esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre.
Si costituiva l’appellata, nelle more trasformatasi in Piana del Sele
– Latteria Sociale S.p.A., deducendo che in realtà controparte non
aveva mai avanzato domande di risoluzione del contratto, di modo che
l’appello risultava del tutto privo di fondamento. Evidenziava inoltre
che già alla data del 31/12/2001 l’appellante era inadempiente

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -6-

anche in relazione alla prima richiesta del 9/11/2001, si palesava

all’obbligo di versamento del saldo del prezzo, laddove la liberazione
completa del bene era prevista solamente per la successiva data
concordata per la stipula del definitivo.

incidentale 1 si doleva del mancato accoglimento della richiesta di
incameramento della caparra.
La Corte di Appello di Salerno con la sentenza n. 437 del
4/5/2010, rigettava entrambi gli appelli condannando l’appellante
principale al rimborso dei due terzi delle spese di lite in favore della
controparte.
Nella motivazione, rilevava che dallo stesso tenore del testo
contrattuale emergeva che l’obbligo di versamento del saldo del
prezzo, per l’importo di lire 1.800.000.000 era stato previsto senza
alcuna previsione di contestualità ovvero di contemporaneità con
l’estinzione dei debiti e la cancellazione delle formalità ipotecarie,
cosicché il pagamento doveva avvenire a semplice richiesta della
promittente venditrice. L’interpretazione letterale delle espressioni
usate dalle parti trovava conforto anche nell’indagine circa la volontà
effettiva delle stesse, atteso che la consecuzione temporale delle
prestazioni era finalizzata a consentire, senza termine alcuno, alla
promittente venditrice di poter esigere il saldo e di disporre della
provvista al fine – evidentemente ed intuitivamente in un tempo

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -7-

Concludeva pertanto per il rigetto dell’appello principale, ed in via

necessariamente successivo – di poter provvedere alla liberazione del
compendio immobiliare da pesi e formalità pregiudizievoli, onde poter
pervenire alla data del 28/2/2002, prevista per la stipula del rogito, alla

Il rifiuto dell’attrice di adempiere a tale richiesta, già in occasione
della prima diffida ad adempiere del 9/11/2001, concretava pertanto
un grave inadempimento, che si era manifestato ancor prima della
scadenza del termine del 31 dicembre 2001, previsto per l’immissione
in possesso della promittente acquirente della sola “parte libera” del
compendio promesso in vendita.
La gravità dell’inadempimento inoltre emergeva sia in relazione
all’entità del saldo ancora dovuto, sia in considerazione della
finalizzazione del pagamento all’estinzione dei debiti ed
all’eliminazione dei vizi afferenti il complesso immobiliare, atteso che
la mancata corresponsione della somma richiesta impediva di poter far
fronte alle successive obbligazioni prodromiche alla stipula del
definitivo.
Non appariva nemmeno invocabile l’eccezione di inadempimento
da parte dell’appellante principale, atteso che l’attrice non risultava
convenuta in giudizio per l’adempimento del preliminare, ma aveva
proposto la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a
contrarre. In ogni caso, ai fini della legittimità dell’eccezione ex articolo
Rtc. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -8-

consegna del bene libero da qualsivoglia formalità.

1460 c.c., occorreva verificare, secondo il principio di buona fede e
correttezza, se la condotta della parte inadempiente avesse influito
sull’equilibrio del sinallagrna contrattuale, legittimando pertanto la

Facendo applicazione di tali principi, la Corte distrettuale ha
ritenuto che, in assenza di un espresso termine o di un esplicito
collegamento temporale tra il pagamento del saldo e l’estinzione dei
debiti con liberazione dei beni, il rifiuto dell’appellante era contrario a
buona fede, occorrendo altresì tener conto del fatto che la consegna
dell’intero complesso immobiliare era prevista per il 28/2/2002 e che
non emergevano prove circa la previsione del mancato rilascio del
bene per la data fissata per la stipula del definitivo.
Per l’effetto, e previa correzione della sentenza di primo grado,
perveniva alla risoluzione del contratto per inadempimento dell’attrice,
disattendendo, in quanto domanda nuova, la richiesta della stessa
appellante principale di restituzione delle somme corrisposte in virtù
del preliminare, trattandosi di domanda preclusa ai sensi dell’articolo
345 c.p.c.
Infine

disattendeva

l’appello

incidentale,

evidenziando

l’incompatibilità tra la pretesa di ritenere la caparra confirmatoria e
quella d’ottenere il risarcimento del danno, essendo la prima ricollegata
necessariamente all’esercizio del diritto di recesso conferito alla parte

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -9-

sospensione dell’adempimento dell’altra parte.

non inadempiente dalla stessa legge, di modo che, ove la parte
preferisca agire per la risoluzione ovvero per l’esecuzione del contratto,
è tenuta a provare il danno sia nell’an che nel quantum.

ha proposto ricorso sulla base di tre motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso proponendo a sua volta
un motivo di ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale si deduce la violazione ai
sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.e., delle norme in materia di
interpretazione dei contratti in riferimento agli articoli 1362 e seguenti
c.c. nonché, ai sensi dell’articolo 360 n. 5 c.p.c., l’omessa valutazione di
un fatto decisivo per il giudizio.
Sostiene la ricorrente che, tenuto conto delle previsioni contenute nel
contratto preliminare, non appare condivisibile la conclusione alla
quale era pervenuto il giudice di appello circa l’assenza di una
contestuale finalizzazione del versamento del saldo del prezzo
all’estinzione delle formalità pregiudizievoli gravanti sul bene oggetto
di causa. In particolare sarebbe stata trascurata la previsione di un
conguaglio sull’effettivo ammontare, la quale deporrebbe nel senso che
l’importo da richiedere da parte del Consorzio non era rappresentato
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -10-

Per la cassazione di tale pronunzia la ITM Costruzioni Edili S.r.l.

dal mero saldo del prezzo convenuto, ma dalla sola richiesta di quanto
effettivamente occorrente per definire il debito nei confronti dei
creditori della promittente venditrice.

che la richiesta di versamento deve essere limitata al solo importo
effettivamente occorrente per la definizione ed estinzione delle
formalità pregiudizievoli.
Inoltre i giudici di merito avevano effettuato una lettura parziale della
clausola, trascurando, ex articolo 1363 cc, di interpretare la stessa alla
luce delle altre previsioni contrattuali, occorrendo tener conto anche
dell’obbligo assunto dalla promittente venditrice di assicurare la
disponibilità materiale della parte non interessata dall’occupazione sine
titulo entro la data del 31/12/2001, obbligo che non era stato
adempiuto dalla debitrice.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta in relazione all’articolo 360
n. 3 c.p.c., la violazione dei canoni di interpretazione del contratto e di
comportamento delle parti anche in riferimento alle norme di cui agli
artt. 1175 e 1375 c.c.
In dettaglio, poiché i comportamenti delle parti devono essere
improntati al rispetto anche delle regole non necessariamente scritte
ovvero espressamente convenute, ma soprattutto ai principi di buona
fede e correttezza, intese in senso oggettivo, non poteva in alcun modo

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -11-

Si ritiene pertanto che la corretta interpretazione del contratto impone

accedersi all’interpretazione fatta propria dal giudice di merito, secondo
Acta-4
cui il versamento del saldo &mi svincolato dalla contestuale
dimostrazione dell’estinzione delle esposizioni debitorie verso terzi,

prezzo, la promittente venditrice non aveva alcuna certezza della
successiva liberazione del bene, non avendo conseguito nemmeno la
consegna parziale del compendio immobiliare.
Con il terzo motivo del ricorso principale, ai sensi del n. 3 dell’articolo
360 c.p.c., si deduce la violazione di legge in relazione agli articoli 1453,
1454 e 1455 c.c.
Si assume in primo luogo che, stante l’interpretazione del contratto, ai
fini della valutazione dell’inadempimento, non potrebbe tenersi conto
del mancato versamento del saldo del prezzo, ma esclusivamente
dell’omesso versamento della somma di lire 100.000.000 alla scadenza
contrattuale del 30/11/2001. In ogni caso occorrerebbe tener conto
delle varie obbligazioni assunte da parte della convenuta, le quali
risultavano non essere state in alcun modo adempiute.
Peraltro la convenuta aveva inoltrato una seconda diffida ad
adempiere, pervenuta all’attrice solo in data 7/1/2002, con la quale
richiedeva nuovamente il versamento del saldo, ancora una volta senza
tuttavia specificare quali fossero le esposizioni debitorie da estinguere,
e soprattutto senza dichiarare la propria disponibilità all’adempimento

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -12-

tenuto conto altresì del fatto che, a fronte dell’integrale versamento del

dell’obbligazione di consegnare una parte della superficie non occupata
da terzi.
Del pari risultava trascurata la circostanza che la diffida ad adempiere

dell’atto introduttivo del giudizio nonché il fatto che il rinnovo della
diffida aveva sostanzialmente rimesso in termini la ricorrente, senza
peraltro esonerare la diffidante dall’obbligo di adempiere alle
obbligazioni assunte.
La Corte distrettuale aveva del tutto omesso di prendere in
considerazione l’inadempimento della controparte, inadempimento che
in chiave comparativa risultava evidentemente più grave di quello della
ricorrente, tanto da legittimare il mancato versamento della somma
richiesta.
Ritiene il Collegio che possa procedersi alla disamina congiunta dei
primi due motivi di ricorso principale, atteso che la loro formulazione
evidenzia l’intima connessione logica tra gli stessi, investendo entrambi
profili concernenti la pretesa erronea interpretazione del testo
contrattuale.
In premessa, va osservato come costituisca principio di diritto del tutto
consolidato presso questa Corte di legittimità quello secondo il quale,
con riguardo all’interpretazione del contenuto di una convenzione
negoziale adottata dal giudice di merito, l’invocato sindacato di

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -13-

era pervenuta alla ricorrente in epoca successiva alla notificazione

legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che
appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati appunto a quel
giudice, ma deve appuntarsi esclusivamente sul (mancato) rispetto dei

e ss. cod. civ., e sulla (in) coerenza e (il)logicità della motivazione
addotta (cosi, tra le tante, Cass., Sez. 3, 10 febbraio 2015, n. 2465):
l’indagine ermeneutica, è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di
merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per
inadeguatezza della motivazione o per violazione delle relative regole
di interpretazione (vizi entrambi impredicabili con riguardo alla
sentenza oggi impugnata), con la conseguenza che non può trovare
ingresso la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata
dal giudice di merito che si traduca nella prospettazione di una diversa
valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto esaminati dal
giudice a quo.
In tal senso deve reputarsi inammissibile il motivo di ricorso che
ancorché si fondi sulla pretesa violazione di regole ermeneutiche
ovvero sulla sussistenza di un vizio della motivazione, sia in realtà
finalizzato a proporre un’interpretazione diversa da quella fatta propria
dal giudice di merito ( cfr. ex multis Cass. 31 maggio 2010 n. 13242;
Cass. 31 luglio 2009 n. 17893).

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -14-

canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362

Nel caso in esame la sentenza impugnata, chiamata a valutare la
sussistenza dell’obbligazione asseritamente inadempiuta di versare il
saldo del prezzo, pari a lire 1.800.000.000, a seguito della richiesta della

conclusione alla quale era pervenuto anche il giudice di primo grado,
che cioè tale obbligo fosse unicamente ricollegato alla presentazione
della richiesta da parte del Consorzio, risultava confortata, oltre che
dalle espressioni lettera&” utilizzate in contratto, anche dalla
comparazione con le ulteriori previsioni contrattuali, mostrando quindi
di avere adeguatamente fatto uso anche del canone interpretativo di cui
all’articolo 1363 cc, che viceversa parte ricorrente ritiene essere stato
violato.
Con motivazione logica e coerente, e quindi immune dalle censure
mosse, ha evidenziato le ragioni per le quali non poteva sostenersi la
tesi secondo cui la concreta esigibilità della prestazione relativa al saldo
del prezzo doveva accompagnarsi alla contestuale estinzione delle
formalità pregiudizievoli, avvalendosi non solo del senso letterale delle
espressioni utilizzate ma altresì del complesso delle ulteriori previsioni
negoziali, risalendo in tal modo a quella che doveva essere intesa quale
comune intenzione dei contraenti.
Ed infatti, risultano nella motivazione adeguatamente valorizzati sia il
testo del contratto, quale evincibile dal senso letterale delle parole

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -15-

promittente venditrice, ha correttamente evidenziato come la

utilizzate, sia la considerazione di tutti gli ulteriori elementi testuali ed
extratestuali, al fine di pervenire ad una compiuta ricostruzione della
volontà delle parti. Ed infatti costituisce principio consolidato nella

quello secondo cui, ancorché sia necessario muovere dal testo
contrattuale, occorre in ogni caso verificare se lo stesso sia coerente
con la causa del contratto, con le dichiarate intenzioni delle parti
ovvero con le altre parti del testo, non potendo il giudice arrestare la
propria indagine, allegando semplicemente una pretesa chiarezza del
significato letterale del contratto ( Cass. 1/6/2004 n. 10484). A tale
compito non risulta essersi sottratto il giudice del merito il quale, oltre
a segnalare il chiaro tenore letterale della clausola che prevedeva
l’obbligo di pagamento del saldo a semplice richiesta della promittente
venditrice, ha altresì in fatto proceduto all’indagine circa la volontà
effettiva dei contraenti, rimarcando come l’esigibilità del saldo prezzo a
semplice richiesta fosse finalizzata all’obiettivo finale dei contraenti di
assicurare la liberazione dell’immobile dai pesi che lo gravavano entro
la data prevista per la stipula del definitivo, mettendo in tal modo a
disposizione del Consorzio i mezzi finanziari per ottenere la
cancellazione di tutte le formalità pregiudizievoli.
La pretesa di parte ricorrente di condizionare il versamento del saldo
all’immediata e contestuale liberazione delle formalità in esame, oltre a
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -16-

giurisprudenza di questa Corte (confronta Cass. 9/12/2014 n. 25840)

non trovare riscontro alcuno nelle espressioni letterali di cui le parti si
sono avvalse, più che suggerire una diversa interpretazione, che in ogni
caso non potrebbe trovare accoglimento in questa sede, stante la

merito per pervenire all’esegesi fatta propria dalla sentenza impugnata,
mira in realtà ad arricchire il contenuto del contratto con obblighi di
comportamento che viceversa avrebbero dovuto essere espressamente
concordati.
In tal senso, lo stesso richiamo alla previsione del conguaglio di cui
all’articolo 3 lett. d) in esame, lungi dal confortare la diversa
interpretazione propugnata nel motivo di ricorso, appare in realtà
confermativa della correttezza della soluzione fatta propria dal giudice
di merito, in quanto se, come sostenuto dalla ricorrente, il diritto ad
esigere la somma necessaria ad estinguere le formalità pregiudizievoli
presupponeva altresì la previa cancellazione delle stesse ovvero la
concreta determinazione della somma effettivamente necessaria a tal
fine, sarebbe esclusa a priori la possibilità di effettuare un conguaglio,
in quanto la richiesta di pagamento non potrebbe che concernere le
somme già impiegate per la cancellazione ovvero l’esatto ammontare di
quanto occorrente a tale scopo, essendo quindi esclusa ogni possibilità
di successivo conguaglio.
I primi due motivi vanno pertanto disattesi.
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -17-

coerenza e logicità degli argomenti di cui si sono avvalsi i giudici di

Anche il terzo motivo di ricorso appare infondato.
La ricorrente assume l’erronea valutazione in ordine all’individuazione
della parte inadempiente, ed alla possibilità di attribuire al mancato

la risoluzione del contratto.
In particolare, oltre a ribadire la non esigibilità della somma in oggetto
sulla base delle argomentazioni già disattese in occasione della
disamina dei precedenti motivi di ricorso, sottolinea che in realtà
sarebbe la controparte ad essere inadempiente, e ciò in considerazione
del fatto che, avendo la promittente venditrice notificato una diffida ad
adempiere, il cui termine veniva a scadere in data successiva a quella
prevista per la consegna della parte del compendio non occupata
(31/12/2001), quest’ultima non avrebbe procurato detta consegna,
incorrendo in tal modo in un inadempimento che giustificava il rifiuto
di adempimento della predetta obbligazione, anche ai sensi dell’art.
1460 c.c.
Il motivo non coglie appieno le considerazioni della sentenza
impugnata, la quale, pur in presenza di una seconda diffida ad
adempiere, ha correttamente reputato che, attesa l’immediata esigibilità
della somma dovuta a titolo di saldo del prezzo, ed in conseguenza
della sola formulazione della richiesta della venditrice, l’inadempimento
della ricorrente si era già manifestato in tutta la sua rilevanza alla

Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -18-

versamento della somma dovuta a titolo di saldo l’idoneità a produrre

scadenza del termine fissato dalla prima diffida ad adempiere, e cioè
alla data del 24 novembre 2001, anteriore sia alla data prevista per la
consegna della parte del fondo libera, sia alla data di notifica dell’atto di

A tal fine deve ritenersi che sebbene nei contratti a prestazioni
corrispettive, qualora la parte adempiente, dopo aver ritualmente
intimato alla controparte diffida ad adempiere, ai sensi dell’art. 1454
c.c. non domandi la risoluzione di diritto per l’inutile decorso del
termine assegnato, ma intimi nuova diffida assegnando nuovo termine,
la risoluzione di diritto consegue solo quale effetto della seconda
diffida e, quindi, a condizione che la stessa sia valida anche in relazione
alla congruità del termine (Cass. 25 novembre 1983 n. 7079; Cass. 6
luglio 2011 n. 14877), la reiterazione stessa non esclude che
l’inadempimento del diffidato si sia già manifestato alla scadenza del
primo termine, potendo ricondursi alla rinnovazione della diffida
l’interesse del diffidante ad un tardivo adempimento della controparte,
con la concessione quindi di un nuovo termine entro il quale
adempiere, impedendo l’effetto risolutorio di diritto ricollegabile alla
prima diffida.
Tuttavia, l’inadempimento continua ad essere tale, e si è manifestato,
anche nella sua oggettiva gravità, a far data dalla scadenza del termine
assegnato con la prima diffida.
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – uci, 04-02-2016 -19-

citazione da parte della ITM.

Posta tale premessa, l’intero apparato argomentativo a sostegno del
ricorso perde di fondamento.
Ed, infatti, atteso che il primo termine veniva a scadere oltre un mese

promittente venditrice ( consegna della parte del fondo non occupata),
non può trovare accoglimento la tesi della ricorrente secondo cui la
mancata corresponsione del saldo sarebbe una legittima reazione
all’inadempimento della controparte.
In tal senso, occorre richiamare il costante orientamento di questa
Corte per il quale ( Cass. 4 novembre 2010 n. 22464) la possibilità di
eccepire, nel legittimo esercizio del potere di autotutela che l’art. 1460
comma 1 c.c. espressamente attribuisce a ciascuno dei contraenti nei
contratti a prestazioni corrispettive, al fine di paralizzare la pretesa
avversaria chiedendone il rigetto, l’inadempimento o l’imperfetto
adempimento dell’obbligazione assunta da controparte, trova un limite
nella ipotesi in cui siano stabiliti termini diversi per l’adempimento in
relazione ai diversi contraenti ( nello stesso senso Cass. 24 settembre
2009 n. 20614; Cass. 16 luglio 2004 n. 13271; Cass. 26 maggio 2003 n.
8314; Cass. 14 ottobre 1970 n. 2026).
A fronte di un inadempimento della ricorrente che riguardava una
percentuale del prezzo totale pari al 69,23 %, così come rimarcato dalla
Corte distrettuale, e che soprattutto, attesa la finalizzazione della
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -20-

prima della scadenza della prima obbligazione posta a carico della

somma da versare all’estinzione delle passività che incidevano sulla
libertà del bene venduto, risultava tale da influenzare negativamente la
successiva attuazione del programma negoziale concordato, la

alcun modo censurabile.
Peraltro, anche in presenza di obbligazioni da adempiere in tempi
diversi, la giurisprudenza consente l’opponibilità dell’exceptio
inadimpleti contractus di cui all’art. 1460 c.c., alla parte che debba
adempiere entro un termine diverso e successivo, qualora la
controparte o abbia dichiarato di non voler adempiere, ovvero sia
certo o altamente probabile che essa non sia in grado di adempiere,
indipendentemente dall’imputabilità dell’inadempimento (Cass.
14/03/2003, n. 3787; Cass. 09/06/1993, n. 6441). Deve escludersi
che nel caso in esame ricorressero tali condizioni, manifestandosi
invece del tutto legittima la mancata consegna ancorchè parziale del
bene compravenduto alla scadenza del 31 dicembre 2001, allorché si
era già manifestata invece la ben più grave inadempienza della
ricorrente, la quale oltre a non avere adempiuto all’obbligo di saldare il
prezzo, era anche venuta meno all’obbligo di pagamento dell’ulteriore
tranche di 100 milioni di lire, previsto per la data del 30 novembre
2001.
Anche tale motivo deve quindi essere rigettato.
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -21-

soluzione alla quale è pervenuta la sentenza impugnata non risulta in

Con un unico motivo di ricorso incidittale la Piana del Scie — Latteria
Sociale S.p.A. lamenta la violazione di legge, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in
relazione alle previsioni di cui agli artt. 1385, 1453, 1223 c.c. e 112

Deduce che erroneamente i giudici di merito non avrebbero accolto la
domanda risarcitoria, quantificata nell’importo corrispondente a quello
della caparra a suo tempo ricevuta.
Anche tale motivo non è meritevole di accoglimento.
In rTItà, contrariamente a quanto erroneamente sostenuto nel motivo
di ricorso incidentale, e precisamente nei primi righi della pag. 33, la
Corte salernitana ha rigettato la domanda risarcitoria della convenuta,
evidenziando che la stessa non avendo esercitato il diritto di recesso di
cui all’art. 1385 c.c., ma i avendo proposto un’ordinaria domanda di
risoluzione per inadempimento, era onerata di fornire la prova sia
dell’an che del quantum del danno subito, non potendo quindi
trattenere la somma a suo tempo ricevuta, quale preventiva
liquidazione convenzionale del danno.
Pertanto, avendo la convenuta proposto in via riconvenzionale
domanda di risoluzione per inadempimento, domanda poi accolta da
parte dei giudici di merito, ed avendo la stessa ribadito a pag. 34 del
controricorso di non avere mai esercitato il diritto di recesso ex art.
1385 c.c., appaiono richiamabili i principi espressi da Cass. S.U. 14
Ric. 2011 n. 17200 sez. 52 – ud. 04-02-2016 -22-

c.p.c.

gennaio 2009 n. 553, circa la differenza tra la domanda di risoluzione
giudiziale e quella finalizzata ad ottenere la declaratoria dell’intervenuto
recesso, che invece attribuisce il diritto alla ritenzione della caparra a

Per l’effetto poiché la parte non inadempiente, e cioè la
controricorrente, non ha esercitato il potere di recesso conferitole dalla
legge, ma ha preferito agire per la risoluzione del contratto, il diritto al
risarcimento del danno doveva essere provato nell'”an” e nel
“quantum” (Cass. 22/03/2011, n. 6555; Cass. 23/8/2007 n. 17923),
così come appunto statuito dalla sentenza impugnata, confermandosi
in tal modo l’infondatezza del motivo proposto.
Le spese del presente vanno poste integramente a carico della
ricorrente attesa la sua prevalente soccombenza, ed a tanto si provvede
come da dispositivo che segue.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e
condanna la ricorrente principale al rimborso in favore della
controricorrente delle spese del grado che liquida in f, 8.200,00, di cui €,
200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile, il 4 febbraio 2016

/12;1444,4,04

titolo di liquidazione anticipata e convenzionale del danno.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA