Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4194 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/02/2017, (ud. 20/01/2017, dep.16/02/2017),  n. 4194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2195-2013 proposto da:

D.G.A., (OMISSIS), quale difensore di se stesso

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L MANTEGAZZA N. 24, presso lo

studio dell’avvocato MARCO GARDIN;

– ricorrente –

e contro

PICCOLOTTI GIUSEPPE, DE ANGELIS MARIANO;

– intimati –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE DI PESCARA, depositata il

10/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Viste le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dott. CAPASSO

Lucio, per l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento del

secondo, terzo e quarto, e rigetto degli altri.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ordinanza n. 406/2012, la Corte di Cassazione in accoglimento del ricorso proposto da D.G.A., avverso l’ordinanza del Tribunale di Pescara del 22 giugno 2010 con la quale era stata dichiarata improcedibile l’opposizione proposta D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 nei confronti del decreto di liquidazione dei compensi in favore del CTU dott. P.G., cassava la decisione impugnata, ritenendo che a seguito della mancata comparizione delle parti all’udienza in camera di consiglio fissata per la decisione del ricorso, il Tribunale avrebbe dovuto rinviare la causa ad una nuova udienza ai sensi del combinato disposto degli artt. 181 e 309 c.p.c.

All’esito del giudizio di rinvio, il Tribunale di Pescara con ordinanza del 10 luglio 2012 ha rigettato l’opposizione.

Infatti, si deduceva che anche nel giudizio de quo vale il principio dell’onere della prova, e che in ogni caso in sede di opposizione non possono porsi questioni relative alla utilità e validità della consulenza tecnica. Nel caso di specie il ricorrente non aveva allegato nè il provvedimento di liquidazione degli onorari del CTU nè l’istanza di liquidazione dell’ausiliario, mancando quindi agli atti la documentazione necessaria per valutare la correttezza della decisione del giudice che aveva proceduto alla liquidazione.

Inoltre le censure mosse alla CTU erano estranee alla natura del procedimento, in quanto erano riservate alla cognizione del giudice della causa di merito.

Avverso tale provvedimento propone ricorso D.G.A. sulla base di sei motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, degli art. 170, comma 3, della L. n. 794 del 1942, art. 29 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 nonchè dell’art. 2697 c.c. e art. 24 Cost.

Il giudice di merito ha infatti ritenuto preclusa la disamina delle censure mosse al decreto di liquidazione in quanto ha imputato al ricorrente l’omessa produzione del provvedimento impugnato e dell’istanza di liquidazione, avendo evidenziato in premessa che l’onere di fornire la prova delle proprie pretese incombeva sulla parte opponente, come appunto ricavabile dalle norme in tema di procedimento speciale di liquidazione di cui alla L. n. 794 del 1942, artt. 29 e 30.

Si evidenzia piuttosto che la decisione impugnata ha gravemente trascurato il disposto di cui all’art. 170 citato, comma 3 il quale prevede che il giudice dell’opposizione possa chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi la detiene gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.

Ne discende che quindi non poteva compiersi una acritica applicazione del principio dell’onere della prova, ma era piuttosto necessario attivare i poteri officiosi che la norma attribuisce al giudice.

Il motivo è fondato.

Ritiene il Collegio che debba darsi continuità a quanto affermato dalle Sezioni penali di questa Corte, in relazione alla previsione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, comma 3 il cui tenore risulta del tutto identico a quello oggi inserito nel D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15.

Ed, infatti Cass. pen. n. 41263/2007 ha statuito che, in tema di gratuito patrocinio, il giudice dell’opposizione al decreto di liquidazione del compenso al difensore ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione “può” contenuta nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, comma 3 da intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita” (conf. Cass. pen. n. 12205/2004; Cass. pen. n. 47041/2004).

L’assenza di un’analoga previsione nel citato D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 che attualmente disciplina il procedimento) di liquidazione degli onorari degli avvocati, non consente quindi di trarre argomenti a favore della rigida applicazione del principio dell’onere della prova, così come compiuta dal giudice del merito, apparendo invece l’interpretazione offerta circa il potere di richiedere informazioni, atti e documenti al giudice che ha provveduto alla liquidazione, in termini di vero e proprio dovere, in linea anche con quanto autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di esercizio dei poteri istruttori d’ufficio (cfr. Cass. S.U. n. 11353/2004).

La fondatezza delle critiche di cui al motivo in esame, impone pertanto la cassazione in parte qua del provvedimento gravato, e determina altresì l’assorbimento del secondo, del terzo e del quarto motivo di ricorso, con i quali, sebbene con la formulazione di diversi mezzi di critica, il ricorrente mirava comunque a contestare la correttezza della decisione in punto di mancata acquisizione degli atti contenuti nel fascicolo d’ufficio del processo in funzione del quale era stata espletata la CTU.

Il quinto motivo denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 62 c.p.c., delle norme del D.P.R. n. 115 del 2002, delle norme e dei principi in materia di opposizione alla liquidazione del compenso del CTU, nonchè la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.

Si sottopongono a critica le affermazioni del giudice di merito che ha ritenuto che le censure mosse dal ricorrente alla CTU fossero estranee al procedimento, essendo riservate alla valutazione del giudice che ha disposto la CTU, e ciò alla luce del principio per il quale in sede di opposizione non possono porsi questioni relative alla utilità e validità della consulenza tecnica, dovendo il giudice dell’opposizione limitare il controllo alla sola liquidazione, al fine di stabilire se sia avvenuta con criteri adeguati all’entità dell’opera svolta.

Si deduce che però con l’originario atto di opposizione, il D.G. aveva evidenziato i numerosi aspetti critici della CTU che investivano direttamente la stessa utilità e validità dell’elaborato peritale, e che quindi incidevano anche sulla correttezza della liquidazione.

Il sesto motivo, sempre in relazione all’affermazione circa l’estraneità delle censure mosse alla CTU all’ambito del giudizio di opposizione, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 91 disp. att. c.p.c., artt. 194 e 201 c.p.c., del D.P.R. n. 115 del 2002 e delle norme in materia di nullità della consulenza tecnica d’ufficio.

Si osserva che il Tribunale non ha esaminato le censure di nullità sollevate dall’opponente, nullità scaturenti dalle palesi violazioni del diritto di difesa del ricorrente che si era trovato nell’impossibilità di poter presenziare alle operazioni di CTU.

I motivi sono inammissibili per difetto di specificità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, in quanto nell’esposizione dei fatti manca la precisa indicazione delle censure mosse con l’atto di opposizione, la cui conoscenza appare peraltro necessaria onde apprezzare, in relazione proprio alle critiche alla CTU, la loro astratta ammissibilità in sede di giudizio di opposizione ed al fine di poter verificare la fondatezza delle critiche mosse alla conclusione del giudice di merito circa la estraneità delle medesime al novero delle doglianze suscettibili di essere dedotte a sostegno dell’opposizione.

Il provvedimento impugnato, in relazione al motivo accolto e per quanto concerne specificamente le censure mosse al decreto di liquidazione, deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Pescara, in persona di diverso magistrato; che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti il secondo, terzo e quarto motivo, inammissibili il quinto ed il sesto, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Pescara in persona di diverso magistrato che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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