Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4190 del 09/02/2022
Cassazione civile sez. III, 09/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 09/02/2022), n.4190
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36453/2019 proposto da:
A.L., domiciliato ex lege in Roma, presso la Cancelleria
della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato
Andrea Maestri;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale;
– intimata –
e contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi 12 presso
l’Avvocatura Generale dello Stato da cui è difeso per legge;
– resistente con atto di costituzione –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il
24/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
08/11/2021 da Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.
Fatto
RILEVATO
che:
1. A.L., cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).
fondamento dell’istanza dedusse di aver intrattenuto una relazione con una ragazza la quale, rimasta incinta, decise di lasciare il paese in quanto suo padre era contrario alla loro relazione ed alla gravidanza. La donna morì durante il viaggio. Dedusse pertanto di temere, in caso di rientro, di essere ucciso dal padre della ragazza.
La Commissione territoriale rigettò l’istanza.
2. Avverso tale provvedimento A.L. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Bologna, che, con Decreto n. 5098/2019 del 24 ottobre 2019, rigettò il reclamo.
Il Tribunale ha ritenuto:
a) non attendibile il racconto del richiedente asilo in quanto generico e contraddittorio, non essendo stato in grado il richiedente neppure di chiarire e collocare coerentemente nel tempo quando ebbe inizio la relazione con la ragazza e quando quest’ultima sia rimasta incinta;
b) infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in mancanza di motivi di persecuzione.
c) infondata la domanda di protezione sussidiaria non essendo stati addotti elementi idonei ad integrare le fattispecie contemplate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), anche alla luce del fatto che, provenendo il timore paventato da un privato, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di aver richiesto la protezione del proprio Stato e che gli enti preposti non avevano voluto o potuto proteggerlo adeguatamente.
Altrettanto infondata la domanda ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in mancanza di un conflitto armato generalizzato o comunque di indici di pericolosità riferibili al paese d’origine del richiedente asilo;
d) infondata la domanda di protezione umanitaria, non essendo ravvisabile alcuna condizione seria e grave di vulnerabilità.
3. Il decreto è stato impugnato per cassazione da A.L. con ricorso fondato su due motivi.
Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.
Diritto
CONSIDERATO
che:
4. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9, per essersi i Tribunale di Bologna completamente sottratto al proprio obbligo di cooperazione istruttoria officiosa.
4.2 Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si duole del fatto che il Tribunale di Bologna avrebbe escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari esclusivamente sulla base delle medesime considerazioni svolte per le forme di protezione maggiore senza svolgere un’autonoma valutazione e senza considerare il percorso di integrazione intrapreso dal ricorrente all’interno del territorio italiano e le condizioni di povertà del paese d’origine.
5. Il ricorso è inammissibile per difetto di valida procura alle liti.
Al riguardo, si osserva che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 15177/2021, hanno affermato, componendo il contrasto creatosi fra le sezioni semplici, che: “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13 – nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” – ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. La procura speciale per il ricorso per cassazione, per le materie regolate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13 e dalle disposizioni di legge che ad esso rimandano, deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente””.
5.1. La questione di legittimità costituzionale del citato art. 35-bis, comma 13 – sollevata, successivamente a detta sentenza, da questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 17970/2021, denunciandone il contrasto con gli artt. 3,10,24,111 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 28 e art. 46, p. 11, della direttiva 2013/32/UE (Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale), nonché all’art. 18, art. 19, p. 2 e art. 47, della Carta dei diritti UE e agli artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU, nella parte in cui prevede che la mancanza della certificazione della data di rilascio della procura da parte del difensore, limitatamente ai procedimenti di protezione internazionale, determini la inammissibilità del ricorso – è stata decisa dalla Corte costituzionale nella Camera di consiglio del 2 dicembre 2021 nel senso della non fondatezza (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 13/2022).
5.2. Nel caso di specie, la procura speciale rilasciata per il ricorso per cassazione non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento di essa sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato, recando unicamente l’autenticazione della firma del richiedente asilo che non è idonea, secondo la pronuncia delle Sezioni Unite sopra richiamata, ad attestare anche che la data del conferimento del mandato è successiva alla comunicazione del decreto da impugnare.
6. Non occorre provvedere sulla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato Ministero. Il pagamento del doppio contributo, se dovuto, va posto a carico del ricorrente, in applicazione del principio – enunciato dalla citata sentenza n. 15177/2021 delle Sezioni Unite – per cui “il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 8 novembre 2021, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022