Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4197 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4197 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: FALASCHI MILENA

Corrispettivo —
Esecuzione dei
lavori – Prova

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1689/08) proposto da:
COIMEL s.n.c., in persona del legale rappresentante, sig. Vincenzo Minchella, nonché la DITTA
Raffaele Minchella, in persona dell’omonimo titolare, in proprio e nella qualità di socio della
Coimel, rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to Giuseppe
Forgione del foro di Isernia ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.to Ennio
Mazzocco in Roma, via Ippolito Nievo n. 61 sc D;
– ricorrenti contro
Istituto Neurologico Mediterraneo NEUROMED s.r.I., in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrato in qualità di legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.to
Nicolino lacovone del foro di Isernia, in virtù di procura speciale apposta a margine del

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Data pubblicazione: 21/02/2014

controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Carla Montanaro in Roma,
via Renato Fucini n. 63;
– controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Campobasso n. 323 depositata il 24 novembre 2006.

Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo
Gambardella, che — in assenza delle parti costituite – ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25 settembre 1993 la COIMEL s.n.c., in persona del legale
rappresentante, Vincenzo Minchella, nonché la DITTA Raffaele Minchella, in persona
dell’omonimo titolare, in proprio e nella qualità di socio della Coimel evocavano, dinanzi al
Tribunale di Isernia, l’Istituto SANATRIX chiedendone la condanna al pagamento della residua
somma di £. 339.600.000, quale corrispettivo di alcuni lavori di impiantistica da loro eseguiti
presso lo stesso convenuto e su incarico del medesimo, oltre accessori.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell’Istituto SANATRIX, il quale eccepiva il difetto di
legittimazione attiva di soggetti diversi dalla CO.IM.EL. s.n.c., nel merito, l’infondatezza della
pretesa creditoria, chiedendo agli attori la prova di avere eseguito le opere descritte
nell’accertamento tecnico preventivo esperito anteriormente al giudizio (su istanza degli stessi
attori), saldato ogni debito nei confronti degli esecutori delle opere, il giudice adito, costituitosi
nelle more del giudizio l’Istituto Neurologico Mediterraneo NEUTROMED s.r.l. in luogo dell’Istituto
SANATRIX, espletata anche c.t.u., rigettava la domanda attorea.
In virtù di rituale appello interposto dalla COIMEL s.n.c., in persona del legale rappresentante, sig.
Vincenzo Minchella, nonché dalla DITTA Raffaele Minchella, in persona dell’omonimo titolare, in

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Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14 novembre 2013 dal

proprio e nella qualità di socio della Coimel, i quali nell’insistere nella originaria domanda, in
subordine formulavano istanza ex art. 2041 c.c. ed in via istruttoria, articolavano prova
testimoniale e giuramento decisorio, oltre alla nomina di un nuovo c.t.u. esperto in campo
elettrotecnico, la Corte di appello di Campobasso, nella resistenza dell’appellato, che eccepiva

c.t.u., rigettava il gravame e per l’effetto confermava la sentenza del giudice di prime cure.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale — ritenuta l’infondatezza dell’eccezione
processuale — affermava l’inammissibilità della domanda di indebito arricchimento formulata solo
avanti alla corte, ostandovi il divieto di cui all’art. 345 c.p.c., diversi i presupposti fra la domanda
principale, di natura contrattuale, e quella ex art. 2041 c.c..
Nel merito, evidenziava che nonostante la dichiarazione del legale rappresentante della Sanatrix
del 24.1.1990, dalla quale si evinceva che tutti i lavori di impiantistica erano riferibili alla COIMEL
s.n.c., e l’attività istruttoria svolta dal giudice di primo grado, con ordinanza del 21.7.2000, allo
scopo di accertare se le attività dei due soggetti individuali Minchella Vincenzo e Minchella
Raffaele fossero confluite nella indicata società in nome collettivo, in assenza di forma scritta del
contratto di appalto (certamente non necessario), non era stata raggiunta la prova — di cui erano
gravati gli appellanti,originari attori — a fronte di una pluralità di soggetti creditori, circa la misura e
la qualità del rapporto sostanziale imputabile a ciascuno di essi, non individuato quali e quanti
lavori erano stati eseguiti da ciascun appaltatore, con quali materiali, entro quale termine e per
quale corrispettivo.
Aggiungeva che neanche le consulenze tecniche esperite, che pure davano ragione
dell’espletamento di alcuni lavori, erano in grado di offrire elementi di giudizio circa il soggetto che
li aveva eseguiti.
Concludeva per l’inammissibilità del giuramento decisorio deferito perché non formulato per
articoli separati ex art. 233 c.p.c., per cui non poteva essere verificata la sua utilità, e per la

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l’improcedibilità del gravame e l’inammissibilità della domanda subordinata, richiesti chiarimenti al

inconferenza della prova testimoniale giacchè l’articolo manteneva la confusione già rilevata tra i
soggetti asseritamente creditori, non essendo in grado di distinguere le singole posizioni di fatto e
sostanziali.
Per la cassazione della indicata sentenza della Corte di appello di Campobasso agiscono la

Raffaele Minchella, in persona dell’omonimo titolare, in proprio e nella qualità di socio della
Coimel, articolando tre motivi di ricorso, illustrati anche da memoria ex art. 378 c.p.c., costituito
l’I.N.M. Neutromed s.r.l. con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla società
controricorrente sul rilievo che la procura apposta in calce al ricorso introduttivo sarebbe priva di
specialità.
Invero il mandato è stato inserito nel ricorso a conclusione dell’atto, in foglio spillato prima della
relata di notificazione, e contiene il riferimento al ‘presente giudizio’, per cui deve escludersi che
l’uso della ulteriore frase “nonché nella procedura esecutiva e nelle eventuali procedure di
opposizione e fallimentari” induca nel testo della procura un elemento di genericità, incompatibile
con la specialità della procura, non apparendo essere effetto di una volontà delimitativa
dell’investitura del giudice di legittimità, quanto indicazione all’impugnazione da proporre e al
giudizio che il ricorso stesso incardina.
Ad ogni buon conto, merita di essere rammentato come, sulla base della nuova formulazione
dell’art. 83 c.p.c., la giurisprudenza sia ormai costante nell’affermare che la procura apposta a
margine, in calce ovvero in foglio separato materialmente unito al ricorso, a meno che dal testo
non si riveli il contrario (come quando contenga espressioni incompatibili col ricorso per
cassazione: cfr. Cass. n. 23381 del 2004), deve ritenersi conferita per il giudizio di cassazione e

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COIMEL s.n.c., in persona del legale rappresentante, sig. Vincenzo Minchella, nonché la DITTA

soddisfa il requisito della specialità, anche se non contenga alcun riferimento alla sentenza da
impugnare o al giudizio da promuovere, atteso che il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c., interpretato
alla luce dei criteri letterale, teleologico e sistematico, fornisce argomenti per ritenere che la
posizione topografica della procura conferisce la certezza della provenienza dalla parte del

stessa al giudizio cui l’atto accede (v. Cass. SS.UU. n. 2642 del 1998; Cass. n. 4980 del 2006;
Cass. n. 5481 del 2006).
Sempre in via preliminare – e salvo quanto di seguito di dirà in ordine all’eccezione sollevata con
riferimento all’art. 366 bis c.p.c. -, vanno rigettate le ulteriori eccezioni di improcedibilità
dell’appello, sollevate sotto molteplici profili (ex art. 165 c.p.c., nonché ex art. 348 c.p.c.), avendo
la corte di merito ampiamente argomentato sulla tempestività della costituzione di parte
appellata, data in cui risultava depositato anche il fascicolo di parte, statuizioni cui le difese della
società resistente non apportano alcuna specifica critica.
Tanto precisato, passando all’esame del ricorso, con il primo motivo i ricorrenti
denunciano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione concernente un fatto storico,
decisivo per la controversia, in particolare quanto alla prova documentale costituita dalla
dichiarazione del legale rappresentante della Sanatrix, avv.to Pietro Rossi, del 21.1.1990, dalla
quale si desumerebbe inequivocabilmente che tutti i lavori di impiantistica elettrica erano stati
eseguiti dalla COIMEL s.n.c., composta dai soci Vincenzo e Raffaele Minchella, oltre
all’attestazione della esecuzione delle opere a perfetta regola d’arte. Proseguono i ricorrenti che
pertanto il ragionamento svolto dal giudice del merito risulta incompleto, incoerente ed illogico
essendo evidente che le consistenti opere erano state realizzate dalla COIMEL s.n.c..
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano vizio di motivazione in ordine alla istanza di
rinnovazione della c.t.u., sulla quale i giudici del merito hanno totalmente omesso ogni
motivazione, nonostante fosse stato specificato fin dal giudizio di prime cure la esigenza di

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potere di rappresentanza ed è idonea a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura

nomina di un ingegnere esperto in campo elettrotecnico per fornire lumi sulla questione
squisitamente tecnica, in particolare sul quantum debeatur della pretesa azionata. A conclusione
del mezzo viene posto il seguente momento di sintesi (omologo del quesito di diritto): “Dica la

Suprema Corte se la rinnovazione della CTU avrebbe condotto il giudice di appello ad una

Con il terzo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in
particolare dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. per non avere la Corte di appello tenuto conto
del fatto che la nota contenente l’attestazione dei lavori eseguiti è prova documentale, avente
efficacia probatoria privilegiata ex art. 2702 c.c., e la piena prova si estende oltre che alla
provenienza delle dichiarazioni di chi l’ha sottoscritta, con valore di confessione, anche alla verità
intrinseca delle dichiarazioni in essa contenute, mai contestate dall’Istituto convenuto.
L’illustrazione del mezzo è conclusa con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Dica

Codesta Suprema Corte se l’esame delle risultanze probatorie costituite dalla nota dei lavori
eseguiti dalla COIMEL s.n.c., a firma dell’avv. Pietro Rossi, e dall’accertamento tecnico
preventivo nonché dall’eventuale rinnovazione della CTU richiesta nel corso del giudizio di
merito, in osservanza degli artt. 116 c.p.c. e 2697 c.c., con una logica argomentazione di diritto,
avrebbe condotto il Giudice di appello ad una decisione diversa da quella adottata” ovvero più
precisamente: “Dica Codesta Suprema Corte se vi è stata violazione e/o falsa applicazione di

legge in relazione all’art. 2697 c.c. e 116 c.p.c. ed enunci il principio di diritto”.
I suddetti tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, stante la loro connessione anche
argomentativa.
Essi sono infondati.
Va innanzitutto rilevato che – al contrario di quanto eccepito in via preliminare dalla resistente – i
detti motivi sono ammissibili avendo i ricorrenti articolato i relativi quesiti di diritto nel rispetto dei
principi al riguardo elaborati nella giurisprudenza di legittimità ed in modo conferente rispetto alla

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decisione diversa da quella adottata”.

sentenza impugnata (anche se non compresa nel suo complessivo contenuto) sì da consentire
l’individuazione del principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato e,
correlativamente, del diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della Corte di
Cassazione possa condurre ad una decisione di segno diverso.

deve essere specifico, e cioè riferibile alla fattispecie, e non generico (Cass. 21 settembre 2011
n. 19191. Esso deve compendiare: – la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al
giudice di merito; – la sintetica indicazione della regola di diritto applicabile da quel giudice; – la
diversa regola di diritto che, ad avviso dei ricorrenti, si sarebbe dovuta applicare nel caso di
specie (Cass. n. 19748 del 2011).
Nel caso in esame la puntuale riferibilità alla fattispecie, la non genericità delle affermazioni di
diritto sollecitate, la inequivocità della richiesta insita nelle proposizioni enunciate inducono a
ritenere che sia stata per tale via pienamente soddisfatta la finalità del legislatore della riforma di
porre la Corte in condizione di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento
della lamentata violazione. Le enunciazioni dedotte dalla parte ricorrente valgono infatti a
circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto di esse (Cass.
SS.UU. n. 7258 del 2007), senza alcuna differenza rispetto alla formulazione che assuma la
veste di un autonomo interrogativo, restando comunque assolta la funzione di individuazione
della questione di diritto posta alla Corte, in una parte apposita del ricorso, a ciò deputata
attraverso espressioni specifiche idonee ad evidenziarla. I quesiti come articolati ai mezzi due e
tre rispondono al detto scopo in quanto complessivamente idonei a far comprendere la asserita
violazione di legge e a richiedere alla Corte di affermare un principio di diritto contrario a quello
posto a base della decisione impugnata, al pari del primo mezzo, là dove è denunciato il vizio di
motivazione, in cui è desumibile il cd. momento di sintesi (omologo del quesito di diritto: cfr
Cass. SS.UU. 1° ottobre 2007 n. 20603). Ai detti quesiti va però data risposta non nel senso

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Nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c. il quesito di diritto — applicabile alla specie ratione temporis —

auspicato dai ricorrenti posto che le censure mosse dagli stessi si risolvono essenzialmente in
una critica ad attività riservate al giudice del merito.
Correttamente la corte territoriale, con motivazione adeguata, ha rilevato che le emergenze delle
stesse consulenze tecniche d’ufficio espletate non risultavano dimostrate, a fronte di una pluralità

individuati quali e quanti lavori fossero stati eseguiti da ciascun appaltatore, con quali materiali e
per quale corrispettivo.
Gli stessi ricorrenti evidenziano la complessità delle opere da eseguirsi da parte
di più appaltatori, affermando che quelle di competenza della COIMEL s.n.c. erano costituiti da
alcuni lavori di impiantistica. Sicché, proprio in conseguenza di tale complessità dell’opera,
occorreva fornire – a fronte delle chiare emergenze istruttorie – la prova specifica della diretta
realizzazione dei lavori realizzati ed il compenso pattuito per gli stessi.
L’ipotesi prospettata dagli attori integra, infatti, la fattispecie di pluralità di appaltatori nella
realizzazione di opera complessa, con la conseguenza che (a fronte dì pluralità di soggetti attivi)
essendo configurabile, relativamente al diritto al corrispettivo, un’obbligazione attiva divisibile,
trova applicazione la regola di cui all’art. 1314 c.c.. In sostanza, poiché ciascuno degli appaltatori
ha diritto ad una quota del compenso, l’obbligato può considerarsi liberato solo quando abbia
corrisposto a ciascuno di essi la quota rispettivamente spettante, salvo che sia stata
espressamente pattuita (la presunzione di cui all’art. 1294 c.c., opera solo per la solidarietà
passiva) la previsione che ciascuno degli appaltatori possa chiedere il pagamento dell’intero
corrispettivo con conseguente liberazione del committente verso gli altri. La solidarietà attiva fra
più creditori sussiste solo se espressamente prevista in un titolo negoziale preesistente alla
richiesta di adempimento, non essendo sufficiente all’esistenza del vincolo l’identità qualitativa
delle prestazioni (eadem res debita) e delle obbligazioni (eadem causa debendi). L’interesse a
negare detta solidarietà non è attribuibile esclusivamente a ciascuno dei creditori, ma appartiene

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di appaltatori, la misura e la quantità di rapporto sostanziale imputabile a ciascuno di essi, non

anche al debitore ai fini di un corretto e non pregiudizievole assetto dei rapporti obbligatori (vedi
art. 1297 c.c., comma 2, limitativo della proponibilità delle eccezioni personali), giacché nelle
ipotesi di solidarietà attiva il comune debitore non potrebbe opporre al creditore che gli abbia
chiesto l’intera prestazione le eccezioni personali ad altro creditore e che a questo il debitore

egli per la sua parte avrebbe richiesto (Cass. 29 maggio 1998 n. 5316).
Solo nell’ipotesi di solidarietà attiva convenzionalmente pattuita tra le parti dell’appalto e cioè, da
un lato, il committente e, dall’altro, la pluralità di appaltatori ed in presenza dell’avvenuto
pagamento dell’intero compenso ad uno solo, gli altri appaltatori hanno azione, non per le norme
che regolano l’appalto ma per quelle che regolano la solidarietà attivi a (art. 1298 c.c.), per il
conseguimento della quota loro spettante nei confronti dell’appaltatore che ha ricevuto il
pagamento dell’intero corrispettivo ed è perciò unico legittimato passivo.
Nella fattispecie quindi i ricorrenti — originari attori – non potevano richiedere alla convenuta la
somma di £. 339.600.000 a titolo di corrispettivo per alcuni lavori di impiantistica eseguiti, giacchè
per poter effettuare detta richiesta avrebbe dovuto assumere e provare che tra gli appaltatori e la
committente era stata prevista la solidarietà attiva nel credito del compenso ovvero che la sua
quota di detto compenso era stata specificamente pattuita in un determinato importo,
regolarmente eseguiti i lavori alla stessa commissionati, di cui al credito preteso.
Tale solidarietà attiva non è stata neppure assunta dai ricorrenti, né è stato provato, per quanto
sopra esposto, la corrispondenza del credito vantato ai lavori in concreto eseguiti dalla COIMEL,
come statuito dalla sentenza impugnata, con valutazione rientrante negli esclusivi poteri di
giudice del merito.
In particolare la corte di merito ha rilevato che in assenza di stipula di appalto in forma scritta,
certamente non necessaria, occorreva che tutti gli elementi del contratto risultassero da prove
non equivoche, non indicati in maniera specifica neanche nella nota prodotta i lavori

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medesimo avrebbe potuto, invece, opporre, nel caso di obbligazione parziale, il cui adempimento

commissionati, non attribuibile alcun valore di prova all’estratto conto compilato dai medesimi
ricorrenti (provenendo esclusivamente dalla parte alla quale giovava). Né le consulenze tecniche
eseguite, che pure davano conto dell’espletamento di alcuni lavori, descrivendoli, avevano potuto
offrire elementi di giudizio per giungere a determinare chi li avesse eseguiti.

sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale
nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere
tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo
ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 5 ottobre 2006
n. 21412).
Ne consegue che è immune da censure in questa sede di sindacato di legittimità la motivazione
della sentenza impugnata che ha ritenuto che non era stato provato quale fosse l’entità dei lavori
commissionati ed eseguiti da ciascuno degli appaltatori e per l’effetto l’ammontare del compenso
rispettivamente spettante.
Il ricorso va pertanto rigettato e le spese del giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo,
distribuite secondo il principio della soccombenza.

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di
Cassazione, che liquida in complessivi €. 7.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 14 novembre 2013.

D’altro canto la valutazione delle varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a

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