Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 42 del 03/01/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 42 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA
sul ricorso 1343-2011 proposto da:
BONFIGLIO GIUSEPPE BNEGPP47L27E532K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso
lo studio dell’avvocato ALLEVA PIERGIOVANNI, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2012
3005

ALLIANZ S.P.A. (già RIUNIONE ADRIATICA DI

S.P.A.)

05032630963,

in

persona

del

SICURTA’
legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio degli

Data pubblicazione: 03/01/2013

avvocati

TRIFIRO’

SALVATORE,

ZUCCHINALI

PAOLO,

MINUTOLO RONAVENTURA, che la rappresentano e difendono
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 836/2009 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/10/2012 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
CARRI;
udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di CATANIA, depositata il 31/12/2009 r.g.n.749/03;

Svolgimento del processo

La Corte territoriale ha accertato la sussistenza di un diritto di esclusiva in favore del Bonfiglio in
relazione alla convenzione con il Banco di Sicilia, stante la possibilità assegnata all’agente di
praticare in relazione ai vari rami condizioni di maggior favore rispetto a quelle ordinariamente
praticate dalla R.A.S. s.p.a. con necessità per l’agente di svolgere una attività promozionale di
convincimento personale, di esplicazione delle varie offerte e di indirizzo del destinatario verso una
delle possibili e numerose combinazioni.
Quindi, ed in tali limiti, la Corte d’Appello ha accertato la violazione dell’obbligo del preponente
di impedire l’invasione sistematica da parte di altri agenti della zona affidata al Bonfiglio, ed una
diretta responsabilità della società per la violazione del diritto di esclusiva dell’agente. Inoltre ha
escluso che, sulla base della documentazione prodotta, fosse maturata la prescrizione decennale,
connessa alla natura contrattuale dell’inadempimento da risarcire, escludendo invece la spettanza
delle indennità di cui agli artt. 20,25, 27, 28 e 33 dell’accordo nazionale del 16.9.1991 sul rilievo
che si trattava di provvigioni (art. 20) ed indennità ( artt. 25,27,28 e 33) dovute in relazione allo
scioglimento del rapporto sulla base di polizze effettivamente stipulate mentre invece le somme da
liquidarsi erano state chieste dall’agente a titolo risarcitorio in considerazione dell’esecuzione non
corretta del contratto.
Nel quantificare il danno, la Corte d’Appello ha disposto una consulenza contabile che ha richiesto
alcune integrazioni, tanto che in corso di causa, ex art. 423 c.p.c. ha liquidato l’importo accertato di
€24.477,84 , solo parametrato alle provvigioni non riscosse, ed alla conseguente durata decennale
della prescrizione, ha sottolineato che per gli anni in cui il Bonfiglio era stato titolare di rapporti di
coagenzia (circostanza questa accertata con la sentenza della Cassazione n. 11044/2000, passata in
giudicato relativa alle spettanze conseguenti alla risoluzione ad nutum del contratto) sussisteva un
parziale difetto di legittimazione attiva del Bonfiglio.
Quanto alle somme da liquidare come calcolate dal CTU la sentenza definitiva ha ritenuto che ai
fini della liquidazione del danno da lucro cessante dovessero essere detratte dalle provvigioni
calcolate le spese di produzione connesse alla predisposizione di una organizzazione per la
promozione e conclusione dei contratti, commisurate equitativamente al 5% dell’importo totale
Ha poi dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno per perdita di chance
evidenziando che si trattava di domanda nuova.
Per la cassazione della sentenza propone tempestivo ricorso il Bonfiglio affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la Allianz s.p.a. (già R.A.S. s.p.a.).

la Corte di appello di Catania, in parziale accoglimento dell’appello proposto da Giuseppe
Bonfiglio, ha dichiarato il suo diritto a percepire le provvigioni dovute in relazione ai contratti di
assicurazione stipulati dalla Riunione Adriatica di Sicurtà (R.A.S.) s.p.a. nella zona di pertinenza
dell’Agenzia di Lentini con i dipendenti del Banco di Sicilia ed in esito ad una consulenza
contabile, ha quindi condannato la R.A.S. s.p.a. al pagamento in favore del Bonfiglio della somma
di € 24.477,84 – comprensivi degli acconti già erogati durante il giudizio — oltre interessi e
rivalutazione monetaria sulla sorte capitale progressivamente rivalutata dalla maturazione del diritto
alla sentenza ed ulteriori interessi fino al saldo.

La Allianz s.p.a. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso il Bonfiglio censura la sentenza per avere, in violazione e falsa
applicazione dell’art. 1223 c.c., limitato il risarcimento del danno alle provvigioni perse mentre non
ha dato rilievo all’incidenza sulle spettanze di fine rapporto delle stesse provvigioni e senza tener
conto della perdita di chance connessa alla possibilità di aprire su un medesimo cliente nuove
opportunità di polizze per rami diversi.

Non emerge dalla lettura della sentenza d’appello che il Bonfiglio abbia mai chiesto nel corso del
giudizio di merito la liquidazione delle competenze di fine rapporto con inclusione delle
provvigioni relative ai contratti conclusi in violazione del diritto di esclusiva.
Dalla narrativa della sentenza d’appello si evince infatti che l’odierno ricorrente aveva formulato
una domanda di pagamento delle provvigioni relative a contratti conclusi da altri agenti nella sua
zona di esclusiva e la condanna al risarcimento del danno, equitativamente liquidato, conseguente
allo sviamento della clientela oltre che alla mancata predisposizione di adeguati strumenti volti ad
evitare gli sconfinamenti.
A tanto si attiene il giudice d’appello nel riconoscere il diritto al risarcimento del danno per effetto
dell’accertata violazione del diritto di esclusiva.
Precisa la sentenza della Corte di Catania che le ulteriori domande risarcitorie, ivi compresa quella
relativa alla perdita di chance, sono inammissibili perché tardivamente proposte.
Tanto premesso, allora, si deve rilevare ancora una volta, l’assoluta novità delle questioni relative
all’incidenza, ai fini risarcitori, delle provvigioni sulle indennità di fine rapporto oltre che di
ulteriori danni da perdita di chance.
In nessuna parete del ricorso il Bonfiglio deduce che le domande risarcitorie erano state in realtà
ritualmente proposte e dunque sotto tale profilo la censura è inammissibile.
Con il secondo motivo, poi, viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.
sul rilievo che il giudice avrebbe, immotivatamente, pronunciato solo su una parte della domanda.
Sostiene il ricorrente che la Corte d’Appello pur ritenendo infondata l’eccezione di prescrizione
formulata dalla società RAS, illegittimamente ha poi limitato l’indagine del consulente contabile
all’ultimo decennio (1983-1993) sul rilievo che non risultasse provata l’esistenza di polizze in
deroga al diritto di esclusiva antecedenti.
Ad avviso del Bonfiglio, per contro, il CTU avrebbe svolto la sua indagine solo per tale più ridotto

arco temporale in quanto questo era l’incarico che, con il quesito, la Corte gli aveva affidato.
Tale scelta del giudice d’appello si riverbera sulla sentenza viziata da una parziale pronuncia sulla
domanda formulata.

La censura è destituita di fondamento.

Con il terzo motivo di ricorso, infine, viene denunciata la violazione dell’art. 437 comma 2 c.p.c.
sia sotto il profilo dell’ error in procedendo sia in relazione ad una lacunosità della motivazione, i
cui risultati sono stati fatti propri dal giudice d’appello, sebbene i dati esaminati dal Consulente
fossero incompleti e condizionati dalla limitazione temporale imposta.

Va premesso in primo luogo che la sentenza, rispondendo ad una eccezione della società appellata,
si limita da un canto a dare atto dell’applicabilità del termine decennale di prescrizione alla
fattispecie in esame qualificata come risarcimento a seguito di inadempimento contrattuale,
dall’altro sottolinea che non risultavano conclusi contratti in violazione del diritto di esclusiva nel
periodo “precedente il primo atto interruttivo della prescrizione in data 6.4.1993” ed evidenziando
che le provvigioni calcolate dal ctu erano tutte successive a tale data.
Tanto rilevato si osserva che il motivo di ricorso difetta, in violazione dell’art. 366 n. 3) c.p.c. del
requisito dell’autosufficienza indispensabile ai fini della sua ammissibilità.
E’ noto che, ove il ricorrente ometta di riportare i fatti oggetto di contestazione o di cui si denuncia
l’errata valutazione ( nella specie la parte della relazione peritale dove è esposta e valutata l’entità
delle provvigioni in relazione ai contratti conclusi da altri agenti nel territorio in cui vigeva
l’esclusiva per il Bonfiglio né tanto meno l’indicazione della documentazione non considerata), è
violato il principio di autosufficienza alla stregua del quale è necessario che nel ricorso siano
indicati con precisione tutti quegli elementi di fatto che consentano di controllare l’esistenza del
denunciato vizio senza che il giudice di legittimità debba far ricorso all’esame degli atti.
Nella parte finale del motivo si fa riferimento a “almeno 700 polizze già censite in sede di sequestro
nel procedimento di primo grado” e si denuncia l’ingiustificata esclusione dall’incarico all’ausiliare
“dei modelli incassi e provvigioni” ma non si accenna neppure al fatto che tale documentazione
fosse stata ritualmente posta nella disponibilità dei giudici di merito né, tanto meno, se ne chiarisce
alla Corte il contenuto e la collocazione (cfr. indice finale del ricorso per cassazione).
Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio, da regolarsi secondo il criterio della soccombenza sono liquidate in
E 3000,00 per compensi professionali, avuto riguardo al D.M. n. 140/ 2012, al valore della
controversia ed alle attività svolte , ed in C 50 per esborsi. Oltre accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida
in 50 per esborsi ed € 3000,00 per compensi professionali, oltre IVA e CPA.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2012
Il Consigliere estensore

il Presidente

Le censure, tra loro strettamente connesse poiché riguardano sotto vari profili la correttezza
dell’accertamento peritale, possono essere esaminate congiuntamente e vanno dichiarate infondate.

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