Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4201 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4201 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 13172-2008 proposto da:
D’ALESSANDRO

LUCIANO

C.F.DLSLNC66R02L589Q,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANAPO 20,
presso lo studio dell’avvocato RIZZO CARLA,
rappresentato e difeso dagli avvocati DE ME0 SERGIO,
FRANCESCO ANDREOTTOLA;
– ricorrente contro

COM BISACCIA,

IN PERSONA DEL SINDACO P.T.

P.I.82001850641, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA GENTILE DA FABRIANO,

presso lo studio

Data pubblicazione: 21/02/2014

dell’avvocato NICOLA PETRACCA, rappresentato e difeso
dall’avvocato PENNETTA DONATO;
– con troricorrente –

avverso la sentenza n. 461/2007 del TRIBUNALE di
SANT’ANGELO DEI LOMBARDI, depositata il 21/09/2007;

udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. LUIGI
PICCIALLI;
udito l’Avvocato Pennetta Donato difensore del
controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Su ricorso in data 3.6.2005 di Luciano D’Alessandro,che aveva dedotto di aver indebitamente
versato la relativa somma al Comune di Bisaccia per l’affrancazione di terreni da lui posseduti
gravati da livelli,pur essendo i relativi rapporti (costituiti in data anteriore al 28.10.1941 e

14 del 29.1.1974, il Giudice di Pace di Lacedonia emise decreto ingiuntivo di pagamento della
somma di

e

2197,20 a carico del suddetto ente territoriale,i1 quale propose tempestiva

opposizione,tra l’altro e segnatamente deducendo l’inapplicabilità ai Comuni della normativa
invocata dal D’Alessandro.
L’opposizione,cui quest’ultimo aveva resistito,venne respinta dal suddetto giudice,con sentenza
n. 37/1996,avverso la quale il soccombente Comune propose appello.
Il gravame,nella resistenza del D’Alessandro,trovava accoglimento da parte del Tribunale di
Sant’Angelo dei Lombardi,con sentenza monocratica del 21.9.2007,con la quale l’opposizione
veniva accolta,i1 decreto ingiuntivo revocato e le spese del doppio grado compensate,sulla scorta
dell’essenziale considerazione secondo cui la disposizione dell’art. 1 L. 14/74 (prevedente
l’estinzione di rapporti perpetui reali e personali,costituiti anteriormente al 28.10.1941,ove il
valore,in danaro o in natura,dei relativi canoni,censi livelli ed analoghe prestazioni,fosse
inferiore a mille lire annue) risultava testualmente applicabile soltanto con riferimento a rapporti
enfiteutici e simili costituiti con le amministrazioni e le aziende autonome dello Stato,e non
anche con gli enti pubblici territoriali,restandone dunque esclusi ti.~FefiR~Comuni
e Regioni. Tanto era desumibile dalla relazione illustrativa del disegno della citata legge e
confermato indirettamente,sul piano sistematico,da successive norme,relative ad altre
materie,con le quali il legislatore,nei casi in cui aveva voluto disporre l’applicabilità delle
relative discipline anche a detti enti,li aveva sempre espressamente menzionati.

1

prevedenti prestazioni inferiori a £ 1.000 annue) estinti ex lege ,in virtù dell’art. 1 della legge n.

Riteneva poi il giudice di appello che la censura,contenuta nella comparsa conclusionale
dell’appellato,con la quale si era sostenuto,con richiamo alla legge regionale n. 11 del 1981,che
titolare del diritto alla riscossione delle somme in questione fosse solo la Regione e non il
Comune,fosse inammissibile ex art. 345 c.p.c.,perché deducente una questione nuova, vale dire
la sussistenza nella specie di un indebito non più oggettivo,ma soggettivo.

Ha resistito il Comune di Bisaccia con rituale controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n.
16 del 29.1.1974,censurando l’interpretazione della relativa norma fornita dal giudice di
appello,che non avrebbe tenuto conto: a) della lettera della stessa,in particolare dell’uso
dell’omnicomprensivo termine “amministrazioni”,con il quale il legislatore avrebbe
inteso riferirsi, senza alcuna distinzione, anche a quelle locali,oltre che alle statali;b) del
contesto storico- costituzionale nel quale la legge fu varata,anteriore alla riforma attuata con la
legge costituzionale n. ; del 2001,prima della quale l’art. 114 della Costituzione disponeva che

“la Repubblica si riparte in Regioni,Province e Comuni,” senza null’altro aggiungere e senza
alcuna distinzione rispetto all’entità Stato introdotta” con la suddetta detta riforma; c) delle
finalità di natura “economica e fmanziaria” perseguite dalla legge n. 16 del 1974,1a cui ratio,
da individuarsi,come da relazione illustrativa, “nell’esigenza di sollevare le amministrazioni
competenti dalle diseconomie derivanti dalla riscossione di canoni di importo assai
modesto”,avrebbe dovuto far propendere per la proposta interpretazione estensiva della
disposizione, che in caso diverso concreterebbe una irragionevole e costituzionalmente
illegittima disparità di trattamento con riferimento ai rapporti con gli enti territoriali, costituenti
peraltro la “stragrande maggioranza” di quelli enfiteutici.
Con il secondo motivo si censura,per violazione degli artt. 113 c.p.c e 2033 c.c.,la dichiarazione
di inammissibilità,per novità,dell’ eccezione deducente la spettanza alla Regione Campania e
2

Avverso tale sentenza il D’Alessandro ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

non ai comuni,come quello di Bisaccia,dei canoni enfiteutici e delle relative procedure di
affrancazione,ex art. 2 della legge regionale n. 11 del 17.3.1981,a1 riguardo obiettando che
l’indebito soggettivo ex persona accipientis sarebbe parificabile a quello oggettivo,con la
conseguenza che la relativa questione,non comportando mutamento della causa petendi,ben
avrebbe potuto essere esaminata dal giudice in base al principio iura novit curia.

richiamo alla documentazione prodotta in sede di merito,alla stregua della quale si insiste per la
fondatezza della domanda di ripetizione d’indebito.
Il ricorso non merita accoglimento.
Manifestamente infondato è il primo motivo,anzitutto sotto il proposto profilo esegetico relativo
all’art. 1 della legge n. 14 del 1974,considerata la chiarezza del dato normativo,evidenziata dal

comune riferimento a “le amministrazioni e le aziende autonome” del successivo complemento
di specificazione “dello Stato”,che per il principio in claris non fit interpretatio non consente
dubbi di sorta,tanto più ove si tenga conto della successiva menzione quali amministrazioni,
comprese nell’introdotto regime estintivo di quelle del “fondo per il culto”,del `fondo di

beneficenza e di religione nella città di Roma” e dei “patrimoni riuniti ex economati”,tutte
facenti capo allo Stato,ancorchè dotate di autonomia amministrativa e patrimoniale.
Altrettanto palese è l’infondatezza dei profili sistematici del motivo di ricorso,

• gfiriPTA

laddove,sulla base di una equivoca equiparazione tra i termini Repubblica e Stato,che non sono
sinomini,si viene a negare un principio cardine dell’ordinamento statale, pacifico nella
giurisprudenza e nella dottrina pubblicistica, a termini del quale Regioni, Province e Comuni,pur
costituendo distinte componenti dell’apparato pubblico nel quale,secondo l’art. 114 Cost.,la
Repubblica Italiana si articola,costituiscono enti diversi dallo Stato,muniti di una propria
personalità giuridica e di specifiche autonome competenze amministrative e patrimoniali,a
termini e nei limiti dettati dalle norme contenute nel titolo quinto della Costituzione,che con la
successiva legge costituzionale n. 3 del 18.10.2001 hanno subito soltanto parziali modifiche ed
3

Il terzo motivo non titolato,né corredato da quesito di diritto ex art. 366 c.pc.,si risolve nel

ampliamenti,in un contesto nel quale era già sussistente ed indiscussa soggettività giuridica
pubblica degli enti territoriali diversi dallo Stato.
Manifestamente infondate risultano,di conseguenza,le generiche censure di incostituzionalità
della disposizione di cui all’art. 1 1.cit.,nella sua corretta accezione, sol che si consideri,a parte la
diversità delle situazione poste a raffronto,come le ragioni di opportunità giustificanti la

delle spese di gestione dei relativi rapporti,non possano considerarsi del pari sussistenti con
riferimento agli enti territoriali minori,segnatamente per piccoli comuni come quello di Bisaccia,
per i cui bilanci anche canoni,censi,livelli et similia di modesto importo,ove riferiti ad una
pluralità di soggetti,possono assumere rilevanza economica,considerata anche la più agevole ed
immediata possibilità,nel contesto locale,delle relative riscossioni.
Quanto al secondo motivo,è sufficiente considerare che il richiamo alla legge regionale della
Campania n. 11 del 17.3.1981 risulta del tutto inconferente ai fini della dedotta,in sede di
appello, questione di spettanza delle prestazioni patrimoniali in questione, essendo l’oggetto
della relativa disciplina costituito non da qualsiasi rapporto di natura enfiteutica,o similare,
comunque facente capo ai comuni,bensì soltanto da quelli relativi a terreni oggetto di usi
civici,la cui permanente titolarità a detti enti,peraltro,non viene posta in discussione dall’art. 2
(che ne postula,ai co. 1 e 4 la relativa “appartenenza” ),essendo soltanto prevista una procedura
(co. 6 -10) devoluta alla Regione,senza alcun trasferimento della relativa titolarità, per le
eventuali liquidazioni, scioglimento di promiscuità,verifica delle occupazioni e relative
legittimazioni.
Pertanto la dedotta censura,con la quale si lamenta l’omesso esame del merito della questione
da parte del giudice di appello,difetta di interesse,considerato che tale esame non avrebbe potuto
condurre ad alcun approdo utile alla tesi dell’appellato,deducente la sussistenza dell’indebito
pagamento,sotto il diverso profilo ex parte creditoris,che si assume equiparabile a quello
oggettivo.
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disposizione,individuate nella scarsa rilevanza economica delle prestazioni in questione ,a fronte

Palesemente inammissibile è infine il terzo motivo,in quanto non rispondente ad alcun modulo
legale ex art. 360 c.p.c.,né al precetto di cui all’art. 366 bis c.p.c..
Il ricorso va conclusivamente respinto,con il carico delle spese per la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio al

Così deciso in Roma 1’8 gennaio 2014.

controricorrente,in misura di £ 1.200,00,di cui 200 per esborsi,oltre accessori di legge.

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