Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4188 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. I, 21/02/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 21/02/2011), n.4188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22192-2008 proposto da:

C.L.L. (c.f. (OMISSIS)), S.

S. (C.F. (OMISSIS)), S.C.U. (C.F.

(OMISSIS)), nella qualità di eredi di S.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, V. GIULIA DI COLLOREDO 46-48,

presso l’avvocato DE PAOLA GABRIELE, che li rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositato il

23/04/2008, n. 204/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. DI PALMA Salvatore;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato DE PAOLA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che C.L.L., S.S. e S.C.U. – quali eredi di S.G. – con ricorso del 7 agosto 2008, hanno impugnato per cassazione – deducendo un unico articolato motivo di censura, illustrato con memoria -, nei confronti del Ministro dell’economia e della finanze, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 23 aprile 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso di S.G. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 – in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale ha concluso per l’inammissibilità o per l’infondatezza del ricorso -, ha respinto la domanda;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 17.166,66 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 2 marzo 2007, era fondata sui seguenti fatti: a) S.G., già sottufficiale delle Forze armate ed asseritamente titolare del diritto alla corresponsione dell’indennità di ausiliaria in relazione agli aumenti stipendiali percepiti dal personale in servizio, aveva proposto – con ricorso del 28 gennaio 1997 – la relativa domanda dinanzi alla sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti; b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 23 agosto 2005;

che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato, ha respinto la domanda per la palese infondatezza della pretesa azionata nel giudizio presupposto in forza della consolidata giurisprudenza di settore, con conseguente esclusione di patema d’animo per la durata del giudizio, dell’esito scontato del quale la ricorrente non poteva non essere consapevole.

Considerato che con il motivo di censura viene denunciata come illegittima l’omessa considerazione che l’indennizzo per l’irragionevole durata del processo, pur non essendo conseguenza automatica e necessaria di tale violazione, costituisce conseguenza normale della stessa violazione, indipendentemente dall’esito del giudizio presupposto, salvo che questo sia stato promosso temerariamente o nei casi di abuso del processo – che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata dello stesso processo i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni in esso coinvolte, ciò ad eccezione dei casi in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza, nei quali casi l’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve essere provata puntualmente dall’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della, parte – come nella specie – sia stata dichiarata manifestamente infondata (cfr., ex plurimis e tra le ultime, le sentenze nn. 9938 del 2010, 25595 del 2008, 21088 del 2005);

che, nella specie, i Giudici a quibus hanno sostanzialmente – ed erroneamente – fondato la ratio decidendi sull’esito del giudizio presupposto, senza accertare la sussistenza dei presupposti della fattispecie di abuso del processo sulla base delle prove eventualmente dedotte dal Ministro resistente;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che, nella specie, il processo presupposto dinanzi alla sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti è durato complessivamente dal 28 gennaio 1997 al 23 agosto 2005, sicchè – detratto il periodo di tre anni di ragionevole durata dello stesso processo – l’irragionevole durata del processo presupposto medesimo va determinata in cinque anni e sette mesi circa;

che questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, nella specie, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va equitativamente determinato in Euro 4.850,00 per i cinque anni e sette mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo, da corrispondere a tutti i ricorrenti jure hereditatis e pro quota;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 1.310,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 540,00 (Euro 380,00 + Euro 160,00 per gli altri due ricorrenti) per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Gabriele e Francesco De Paola, dichiaratisene antistatari;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento ai ricorrenti – pro quota – della somma di Euro 4.850,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.310,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 540,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Gabriele e Francesco De Paola, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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