Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4192 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 17/02/2021), n.4192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1105/2020 proposto da:

E.A.Y., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati MIRKO BILLONE, VALENTINA MATTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 5329/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA,

depositato il 07/11/2019 R.G.N. 6667/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Bologna, con provvedimento depositato il 7.11.2019, ha rigettato il ricorso proposto da E.A.Y., cittadino del (OMISSIS), avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria.

2. Il richiedente, in sintesi, aveva dichiarato di essere arrivato in Italia alla fine del 2002, per il ricongiungimento con il fratello e con lo zio, e di essere stato affidato a quest’ultimo; di avere frequentato in Italia le scuole medie e le scuole superiori; di avere iniziato a lavorare e di avere avuto un permesso di soggiorno per motivi di lavoro che gli era stato revocato, nel 2012, perchè il CUD era insufficiente; di essere stato irregolare e di avere inoltrato una nuova richiesta di permesso di soggiorno; di essere stato arrestato per possesso di droga, ingiustamente, e di trovarsi agli arresti domiciliari; di essere titolare di partita iva e di avere un lavoro autonomo nonchè di essere sposato in (OMISSIS).

3. A fondamento della decisione il Tribunale ha rilevato che non erano stati addotti o allegati fattori di persecuzione riconducibili al novero dei motivi persecutori elencati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, nè era stato mai paventato il rischio di subire, in caso di rientro in (OMISSIS), una delle forme di danno grave alla persona tipizzate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per il riconoscimento della protezione sussidiaria; ha sottolineato, inoltre, che in (OMISSIS) non era ravvisabile una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato o internazionale tale da porre in pericolo la incolumità della popolazione civile per il solo fatto di soggiornarvi, nè che erano emersi peculiari profili di vulnerabilità individuale del richiedente (dell’età di trenta anni) che non aveva manifestato problematiche di salute nè specifici indicatori di necessità di protezione, da punto di vista soggettivo o oggettivo.

4. Avverso il provvedimento del Tribunale E.A.Y. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico articolato motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione di legge nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente al permesso di soggiorni per motivi umanitari. In particolare, deduce che nel concetto di vulnerabilità rientrerebbe anche la situazione di svantaggio economico, di insicurezza, di scadimento generale della qualità della via sotto il profilo dell’assicurazione di beni primari come la sicurezza pubblica, l’accesso al mercato del lavoro, al sistema sanitario e ad altre forme di welfare che possano legittimare il riconoscimento del permesso per motivi umanitari. A sostegno di questa tesi richiama, altresì, una L.R. Emilia Romagna (n. 14 del 2014) che definisce la vulnerabilità come una condizione di fragilità determinata anche da condizioni lavorative, sociali e sanitarie.

2. Il motivo non è fondato.

3. Le condizioni economiche non costituiscono ragione valida di protezione umanitaria.

4. Invero, la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità a idonee allegazioni da parte del richiedente.

5. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere” nè quello di impedire, in caso di rientro in Patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale” in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (cfr. Cass. n. 17118 del 2020; Cass. n. 3681 del 2020).

6. Nè è pertinente il richiamo alla legge regionale citata, trattandosi di una disciplina che definisce la vulnerabilità non gìà per finalità di protezione umanitaria o internazionale, ossia non già al fine di fare rientrare tra i casi di motivi umanitari che giustificano la protezione anche la condizione di fragilità economica e lavorativa, bensì per definire il presupposto di prestazioni regionali di assistenza, con uno scopo prettamente sanitario (cfr. Cass. n. 24904 del 2020).

7. Alla stregua di quanto esposto deve essere, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

8. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

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