Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4191 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 17/02/2021), n.4191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1015/2020 proposto da:

A.I., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ELISA SFORZA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE – BOLOGNA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2728/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 02/10/2019 R.G.N. 2028/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza n. 2728 del 2019, ha respinto il gravame proposto da A.I., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato nonchè della protezione sussidiaria ed umanitaria.

2. Il ricorrente, in sintesi, aveva dichiarato di avere lasciato il suo Paese nel marzo del 2016, arrivando in Italia dopo avere attraversato la Libia; di avere avuto problemi con il gruppo di (OMISSIS) che aveva attaccato il suo villaggio, impossessandosi di esso, il 6.2.2015, e sparando a tutti; di temere per il suo ritorno in Niger, di vivere a (OMISSIS) in un “Cas”, di andare a scuola e di lavorare in campagna come bracciante agricolo a tempo determinato.

3. La Corte di appello, a sostegno della propria decisione, ha ritenuto inattendibile il narrato del richiedente, per cui ha escluso la tutela per il riconoscimento dello status di rifugiato e per la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); ha rilevato, poi, la insussistenza delle condizioni di cui all’art. 14, lett. c) del citato decreto perchè la zona di effettiva provenienza del richiedente non era interessata da una situazione di conflitto armato interno o internazionale, comportante una situazione di violenza indiscriminata nell’attualità, in considerazione della non credibilità del racconto e della insussistenza di profili di vulnerabilità soggettiva; ha negato, infine, anche la richiesta di protezione umanitaria.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.I. affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia il travisamento di prova da parte della Corte territoriale, in particolare del contenuto delle dichiarazioni rese dal ricorrente su due punti decisivi e rilevanti, ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, così giungendo ad una erronea valutazione di non credibilità del narrato.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ovvero l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione: in particolare, l’omesso esame della attuale situazione sociopolitica e di sicurezza del Paese di provenienza attraverso informazioni attuali e precise riguardanti il Niger.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nel testo vigente al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale, per avere omesso la Corte di appello di valutare, in punto di riconoscimento della protezione umanitaria, le condizioni del Paese di origine, richiamando circostanze estranee alla valutazione sulle condizioni sociali, economiche e politiche di quest’ultimo.

5. Il primo motivo è fondato.

6. La valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera ed immotivata opinione del giudice, essendo piuttosto il risultato complesso di una procedimentalizzazione della decisione, da compiersi alla strega dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” senza dar rilievo esclusivo e determinate a mere discordanze o contraddizioni in aspetti secondari o isolati del racconto; detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. n. 14674 del 2020; Cass. n. 9811 del 2020).

7. Nella fattispecie, la Corte territoriale non si è attenuta a tali principi, fondando il proprio accertamento su un esame sommario ed incompleto delle dichiarazioni del richiedente e, soprattutto, non seguendo correttamente l’iter di valutazione della credibilità, che richiede, senza omettere alcun passaggio, di considerare lo sforzo del richiedente teso a circostanziare la domanda, gli elementi in suo possesso, la coerenza e la plausibilità delle dichiarazioni e la data di presentazione della domanda (Cass. n. 11925 del 2020; Cass. n. 21142 del 2019).

8. Anche il secondo motivo è fondato.

9. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).

10. Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa” (cfr. Cass. n. 15959 del 2020).

11. E’, quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento.

12. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8, non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso).

13. In modo estremamente sintetico, può quindi affermarsi che il giudice deve indicare, in modo specifico e dettagliato, fonti che abbiano un certo grado di credibilità e che facciano riferimento ad una situazione sociopolitica aggiornata del Paese di origine del richiedente.

14. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

15. Nella fattispecie, la Corte territoriale non ha richiamato, per escludere ogni ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e per ritenere che la condizione attuale della zona di provenienza del Niger, Paese di origine del richiedente, non fosse interessata da una situazione di conflitto armato interno o internazionale, comportante una situazione di violenza indiscriminata nell’attualità, alcuna fonte.

16. Nell’assolvere all’onere imposto dalla legge i giudici di seconde cure erano, però, tenuti a spiegare in base a quali specifiche fonti avessero ritenuto inesistente il rischio di subire gravi danni, paventati dal ricorrente, onde dare conto della puntualità e attualità della propria verifica e fare così in modo che la motivazione assumesse carattere effettivo (cfr. per tutte Cass. n. 8819 del 2020 e la giurisprudenza ivi citata).

17. La trattazione del terzo motivo, attesa la fondatezza dei primi due, resta, conseguentemente, assorbita.

18. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati in tema di valutazione dei criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, di valutazione del rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e, in via subordinata, per una eventuale rivalutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

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