Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4202 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4202 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 31599-2007 proposto da:
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GOFFREDO VISCARDI e C. s.n.c. in liquidazione in
persona

dei

liquidatori

P.I.

01435170632,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 76,
presso lo studio dell’avvocato MENSITIERE ANGELA,
rappresentata e difesa dagli avvocati GELSOMINO
2014

ANDREA, GELSOMINO MICHELE;
ricorrente

21

contro

Societa’ VAILLANT SAUNIER DUVAL ITALIA S.p.A., gia’
VAILLANT S.p.A., c.f. 01905300164, in persona del

Data pubblicazione: 21/02/2014

. . legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliatain ROMA, VIA NOMENTANA

257,

presso lo

studio dell’avvocato CIANNAVEI ANDREA, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
BORTOLOTTI FABIO, SQUASSI FEDERICO;
controricorrente

avverso la sentenza n. 2599/2006 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 25/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato MICHELE GELSOMINO difensore della
..

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato ANDREA CIANNAVEI difensore della
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

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Viscardi-Vaillant

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 6.6.96 la Goffredo Viscardi & C. snc
conveniva in giudizio la Vaillant Spa, e, premesso di essere agente della

stessa Vaillant, deduceva che quest’ultima , con lettera del 18.9.97 le aveva
comunicato la propria determinazione di recesso, corrispondendo ad essa
attrice l’indennità di cessazione del rapporto, ma in misura insufficiente in
quanto calcolata secondo le modalità previste dall’ Accordo Economico
Collettivo ( AEC) del 30.10.1992 , anziché ai sensi dell’ 1751 c.c., norma
questa da ritenersi inderogabile dalla contrattazione individuale e collettiva, se
non in senso migliorativo per l’agente; precisava al riguardo che tale specifica
valutazione doveva essere stabilita non

ex ante, ma ex post, c on

riferimento cioè all’esito del rapporto in questione, di talchè essa attrice vantava
ancora nei confronti della Vaillant spa un credito corrispondente all’importo
residuo. L’attrice chiedeva pertanto la condanna della convenuta al pagamento
della somma residua, rispetto alla somma corrisposta e/quella che le spettava (
L. 851.787.674), oltre a L. 188.790.070 a titolo di alcuni premi maturati nel corso
del rapporto per l’asserito raggiungimento dei baget di vendita concordati con la
convenuta, nonché al risarcimento del danno conseguente al recesso del
contratto ai sensi dell’art. 1751, 4 0 comma c.c. quantificato in via equitativa in
L. 1.121.084,861, pari all’importo medio di un anno di provvigioni.

Corte Suprema di Cassazione– Il sez. civ. – est. dr. G.

Bursese-

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società convenuta per la promozione di contratti di vendita dei prodotti della

Si costituiva in giudizio la Spa Vaillant chiedendo il rigetto della domanda attrice
siccome infondata. Rilevava che l’indennità di fine rapporto era stata
legittimamente calcolata sulla base dell’Accordo Economico Collettivo ( AEC) del
30.10.1992 — applicabile nella fattispecie – per un importo pari a L. 269.297.187;

c.c. nel senso meritocratico invocato dall’agente, attesi i deludenti risultati ed i
comportamenti “non commendevoli” dal medesimo manifestati nell’esercizio
della sua attività professionale. Neppure secondo la Vaillant era dovuto il premio
rivendicato dall’agente ( indennità di clientela) non essendosi raggiunti gli
obbiettivi di vendita stabiliti per tutte le famiglie di prodotti Vaillant; né infine era
configurabile alcun danno da risarcire, attesa la piena ed incontestata legittimità
del recesso.
Espletata l’istruttoria mediante la prova per testi ( circa l’imputabilità del mancato
raggiungimento degli obbiettivi di vendita previsti per il riconoscimento del
premio), l’adito Tribunale di Milano , con la sentenza n. 2017 del 18 febbraio
2003, rigettava la domanda attrice, ritenendo che la disciplina dettata dall’AEC
del 1992 sembrava più vantaggiosa per l’agente sia con riguardo ai requisiti per
maturare l’indennità sia per quanto riguardava la sua entità.
Avverso la sentenza proponeva appello la Viscardi sostenendo che fosse errato
ritenere che , quanto alla determinazione dell’indennità di fine rapporto, la
disciplina collettiva prevista dall’AEC fosse più favorevole all’agente rispetto alla
disciplina legale, contestando il criterio di raffronto tra le due discipline, che era

Corte Suprema di

azione — Il sez. eiv. – est. dr. G. A. Bursese-

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che in ogni caso non sussistevano i requisiti per l’applicazione dell’art. 1751

stato utilizzato dal tribunale ( in astratto e con valutazione ex ante) ; era
configurabile un risarcimento dei danni anche da fatto lecito ( liceità del
recesso), mentre infine erroneamente era stata rigettata la domanda riguardante
i premi asseritamente maturati nel 1977.

2599/06 rigettava l’impugnazione, confermando la sentenza impugnata e
condannando l’appellata al pagamento delle spese del grado.
Secondo la Corte milanese, alla luce della sentenza 23 marzo 1986 pronunciata
dalla Corte di giustizia della comunità Europea circa l’esatta interpretazione
degli artt. 17 e 19 della direttiva europea n. 86/653, “relativa al coordinamento
dei diritti degli stati membri concernenti gli agenti di commercio” , nonché della
giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, poteva ritenersi pienamente
legittimo, in quanto più favorevole all’agente rispetto a quella legale , il calcolo
dell’indennità di fine rapporto effettuato ai sensi dell’accordo AEC. A tal fine, in
considerazione del principio fissato dalla Corte di Giustizia, la valutazione se la
regolamentazione pattizia fosse o meno pregiudizievole per l’agente rispetto a
quella legale, doveva essere effettuata ex ante e non ex post ( cioè al momento
della cessazione del rapporto), perché tale criterio introducendo elementi
aleatori, sarebbe stato più svantaggioso per l’agente. Null’altro era dovuto ad
altro titolo, rilevato tra l’altro che l’indennità di fine rapporto doveva ritenersi
ricomprendere il nocumento insito nella cessazione dello rapporto d’agenzia.

Colte Suprema di Cassazione (-/1l sez. civ. – est dr. G. A. Bursese-

5

Resisteva la spa Vaillant, e l’adita Corte d’Appello di Milano, con sentenza n.

Per la cassazione
snc in liquidazione

la suddetta decisione

ricorre la Goffredo Viscardi & C.

sulla base di 6 mezzi;

resiste con controricorso la

Vaillant Saunier Duval Italia spa, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLE DECISIONE

di norme di diritto ( art. 1751 c.c.) laddove la Corte d’Appello di Milano ” ha
ritenuto legittima la deroga dei precedenti commi 1,2,3 ad opera dell’accordo
economico collettivo del 27.11.92 che prevede la corresponsione all’agente
dell’indennità di cessazione sulla base dei criteri contrastanti con quelli di cui al
medesimo art. 1751 c.c. , in ragione del preteso carattere di miglior favore in
astratto nella normativa convenzionale, la quale di converso implicherebbe in
concreto la disapplicazione dei criteri legali in ogni concreta circostanza”.
Secondo la corte distrettuale gli accordi “ponte” e quindi il CCNL non
sarebbero sfavorevoli per

l’agente, atteso che gli accordi riportati gli

garantiscono comunque ” un’ indennità pari all’1°/0 dell’ammontare globale
delle provvigioni maturate e liquidate nel corso del rapporto oltre una ulteriore
indennità aggiuntiva prevista in ipotesi particolari.”
Osserva però la ricorrente

che nel caso specifico, in base a dettagliati

conteggi da lei effettuati ( v. pag. 18-20 del ricorso ) l’indennità secondo l’art.
1751 c.c. è senza dubbio più favorevole all’agente rispetto all’indennità stabilità
secondo l’accordo AEC.

Corte Suprema di Cassazione

si. eiv. – est. dr. G. A. Bursese-

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1 – Con il primo motivo la ricorrente, denunzia la violazione e falsa applicazione

Invero

l’esponente non condivide l’assunto della corte distrettuale che sulla

base del principio fissato dalla Corte di Giustizia Europea, al fine di stabilire se
la regolamentazione pattizia sia o meno pregiudizievole per l’agente rispetto a
quella legale, ha affermato che la valutazione relativa deve essere effettuata ex

ultimo criterio, introducendo elementi aleatori, sarebbe stato più svantaggioso
per l’agente. Invece, in conformità della prevalente giurisprudenza di questa S.C.
a tal fine siffatta valutazione dev’essere effettuata ex post , sulla base delle
circostanze del caso concreto, in modo tale che gli accordi collettivi troverebbero
applicazione solo residualmente , nel caso in cui l’agente non possa provare i
presupposti richiesti per l’applicazione di una disciplina a lui più favorevole.
Il mezzo si conclude con il seguente quesito di diritto:
” L’art. 1751 comma 6°c.c., nel testo sostituito dall’art. 4 d.lgs. n. 303/1991,
s’interpreta nel senso che il giudice deve sempre applicare la normativa che
assicuri all’agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il risultato
migliore, siccome la prevista inderogabilità a svantaggio dell’agente comporta
che l’importo determinato dal giudice ai sensi della normativa legale deve
prevalere su quello,inferiore, spettante in applicazione di regole pattizie,
individuali o collettive”.
2

Con il 2° motivo l’ esponente denuncia

la violazione della direttiva

comunitaria 86/653 artt. 17 e 18 attuata dal D. Lgs 303/1991, in relazione all’art.
1751 c.c. Parte dal presupposto che l’indennità “legale” ex art. 1751 c.c. sia

Corte Suprema di Cassazione

sez. eiv. – est. dr. G. A. Bursese-

7

ante e non ex post ( cioè al momento della cessazione del rapporto), perché tale

più vantaggiosa per l’agente rispetto a quella prevista nell’accordo AEC, le cui
disposizioni pertanto devono ritenersi in contrasto con la norma comunitaria.
Invero secondo la Corte di Giustizia una deroga” può essere ammessa solo se,
ex ante, è escluso che essa risulterà, alla cessazione del contratto, a detrimento

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: ” Gli artt. 17 e 18 della
direttiva comunitaria 86/653 artt. 17 e 18 attuata dal d.lgs. 303/1991 ed in
relazione all’art. 1751 c.c. s’intendono nel senso che l’indennità di cessazione
del rapporto che risulta dall’applicazione dell’art. 17 n. 2 della direttiva non
può essere sostituita, in applicazione di un accordo collettivo, da un’indennità
determinata secondo criteri diversi da quelli fissati da quest’ultima disposizione
a meno che tale accordo garantisca in ogni caso all’agente un’indennità pari o
superiore a quella che risulterebbe dall’applicazione di questa disposizione e
che la natura sfavorevole o meno dev’essere valutata al momento in cui le
parti la prevedono. Queste ultime non possono prevedere una deroga di cui

esse ignorino se si rileverà, alla cessazione del contratto, a favore ovvero a
scapito dell’agente commerciale”.
0
3 Con il 3 motivo, si denunzia la violazione norme di legge ( art. 1751 ultimo

comma c.c.) ovvero ” omessa considerazione del criterio secondo cui è
consentito al giudice applicare l’AEC solo quando concretamente sfavorevole
nella fattispecie concreta ovvero quando l’agente non è in grado di dimostrare
che non ricorrono nel suo rapporto le caratteristiche … che determinano il diritto

Corte Suprema di Cassazione Il s

A. Buisese-

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dell’agente commerciale”.

a richiedere l’indennità così come prevista legalmente e quindi chiede di
usufruire della norma pattizia individuale e/o collettiva.”
Il mezzo si conclude con il seguente quesito di diritto: ” Con riguardo alla
formulazione di cui al 6 comma dell’art. 1751 c.c. emerge che la normativa in

istituti già esistenti ( quali l’indennità di clientela) purché le forme di trattamento
di fine rapporto alternativo all’ad. 1751 c.c. non si dimostrino svantaggiose per
l’agente e sempre che da un esame di ogni singola fattispecie, non emerga che il
trattamento di fine rapporto sia nella sua complessità migliorativa per l’agente”.
“L’istituto quale l’indennità di clientela è migliorativo qualora l’agente non riesca
a provare i presupposti di cui all’ad. 1751 c.c.”
4 — vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia:

si

sottolinea che l’art. 1751 c.c. non è derogabile per volontà delle parti ( e quindi
anche dalla contrattazione collettiva) a svantaggio dell’agente , e neppure
attraverso l’introduzione di presupposti per l’indennità di cessazione del rapporto
e di criteri di calcolo difformi da quelli della direttiva, che sono prevalentemente
meritocratici.
Si conclude con il seguente quesito:
” L’ad. 1751 c.c. , come novellato a seguito della citata direttiva europea, non
solo non è derogabile dalla volontà della parti, e quindi neanche dalla
contrattazione collettiva a svantaggio dell’agente, ma neppure è derogabile
mediante l’introduzione di presupposti dell’indennità di cessazione del rapporto

Corte Suprema di Cassazione — Il sei. eiv.

G. A. B

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materia di scioglimento del contratto di agenzia non esclude la sopravvivenza di

e di criteri di calcolo della stessa difformi

da quelli ( eminentemente

meritocratici) previsti dalla direttiva, ovvero genericamente non necessari per
concedere all’agente un minimo garantito che è cosa diversa dalla previsione
della direttiva del codice civile.”

stretta connessione; essi sono fondati essendo in sostanza conformi alla
giurisprudenza di questa i Corte che si ritiene di dover condividere.
Invero il problema centrale attorno al quale ruota la problematica evidenziata
dalla ricorrente, è quello di stabilire il criterio in base al quale calcolare l’indennità
di cessazione di fine rapporto spettante all’agente di cui all’art. 1751 c.c. allo
scopo di sapere quale sia la più favorevole, tra quella “legale” di cui allo stesso
art. 1751 c.c. e quella pattizia o convenzionale stabilità sulla base degli accordi
collettivi vigenti, tutto ciò con riferimento alla richiamata direttiva europea 86/653,
così come interpretata ( art. 17 e 19 ) dalla Corte di Giustizia delle Comunità
Europee 23 marzo 2006 in causa C-463/04.
Al riguardo secondo la corte distrettuale non sarebbe sostenibile, “proprio alla
luce del principio fissato dalla Corte di Giustizia, che la valutazione de la
regolamentazione pattizia sia o meno pregiudizievole all’agente rispetto a quella
legale, debba essere effettuata ex post, ossia al momento della cessazione del
rapporto di lavoro, perché tale criterio introdurrebbe un intrinseco elemento di
debolezza ( siccome aleatorio) a discapito dell’agente stesso, il quale non
sarebbe in grado di soppesare, all’atto della stipulazione del contratto, quale

Corte Suprema di Cassazione – Il sez.

f.

– est. dr. G. A. Bursese-

io

5 — I motivi di cui sopra possono essere esaminati congiuntamente stante la loro

sarebbe la convenienza economica per lui della pattuizione relativa all’indennità”.
Al riguardo il giudice distrettuale cita una conforme decisione di questa S.C. (
Cass. n. 2383/04) secondo cui l’indennità ovvero i suoi criteri di calcolo
dovranno essere preventivamente stabiliti dalle parti ai fini della deroga prevista

Poste tali premesse, osserva il Collegio che la giurisprudenza successiva ( a cui
si ritiene di dover aderire in quanto puntuale e convincente) è invece di diverso
avviso ed è ormai consolidata nel ritenere che il raffronto tra la disciplina legale
e quella pattizia va fatto con riferimento al caso concreto e quindi ex post, non
ritenendosi argomentazione di rilievo in senso contrario – come fa il giudice
distrettuale – la possibile esclusione di elementi di aleatorietà a scapito
dell’agente in una valutazione ex ante

dell’indennità in discorso. Non v’è

dubbio invero che elementi di maggior importanza da tener presenti nella
valutazione in discorso, possono essere altri, come, ad esempio, il
complessivo ammontare dell’indennità che l’agente verrebbe a percepire alla
fine del rapporto di agenzia, in base ad un calcolo ex post.
Questa S.C. ha così statuito: “In tema di determinazione dell’indennità dovuta
all’agente commerciale alla cessazione del rapporto, la disciplina dettata dall’art.
1751, c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva
e, nel caso in cui l’agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale
recettivo di quello collettivo, il raffronto tra la disciplina legale e quella pattizia
deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervenendosi alla

Corte Suprema di Cassazio

sez. eiv. – est. dr. G. A. Bursese-

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dal menzionato art. 1761 c.c.

dichiarazione di nullità della parte del contratto risultata sfavorevole all’agente.
Quest’ultimo pertanto ha l’onere di provare nel giudizio di merito, con dettagliati
calcoli conformi ad entrambi i criteri, legale e contrattuale, la differenza
peggiorativa, mentre il preponente ha l’onere di provare il contrario, anche

compensazione di vantaggi e svantaggi ( Cass. Sez. L, Sentenza n. 21301 del
03/10/2006).
Al riguardo ha altresì puntualizzato questa Corte: “A seguito della sentenza della
Corte di Giustizia delle Comunità Europee, 23 marzo 2006, in causa C-465/04,
interpretativa degli artt. 17 e 19 della direttiva 86/653, ai fini della quantificazione
dell’indennità di cessazione del rapporto spettante all’agente nel regime
precedente all’accordo collettivo del 26 febbraio 2002 che ha introdotto
!Indennità meritocratica”, ove l’agente provi di aver procurato nuovi clienti al

preponente o di aver sviluppato gli affari con i clienti esistenti (ed il preponente
riceva ancora vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti) ai sensi dell’art. 1751,
comma 1, cod. civ., è necessario verificare se – fermi i limiti posti dall’art. 1751,
comma 3, cod. civ. – l’indennità determinata secondo l’accordo collettivo del 27
novembre 1992, tenuto conto di tutte le circostanze del caso e, in particolare,
delle provvigioni che l’agente perde, sia equa e compensativa del particolare
merito dimostrato, dovendosi, in difetto, riconoscere la differenza necessaria per
ricondurla ad equità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che,
in adesione all’orientamento precedente alla citata sentenza della Corte di

Corte Suprema di Cassazio

I sez. civ. – est. dr. G. A. Buisese-

12

attraverso l’eventuale considerazione complessiva delle clausole e la relativa

Giustizia delle Comunità Europee, aveva ritenuto la prevalenza del criterio
previsto dalla contrattazione collettiva rispetto al criterio legale di cui all’art. 1751
c.c. in quanto più favorevole secondo una valutazione complessiva “ex ente”,
rimettendo al giudice del rinvio il compito di verificare se all’agente, sulla base

operato, una indennità di importo maggiore rispetto a quella garantita
dall’accordo collettivo) Cass. Sez. L, n. 4056 del 19/02/2008; Cass. n.21311 del
3.010.2006 ; Cass. n. 21088 del 9.10.2007; Cass. n. 12724 del 1°.6.2009; Cass.
n. 4149 del 15.3.2012; Cass. n. 18413 del 01.08.2013).
6 – L’accoglimento dei suddetti motivi comporta l’assorbimento dei restanti motivi
( 5° motivo – omesso esame e non ammissione delle prove dedotte ( art. 365, n.
5 cpc) e 6° motivo – violazione degli artt. art. 91 e 92 c.p.c. in tema di
condanna alle spese processuali).
In sAntesi il r-i-corso dev ‘essere accolto ; la sentenza dev’essere cassata in
relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese processuali, ad
altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che si adeguerà ai principi di cui
sopra.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia la causa, anche per le spesélr ad altra sezione della Corte
d’Appello di Milano.
In Roma li 9 gennaio 2014

Corte Suprema di Cassazione Il sez. eiv est. dr. G. A. Bursese-

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degli elementi di fatto considerati, spettasse, per la meritevolezza del suo

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