Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4191 del 16/02/2017
Cassazione civile, sez. II, 16/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.16/02/2017), n. 4191
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. ORILIIO Lorenzo – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8636-2012 proposto da:
VILCOR MULTIMEDIA S.r.l., c.f. (OMISSIS), in persona
dell’Amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo
studio dell’avvocato RICCARDO BOLOGNESI, che la rappresenta e
difende;
– ricorrenti –
contro
YOUTUBE LLC, con sede in (OMISSIS) in persona del legale
rappresentante pro tempore, e GOOGLE Inc., con sede in 1600
Amphitheatre Parkway, Mountain View, California (U.S.A.) in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli
avvocati LUIGI MANSANI, FULVIO VINCENZO MELLUCCI;
– controricorrenti –
e contro
G.M., FABBRICA DIGITALE S.r.l. in persona del legale
rappresentante pro tempore, RETI TELEVISIVE ITALIANE SPA in persona
del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 26/09/2011,
procedimento R.G. n. 9121/2010 e Rep. 2105/11;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;
udito l’Avvocato RICCARDO BOLOGNESI, difensore della ricorrente, che
ha depositato un avviso di ricevimento ed ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
uditi gli Avvocati FULVIO VINCENZO MELLUCCI e, per delega orale
dell’Avvocato LUIGI MANSANI, GIOVANNI GALIMBERTI, difensori delle
controricorrenti, che si sono riportati agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento e per
l’assorbimento degli altri motivi del ricorso e per l’annullamento
con rinvio.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. – Il Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione proposta dalle società Yuotube e Google, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 avverso il decreto di liquidazione dei compensi dovuti al C.T.U. e agli ausiliari del giudice nominati nell’ambito della causa civile promossa dalla società R.T.I. s.p.a. nei confronti delle opponenti. Il Tribunale, nell’accogliere l’opposizione – per quanto in questa sede ancora rileva – ha rideterminato, diminuendolo, il compenso liquidato alla società Vilcor Multimedia s.r.l. incaricata di prestare ausilio al C.T.U. nel dare esecuzione all’ordinanza cautelare con la quale era stato disposto di rimuovere dai server delle società Yuotube e Google le immagini del programma “(OMISSIS)”.
2. – Avverso l’ordinanza del Tribunale, la società Vilcor Multimedia s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Resistono con controricorso le società Yuotube e Google.
Le altre parti, ritualmente intimate, non hanno svolto attività difensiva.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice dell’opposizione liquidato il compenso spettante alla Vilcor s.r.l. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 56, comma 3 (qualificando il compenso come spesa relativa ad ausiliario del C.T.U.) e non invece ai sensi dell’art. 56, comma 2 cit. D.P.R. (quale spesa sostenuta dal C.T.U. per esperire il mandato), applicando così i compensi previsti dalla tabella allegata al detto decreto, anzichè liquidando la spesa secondo le regole del libero mercato e il preventivo predisposto dalla Vilcor.
La censura non è fondata.
Va premesso che il C.T.U. ing. G. è stato incaricato di dare esecuzione all’ordinanza cautelare con la quale era stato disposto di rimuovere dai server delle società Yuotube e Google le immagini del programma “(OMISSIS)”.
Per compiere tale attività il C.T.U. ha chiesto l’ausilio della Società Vilcor Multimedia s.p.a., ausilio espressamente autorizzato dal giudice procedente.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, in tema di liquidazione dei compensi e delle spese ai consulenti tecnici d’ufficio, il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 49 e 56 che ha abrogato della L. 8 luglio 1980, n. 319, l’art. 7 hanno mantenuto la distinzione tra “le spese sostenute dal consulente tecnico per l’adempimento dell’incarico”, il cui rimborso è subordinato alla loro documentazione e necessità, ed è rimesso, quanto alla determinazione, al libero mercato, e “le spese per le attività strumentali svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente sia stato autorizzato ad avvalersi”, in ordine alle quali trovano applicazione le medesime tabelle con cui deve essere determinata la misura degli onorari dei consulenti tecnici, anche in virtù della natura di munus publicum che caratterizza l’incarico assegnato al consulente, del quale l’ausiliario non può ignorare l’esistenza e che, inevitabilmente, si riflette anche sul rapporto tra l’ausiliario e il consulente (Sez. 2, n. 15535 del 11/06/2008).
Nel caso di specie, l’attività espletata dalla Vilcor non può essere qualificata come spesa sostenuta dal C.T.U. per l’espletamento dell’incarico, ma costituisce spesa per le attività strumentali svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente è stato autorizzato ad avvalersi: ciò in quanto trattasi di attività direttamente svolta dalla Vilcor, sia pure sotto la vigilanza e responsabilità del C.T.U., avente ad oggetto un’attività di non mera materiale esecuzione, ma implicante accertamenti, acquisizione di dati, attività di indagine e di analisi dell’impianto informatico delle società convenute (cfr. p. 3 dell’ordinanza impugnata).
Il carattere non meramente esecutivo dell’attività svolta dalla Vilcor esclude che essa possa essere considerata spesa liquidabile secondo fattura, trattandosi invece di prestazione professionale – che ha natura di munus pubblico, in quanto dipendente da incarico del giudice (ciò che rende inconducente la pretesa della ricorrente di qualificare l’attività svolta in senso privatistico, inquadrandola nel contratto di appalto) – per la quale le spettanze vanno liquidate, per espresso disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 56, comma 3 ai sensi dell’art. 50 stesso decreto.
Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione di legge.
2. – Col secondo motivo, si deduce poi la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il Tribunale omesso di moltiplicare per sei il compenso liquidato, avendo la Vilcor impiegato sei operatori nello svolgimento delle operazioni peritali.
Anche questo motivo non può trovare accoglimento.
Innanzitutto, la censura risulta inammissibile nella misura in cui sottintende un accertamento in fatto, circa il numero di dipendenti impiegati per lo svolgimento delle operazioni peritali; numero che non risulta essere stato in alcun modo oggetto di accertamento (anzi, a p. 5 dell’ordinanza impugnata, il giudice rileva la carenza della documentazione prodotta dalla Vilcor, anche con riferimento ai “salari” erogati).
In ogni caso, poi, la doglianza è infondata, essendo stato l’incarico conferito alla società nel suo complesso, e non ai suoi dipendenti.
3. – Col terzo motivo, si deduce infine la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il Tribunale omesso di fare applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 53 a tenore del quale, quando l’incarico è collegiale, il compenso liquidato per il singolo deve essere aumentato del quaranta per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio.
Anche questa doglianza è infondata. Il giudice, infatti, non ha conferito alcun incarico collegiale, ma si è limitato ad autorizzare il C.T.U. ad avvalersi dell’ausilio di un unico soggetto, la Vilcor Multimedia s.r.l.
4. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 7.200,00 (settemiladuecento) (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017