Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4190 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 19/02/2020, (ud. 02/07/2019, dep. 19/02/2020), n.4190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4220-2015 proposto da:

BANCA MEDIOLANUM S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 116,

presso lo studio dell’avvocato FULVIO NERI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPENNINI

60, presso lo studio dell’avvocato CARMINE DI ZENZO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO LUPINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 790/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 02/10/2014 r.g.n. 271/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto;

udito l’Avvocato NERI FULVIO;

udito l’Avvocato CARMINE DI ZENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 790/2014, depositata il 2 ottobre 2014, la Corte di appello di L’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Teramo, ha dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 1341 c.c., in quanto non specificamente approvata per iscritto, la clausola contenuta nel terzo paragrafo della lettera in data 4 luglio 2002, lettera con cui Banca Mediolanum S.p.A. aveva comunicato a S.P., già promotore finanziario della Banca fino al 17 novembre 2010, la propria rinuncia al patto di non concorrenza previsto dall’art. 8, lett. E), del contratto di agenzia per il periodo di due anni dalla cessazione del rapporto.

2. La Corte ha rilevato a sostegno della propria decisione come la clausola, subordinando il riconoscimento del compenso portafoglio clienti al mancato svolgimento, nemmeno nel biennio successivo alla cessazione del rapporto, delle attività indicate allo stesso art. 8, lett. d, per le quali il divieto di concorrenza era stato stabilito in pendenza e sino al termine del rapporto di agenzia, avesse sicuro carattere vessatorio, comportando per l’agente, liberato dal rispetto del patto di non concorrenza post-contrattuale, l’obbligo di astenersi comunque per un biennio dalle attività concorrenziali, dopo la cessazione del rapporto di agenzia, al fine di poter reclamare il compenso aggiuntivo e senza neppure poter pretendere l’originario corrispettivo, pur contrattualmente previsto; in sostanza chiariva la Corte territoriale – la clausola si poneva in palese contrasto con il recesso dal patto di non concorrenza post-contrattuale, oltre che con gli obblighi di buona fede vigenti fra le parti, avendo introdotto, come condizione per il pagamento di un compenso già compiutamente previsto e regolato dal contratto, il rispetto di un’obbligazione non più esistente, perchè oggetto di rinuncia da parte della banca stessa in ragione dell’esercizio del diritto unilaterale di recesso.

3. La Corte ha rilevato poi come la clausola fosse stata predisposta su di un modulo della Banca e, prima della (unica) firma apposta sulla lettera del 4 luglio 2002 “per presa visione e accettazione”, non fosse stata preceduta da una specifica ed effettiva trattativa, secondo quanto era emerso dai messaggi informatici che ne avevano preceduto l’invio.

4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Banca Mediolanum S.p.A., con tre motivi, cui ha resistito il S. con controricorso.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c., comma 2, art. 1342 c.c., comma 2 e 1362 c.c. e segg., nonchè il difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in violazione dell’art. 112 c.p.c. e il difetto di prova in violazione dell’art. 115 c.p.c., Banca Mediolanum censura la sentenza impugnata per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto che il terzo paragrafo della lettera 4 luglio 2002 configurasse un “patto aggiunto” di carattere vessatorio, avendo modificato in termini peggiorativi – mediante un modulo predisposto dalla preponente – il contenuto del contratto di agenzia stipulato nel 2001 e, in particolare, quella parte della originaria regolamentazione che aveva definito i presupposti e le condizioni per il riconoscimento dei “benefici aggiuntivi” a favore dell’agente.

2. Con il secondo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., nonchè difetto di prova in violazione dell’art. 115 c.p.c. e vizio di motivazione, la ricorrente si duole che la Corte avesse omesso di considerare che il S. era privo dei requisiti stabiliti dal contratto del 2001 per poter avere accesso ai “benefici aggiuntivi”, di conseguenza ed erroneamente accertando il diritto del medesimo alla loro liquidazione.

3. Con il terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1419 c.c. e vizio di motivazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte ritenuto la nullità della sola clausola, di cui al terzo paragrafo, mentre la nullità della stessa avrebbe dovuto determinare la nullità e l’inefficacia dell’intero accordo del 4 luglio 2002.

4. Deve essere accolto il primo motivo di ricorso.

5. Come già rilevato da questa Corte in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente (sent. n. 5623/2019), con riferimento alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c., la Corte di merito non ha considerato che le clausole onerose subordinate alla specifica approvazione per iscritto sono solo quelle che vengono inserite in contratti con condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti, ovvero conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari; e che, secondo la giurisprudenza di legittimità consolidatasi in materia, possono qualificarsi come contratti “per adesione” esclusivamente le strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (vale a dire se predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie): cfr. Sez. U n. 3989/1977; n. 4847/1986; n. 8407/1996; n. 2294/2001; n. 12153/2006; n. 7607/2015, fra le molte conformi).

6. Non possono, invece, ritenersi “per adesione” i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento a singole e specifiche vicende negoziali e a cui l’altro contraente possa, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto.

7. Il caso concreto si sottrae, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, all’ambito di applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c. “già solo per il fatto” (pacifico in entrambe le controversie) “che il regolamento negoziale di cui si discute fosse riferibile ad una platea limitata e ben definita di soggetti, vale a dire i soli promotori finanziari della banca che avevano sottoscritto un contratto di agenzia nel 2001, ed inoltre per il fatto di non essere predisposto a mezzo di moduli e formulari” (cfr. sent. n. 5623/2019, par. 9, alla cui ulteriore motivazione si rinvia).

8. Il secondo e il terzo motivo di ricorso risultano inammissibili.

9. Quanto al secondo, si osserva che con esso viene posta una questione non affrontata nella sentenza di appello, senza che da parte della ricorrente sia stata data dimostrazione della sua deduzione nel relativo grado di giudizio, e, pertanto, da ritenersi nuova nella presente sede di legittimità.

10. Come più volte affermato, “i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio” (Cass. n. 907/2018, fra le più recenti).

11. Quanto al terzo, si osserva come anch’esso ponga una questione nuova e, in ogni caso, si riveli eccentrico rispetto alla ragione decisoria della sentenza impugnata, la quale è tutta ed esclusivamente incentrata sulla questione dell’applicabilità degli artt. 1341 e 1342 c.c. al caso concreto.

12. In conclusione, l’impugnata sentenza n. 790/2014 della Corte di appello di L’Aquila deve essere cassata in accoglimento del primo motivo e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della fattispecie in aderenza ai principi richiamati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2019, a seguito di riconvocazione della camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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