Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4204 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. III, 17/02/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 17/02/2021), n.4204

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28320-2019 proposto da:

A.A., rappresentato e difeso dall’avv.to ELENA TORDELA, con

studio in Avellino Corso Umberto I n. 119, ed elettivamente

domiciliato in Roma, piazza Cavour presso la Cancelleria civile

della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI n. 6370/2019, depositato

il 05/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.A. proveniente dal (OMISSIS), ricorre, affidandosi a sette motivi, per la cassazione del decreto del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere titolare, in patria, di un negozio di frutta e verdura e di essere stato derubato più volte della propria mercanzia di cui molte persone si erano appropriate, senza pagare il corrispettivo: poichè aveva denunciato l’episodio, il fratello era stato aggredito e lui stesso era stato vittima, insieme al cugino, di vari episodi di violenza fra i quali l’incendio del proprio esercizio commerciale. Per tali ragioni aveva deciso di lasciare il paese temendo di essere esposto al rischio di ulteriori aggressioni.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente chiede che venga sollevata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35b1s, comma 13 così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7 nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per Cassazione decorre dalla comunicazione, a cura della cancelleria, il decreto di primo grado.

1.1. Deduce, al riguardo, che la norma in oggetto appare costituzionalmente viziata per irragionevolezza e per violazione dei principi del giusto processo, in quanto i tempi ordinari di impugnazione stabiliti dal codice di procedura civile erano stati ridotti a soli 30 giorni dalla comunicazione del deposito del decreto da parte della cancelleria, non prevedendo, oltretutto, alcuna distinzione tra il termine breve ed il termine lungo per impugnare dinanzi alla Corte, con grave pregiudizio per il diritto di difesa.

2. Con il secondo motivo, prospetta, sempre in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis la violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7 nella parte in cui la norma stabiliva che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per Cassazione dovesse essere conferita, a pena di ammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato con regolare certificazione del difensore.

2.1. Assume, al riguardo, che ciò costituiva una ingiusta disparità di trattamento fra la difesa del ricorrente e quella del Ministero dell’Interno il quale, assistito dall’Avvocatura Generale dello Stato, non necessitava del rilascio di una procura speciale e fruiva pertanto dell’intero termine di 30 giorni decorrenti dalla data di comunicazione del decreto, termine che invece in relazione alla parte ricorrente risultava decurtato dei “tempi tecnici” per conferire la procura speciale al difensore.

3. Con il terzo motivo, prospetta la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, comma 13 così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7 in relazione alla previsione che le controversie in materia di protezione internazionale dovessero essere trattate con rito camerale: assume infatti che la scelta del legislatore accompagnata dall’eliminazione del grado d’appello costituiva un grave vulnus per il diritto di difesa in quanto sacrificava il contraddittorio fra le parti e si poneva in contrasto con gli artt. 6 e 13 della CEDU.

4. Con il quarto motivo, deduce l’illegittimità costituzionale della stessa norma sopra indicata anche in relazione all’art. 117 Cost., comma 1, agli artt. 6 e 13 CEDU, all’art. 46, par. 3 Direttiva 32/2013, in ragione del fatto che l’assetto processuale in materia di protezione internazionale risultava palesemente in contrasto con quanto stabilito dalla giurisprudenza Eurounitaria, sacrificando il diritto ad un ricorso effettivo.

5. Tutte le questioni sono manifestamente infondate ed i relativi motivi devono essere rigettati.

5.1. In ordine alla prima, si osserva che l’esigenza di particolare celerità imposta dalla natura dei procedimenti in esame (cfr. al riguardo l’art. 35 bis, comma 13) rende ragionevole la riduzione del termine con decorrenza dalla data di comunicazione del decreto da parte della cancelleria in ossequio alla maggiore certezza del dies a quo ed alla esigenza di coniugarla con una impronta acceleratoria (v. anche il richiamo alla trattazione in via d’urgenza ed alla eliminazione della sospensione dei termini) che non esclude, comunque, l’ipotesi che debba applicarsi il termine di cui all’art. 327 c.p.c. nei casi, invero residuali, di omessa comunicazione del provvedimento: la questione, in termini analoghi anche se relativi alla restrizione del termine per impugnare è stata affrontata da Cass. 11331/2017 e Cass. 2467/2020 in materia di rito sommario di cognizione, la cui motivazione, per ciò che rileva, deve intendersi richiamata in questa sede.

5.2. Sulla seconda questione, il Collegio osserva, ugualmente, la manifesta infondatezza di essa, in quanto il termine per impugnare è ex lege identico per entrambe le parti e la necessità di una certificazione attestante il conferimento della procura in data successiva alla comunicazione del decreto non è priva di ragionevolezza in ragione della preminente esigenza che venga data prova della consapevolezza della parte interessata di conferire il mandato speciale al difensore, previa conoscenza del provvedimento da impugnare e certezza dell’interesse a ricorrere, derivanti entrambi dalla incertezza sulla continuativa presenza del richiedente asilo nel territorio italiano (cfr. al riguardo la recentissima Cass. 28208/2020).

5.3. Le questioni proposte con il terzo ed il quarto motivo sono state entrambe già affrontate da questa Corte con decisione di rigetto (cfr. Cass. 17717/2018) la cui motivazione, dalla quale questo Collegio non intende discostarsi, è richiamata in questa sede.

6. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 25bis, commi 9, 10, 11: deduce che il Tribunale di Napoli, nonostante l’assenza di videoregistrazione aveva omesso di procedere all’audizione del ricorrente ed a fissare l’udienza di comparizione (cfr. pag. 10 riga 28 del ricorso).

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Si osserva, infatti, che l’udienza di comparizione risulta fissata (cfr. pag. 2 primo cpv. della sentenza) e, quanto alla mancata audizione, il ricorrente non allega se e per quale ragione l’avesse richiesta: deve, al riguardo, richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui in mancanza di videoregistrazione, l’obbligo per il giudice di merito esiste solo in relazione alla fissazione dell’udienza di comparizione (cfr. ex multis Cass. 22049/2020) nonchè alle ipotesi in cui il richiedente asilo avanzi una specifica richiesta riferita alle ragioni per cui pretende di essere riascoltato, ulteriori soltanto rispetto a quelle in cui lo stesso giudice ne ritenga discrezionalmente l’opportunità.

7. Con il sesto ed il settimo motivo, il ricorrente deduce, infine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 dell’art. 5, comma 6 e dell’art. 19, comma 1 TUI; nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 8; e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7 e 14.

7.1. Assume che la motivazione resa dal Tribunale sul rigetto della protezione umanitaria era del tutto apodittica; che erano stati violati i principi prescritti per la valutazione della credibilità del richiedente e che non erano state acquisite COI attendibili ed aggiornate al fine di valutare i presupposti delle varie forme di protezione.

7.2. Entrambi i motivi sono fondati, dovendosi precisare che il settimo rappresenta l’antecedente logico del sesto.

7.3. In punto di credibilità, il Tribunale richiamando la valutazione negativa della Commissione Territoriale, afferma che, in relazione alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, mancavano i motivi di persecuzione e, rispetto alla protezione sussidiaria, che la storia narrata era inverosimile, omettendo tuttavia di esprimere una valutazione della vicenda narrata, ricorrendo al paradigma interpretativo fissato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e di acquisire informazioni sulle condizioni del paese di origine attraverso fonti ufficiali attendibili ed aggiornate: il provvedimento impugnato, infatti, si limita a riferirsi a “fonti consultate” affatto indicate ed a riportare un passaggio in lingua inglese riferito “ad un territorio estraneo a quello di provenienza del ricorrente” (cfr. quinta pag. del decreto impugnato), senza ricorrere alle C.O.I. prescritte dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. (cfr. Cass. 9230/2020).

7.4. Inoltre, quanto alla protezione umanitaria oggetto del sesto motivo, il Tribunale circoscrive la fattispecie invocata ai casi di divieto di espulsione, richiamando l’art. 19 TUI: erra, quindi, nel non ritenere che si tratta di una misura residuale, atipica ed individualizzata, fondata sul giudizio di comparazione – che viene del tutto omesso – fra integrazione, condizione di vulnerabilità e situazione sociopolitica del paese di origine in relazione alle garanzie esistenti per la tutela dei diritti fondamentali.(cfr. Cass. 4455/2019; Cass. SU 29459/2019).

8. Il decreto, pertanto, deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Napoli in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:

1. “Nei giudizi di protezione internazionale, la valutazione della credibilità del racconto è governata dalle prescrizioni del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 3 che dispone che: “qualora taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se l’autorità competente a decidere sulla domanda ritiene che: a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone; d) il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto un giustificato motivo per ritardarla; e) dai riscontri effettuati il richiedente è, in generale, attendibile: il giudice di merito, a seguito di una valutazione complessiva delle emergenze istruttorie, deve dare conto del percorso argomentativo seguito per escludere la credibilità del racconto in quanto, in caso contrario, la decisione risulta inosservate della norma sopra richiamata.”.

2. “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione e specificamente richiamate; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente.

3. “secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire”;

4. Il giudice del merito non può omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte in materia di protezione umanitaria, in quanto, in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, può incorrere nel vizio di violazione di legge, con riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 che impone l’adempimento del dovere di cooperazione istruttoria per tutte le domande di protezione internazionale”. 9. Il Tribunale dovrà decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte,

accoglie il sesto e settimo motivo di ricorso e rigetta gli altri.

Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Napoli in diversa composizione anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

 

 

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