Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4187 del 21/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 4187 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: BENINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 14808-2006 proposto da:
ANAS S.P.A., già ANAS Ente Nazionale per le Strade,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 21/02/2014

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –

2013

contro

2036

BONATTI

S.P.A.,

rappresentante

in
pro

persona
tempore,

del

legale

elettivamente

1

domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2,
presso l’avvocato CLARIZIA ANGELO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PICCIOLI MARIO GUIDO, giusta procura in calce al
controricorso;

contro

SQUADRELLI ROMOLO, SQUADRELLI OTTAVIA;

intimati

sul ricorso 18954-2006 proposto da:
SQUADRELLI

ROMOLO

(C.F.

SQDRLN47C14L732G),

SQUADRELLI

OTTAVIA

(C.F.

SQDTTV42E59F205C),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PANAMA 58,
presso l’avvocato MOLINO CLAUDIA, rappresentati e
difesi dall’avvocato CECCHI ALESSANDRO, giusta
procura a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
– contrari correnti e ricorrenti incidentali contro

BONATTI

S.P.A.,

in

persona

del

– controri corrente –

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2,
presso l’avvocato CLARIZIA ANGELO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PICCIOLI MARIO GUIDO, giusta procura in calce al

2

controricorso al ricorso incidentale;
ANAS S.P.A., già ANAS Ente Nazionale per le Strade,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

– controricorrentí al ricorso incidentali-

avverso la sentenza n. 570/2005 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/03/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/12/2013 dal Consigliere
Dott. STEFANO BENINI;
udito, per la controricorrente BONATTI, l’Avvocato
N. PAOLETTI, con delega, che si riporta ai motivi;
udito, per i controricorrenti e ricorrenti
incidentali SQUADRELLI, l’Avvocato A. CECCHI che si
riporta ai motivi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento dei motivi terzo e quinto del
ricorso principale, inammissibilità del motivo
primo, infondati i motivi secondo, quarto, sesto,
settimo e ottavo; ricorso incidentale assorbito nei

\

rappresenta e difende ope legis;

motivi B1, B2 e C2, assorbiti gli altri,
inammissibilità Cl, accoglimento C3.

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.Con atto di citazione notificato il

13.1.1997

Squadrelli Romolo e Squadrelli Ottavia convenivano in
giudizio davanti al Tribunale di Pisa l’Ente nazionale
strade s.p.a. (già Anas) e la Bonatti s.p.a. per

sentirle condannare al pagamento dell’indennità per il
periodo di occupazione legittima, ed al risarcimento del
danno per l’occupazione illegittima di aree e manufatti
di loro proprietà, posti in via dell’Omodarme, loc. S.
Marco, in Comune di Pisa, utilizzati per la
realizzazione del tredicesimo lotto della Strada di
grande comunicazione Firenze-Pisa-Livorno e del suo
collegamento con la Strada statale Aurelia.
Si costituivano in giudizio le convenute, contestando il
fondamento della domanda, di cui chiedevano il rigetto.
2. Avverso la sentenza di primo grado, del 2002, che
disattendendo l’eccezione di prescrizione per essere il
termine stato interrotto da una precedente azione
giudiziaria del 1990 per la determinazione
dell’indennità di esproprio, condannava l’Ente nazionale
strade e la Bonatti, in solido, al risarcimento dei
danni, pari ad euro 229.306,86 e al pagamento
dell’indennità di occupazione pari a euro 37.784,50,
proponevano appello Squadrelli Romolo e Squadrelli
Ottavia, e in via incidentale l’Ente nazionale strade e
la Bonatti.

4

3. Con sentenza depositata il 2.3.2005, la Corte
d’appello di Firenze, allineandosi alla giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo, e
qualificando come fatto illecito, generante il diritto
del proprietario alla restituzione, l’irreversibile

trasformazione del fondo occupato, indipendentemente
dalla distinzione operata dalla giurisprudenza di
legittimità, tra occupazione appropriativa ed
occupazione usurpativa, riteneva il carattere permanente
dell’illecito, l’obbligazione risarcitoria alternativa
alla restituzione, e la legittimazione passiva del solo
Ente nazionale strade: per l’effetto condannava l’Ente
all’integrale risarcimento del danno, pari
all’equivalente monetario, rivalutato all’attualità, dei
terreni illegittimamente appresi secondo la valutazione
di mercato condotta con il metodo sintetico-comparativo,
al valore degli edifici insistenti sulle superfici
ablate, al deprezzamento dei fabbricati rimasti in
proprietà Squadrelli, per un importo complessivo di euro
859.936,19. Liquidava altresì l’indennità per
l’occupazione legittima, pari a euro 9.787,94, ed il
risarcimento per il mancato godimento di aree e
fabbricati, dalla scadenza dell’occupazione legittima,
all’attualità, per un ammontare di ulteriori euro
219.775,88, con interessi sulla somma via via
rivalutata.

5

4. Ricorre per cassazione l’Anas s.p.a., già Anas Ente
nazionale strade, affidandosi a otto motivi, al cui
accoglimento si oppongono con controricorso la Bonatti
s.p.a. e gli Squadrelli Romolo e Ottavia, i quali a loro
volta propongono ricorso incidentale fondato su sei

motivi (di cui tre condizionati), cui resistono con
controricorso Anas e Bonatti.
Squadrelli Romolo e Ottavia e la Monatti s.p.a. hanno
depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

Deve preliminarmente disporsi la riunione dei

procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., avendo essi
ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
2. Con il primo motivo di ricorso, l’Anas, con il
ministero

dell’Avvocatura

generale

dello

Stato,

denunciando violazione e falsa applicazione dell’art.
112 c.p.c., ed omessa motivazione su punto decisivo,
censura

la

sentenza

impugnata per non essersi

minimamente pronunciata sulle eccezioni di nullità
dell’atto di appello degli Squadrelli Romolo e Ottavia,
per assoluta genericità.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Anas, denunciando
violazione e falsa applicazione degli artt. 834, 934,
2043, 2933, 2934, 2935, 2038 primo comma, c.c., e dei
principi in tema di occupazione acquisitiva
accessione invertita),

(o

ed omessa o insufficiente

motivazione su punto decisivo, si duole che la sentenza
6

impugnata, ricostruendo la fattispecie in termini del
tutto dissonanti dalla giurisprudenza di legittimità, ha
respinto l’eccezione di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno fatto valere dai proprietari.
Evocando le pronunce emessa dalle Sezioni unite della
excursus

Corte di cassazione, e tracciando un ampio

della normativa, degli interventi della Corte
costituzionale, e dell’evoluzione giurisprudenziale, la
ricorrente muove dalla proposizione per cui l’istituto
dell’occupazione appropriativa, siccome presidiata da
una valida dichiarazione di pubblica utilità, è ormai
basato su regole sufficientemente chiare, precise e
prevedibili, ed è ravvisabile, attraverso il
riconoscimento di un risarcimento ragionevole al
privato, conseguibile nel quadro di una tutela effettiva
in sede giudiziaria, un giusto equilibrio tra la
garanzia del diritto di proprietà privata prevista dalla
normativa interna e dalla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo, e gli interessi generali della
collettività. Da ciò l’Avvocatura erariale inferisce la
non restituibilità del suolo trasformato, ostandovi
esigenze collegate all’economia nazionale, in
particolare nella fattispecie, ove è stata realizzata
una strada di grande comunicazione, e conseguentemente
la prescrittibilità dell’azione risarcitoria, a
differenza dall’occupazione usurpativa, in cui fa
difetto il presupposto fondamentale della procedura
7

espropriativa, la dichiarazione di pubblica utilità.
Nella specie non è contestato che la dichiarazione vi
sia stata. Dal che segue l’erroneità della pronuncia
nella parte in cui ha ritenuto la permanenza
dell’illecito, e il mancato decorso della prescrizione

Con il terzo motivo la ricorrente,

dal momento in cui l’opera è stata realizzata.
denunciando

violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., e
dei principi in tema di occupazione acquisitiva (o
accessione invertita), ed omessa o insufficiente
motivazione su punto decisivo, si duole che la sentenza
impugnata, coerente con la premessa dell’obbligo
esclusivamente

restitutorio

dell’obbligazione

illegittima (che quindi graverebbe sull’ente
espropriante) abbia ritenuto la sola Anas legittimata
passiva nell’azione risarcitoria: la Bonatti s.p.a.,
ente appaltatore, non aveva i soli compiti di
coordinamento dell’attività materiale e amministrativa,
ma per contratto doveva occuparsi, quale delegata
dell’Anas, dell’espletamento delle procedure ablatorie
strumentali alla realizzazione dell’opera, rimanendo da
accertare, allora, se all’Anas competessero poteri di
impulso e controllo in mancanza del cui esercizio la
procedura avrebbe potuto esser ritualmente completata.
Sotto altro profilo, e a contraddire la proposizione
della sentenza secondo cui la Bonatti s.p.a. avrebbe
assolto in modo tempestivo e puntuale ai propri
8

obblighi,

risulta documentalmente che il mancato

completamento della procedura ablatoria era dipeso solo
dai ritardi accumulati dall’impresa, tanto che
Quadrelli si erano visti offrire l’indennità provvisoria
a distanza di 6-8 anni dall’inizio dell’occupazione. Non

si vede peraltro come l’indennità per l’occupazione
legittima, che la Corte fiorentina ha riconosciuto ai
proprietari

(e

che

l’Anas

dovrebbe

rimborsare

all’appaltatore in caso di rituale compimento della
procedura),

debba

gravare

sull’Anas

e

non

sull’appaltatore, cui era stato affidato il compito di
provvedere

alla

realizzazione

dei

lavori

e

all’espletamento delle procedure ablatorie.
Con il quarto motivo la ricorrente, denunciando
violazione e falsa applicazione dell’art.

5 bis

d.l.

11.7.1992 n. 333, conv. in 1. 8.8.1992 n. 359,
insufficiente e contraddittoria motivazione su punto
decisivo, qualora non vengano accolti i su indicati
motivi, censura la liquidazione del danno operata dalla
sentenza di appello, in relazione al valore di mercato
dei suoli occupati, ricavato da un atto di compravendita
di terreni limitrofi: lo strumento urbanistico escludeva
qualsiasi possibilità di sfruttamento edilizio per i
terreni di proprietà Quadrelli, in parte a vocazione
agricola, in parte destinati a viabilità, sicché il
criterio da applicare è pur sempre quello del valore
agricolo medio, sopravvissuto alle dichiarazioni di
9

incostituzionalità,
edificabili.

concernenti

solo

i

suoli

Quand’anche si dovesse applicare il

criterio del valore venale, come ritenuto dalla Corte
d’appello, esso andrebbe riferito alle possibilità di
sfruttamento alternative a quella edificatoria: è

illegittima la commisurazione del valore a quello dei
suoli vicini (criterio contestato dall’Avvocatura già
dall’impugnazione della sentenza di primo grado), che
essendo utilizzabili per l’ampliamento dell’aeroporto,
furono acquisiti dalla società aeroportuale, tanto più
che altri suoli, sempre vicini al compendio Squadrelli,
furono ceduti per una somma di gran lunga minore.
Con il quinto motivo di ricorso, l’Anas, denunciando
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ed
omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo,
censura la sentenza impugnata per non essersi
minimamente pronunciata sulle eccezioni di nullità
dell’atto di appello degli Squadrelli Romolo e Ottavia,
in punto di

an debeatur

del risarcimento per

deprezzamento della proprietà residua, che era stato
negato

dal

localizzazione

Tribunale,
dell’opera

siccome
pubblica

scaturente

dalla

anziché

dalla

procedura ablatoria.
Con il sesto motivo di ricorso, l’Anas, denunciando
violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.,
insufficiente e contraddittoria motivazione su punto
decisivo, censura la sentenza impugnata per aver
10

liquidato il danno per l’occupazione illegittima in
coerenza della ricostruzione dell’occupazione
appropriativa quale illecito permanente, che cesserebbe
solo con la restituzione del bene o con l’alternativo
risarcimento. Diversamente, si tratta di illecito

istantaneo, che si perfeziona al momento in cui scade il
termine dell’occupazione legittima, all’interno del
quale l’opera pubblica sia stata compiuta. Nella specie
i lavori sono stati compiuti il 25.9.1987, ovvero entro
il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica
utilità del 1982, e pur scadendo nel 1984 il termine
entro cui i lavori dovevano essere ultimati, questo fu
prorogato in ragione dell’approvazione della perizia di
variante tecnica e suppletiva, tanto che nel giugno 1984
e nel marzo 1985 venne prorogata l’occupazione degli
appezzamenti già occupati dal 1982 e dal 1983, nonché
autorizzata quella degli ulteriori appezzamenti non
ancora occupati. In conclusione è erronea l’affermazione
della sentenza, secondo cui dal luglio 1984
l’occupazione sarebbe stata illegittima.
Con il settimo motivo di ricorso, l’Anas, denunciando
violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1223,
1226, 1227 c.c., censura la sentenza impugnata per aver
liquidato la rivalutazione monetaria in aggiunta agli
interessi, posto che la predeterminazione dei criteri di
liquidazione del risarcimento, ne equipara

11

l’obbligazione a quella indennitaria, costituente debito
di valuta.
Con l’ottavo motivo di ricorso, l’Anas, denunciando
violazione e falsa applicazione dell’art. 20 1.
22.10.1971 n. 865, insufficiente motivazione su punto

decisivo, censura la sentenza impugnata per aver
determinato l’indennità di occupazione legittima per
tutti gli appezzamenti, non solo per quelli occupati
fino al luglio 1984, ma anche per quelli occupati
successivamente, nel 1985, e inoltre per aver calcolato
l’indennità sul parametro dell’indennità di esproprio
virtuale all’ultimo anno di occupazione, anziché su
quella anno per anno virtualmente dovuta.
3. I proprietari Squadrelli Romolo e Squadrelli Ottavia,
svolgono ricorso incidentale condizionato, per l’ipotesi
che venga accolto il secondo motivo di ricorso
principale, denunciando la sentenza d’appello, con il
primo motivo, per violazione dell’art. 13 1. 25.6.1865
n. 2359 e per omessa motivazione su un punto decisivo,
giacché la Corte fiorentina ha qualificato la
fattispecie come occupazione appropriativa (pur
considerata illecito permanente), mentre, correttamente,
il Tribunale di Pisa, escludendo l’esistenza di una
valida dichiarazione di pubblica utilità – il decreto
del 1982 era privo dell’indicazione dei termini per il
compimento dei lavori ed il successivo 19.12.1984 non
poteva sanare l’illegittimità originaria e comunque non
12

riguardava solo i terreni occupati successivamente ravvisava ipotesi di occupazione usurpativa, costituente
illecito permanente. Ne consegue l’infondatezza
dell’eccezione di prescrizione.
Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali

denunciano omessa motivazione su un punto decisivo,
oltre alla violazione e falsa applicazione degli artt.
2943, 2944 e 2945 c.c., perché anche a ritenere
l’illecito istantaneo, l’opera è da ritenere completata
alla fine del 1985. La prescrizione fu interrotta con la
notifica dell’atto di citazione di una prima azione di
opposizione alla stima nel 1990, come ritenuto dal
Tribunale di Pisa, ma prima ancora dall’impresa
I.C.E.F.S. (oggi Bonatti s.p.a.) che nel 1986 aveva
offerto l’indennità provvisoria e nel 1990 notificato
l’indennità definitiva. Di nuovo interrotto con la
citazione del 1990, il termine di prescrizione è rimasto
interrotto fino al 2.12.1995, in cui è stata depositata
la sentenza.
Con il terzo motivo Squadrelli Romolo e Squadrelli
Ottavia denunciano violazione dell’art. 1 prot. agg. n.
1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e
dell’art. 2941 n. 8 c.c., con cui si porrebbe in
contrasto la tesi della scadenza di un termine
prescrizionale, che certo non può essere maturato, a
causa del comportamento processuale scorretto delle
controparti, che hanno occultato l’inesistenza del
13

decreto di esproprio, del resto in linea con la
caoticità di tutto il procedimento espropriativo,
condotto in maniera arbitraria e confusa.
4. Il ricorso incidentale (non condizionato) Squadrelli
denuncia, con il primo motivo, violazione dell’art. 13

1. 25.6.1865 n. 2359 e dei principi in materia
espropriativa, conseguendone che la sentenza d’appello è
errata nella misura in cui non riconosce il risarcimento
per tutto il periodo di occupazione, ovvero fin dal
6.8.1982, in mancanza di una valida dichiarazione di
pubblica utilità.
Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali
denunciano omessa motivazione su un punto decisivo,
oltre alla violazione dell’art. 2043 c.c. e dei principi
di liquidazione del danno, perché la Corte d’appello ha
liquidato il danno per l’occupazione illegittima
successiva al 1984, con riferimento al solo valore di
aree e fabbricati, non considerando il deprezzamento
degli immobili residui rimasti in proprietà degli
attori, per i quali devono riconoscersi gli interessi
legali sulla somma rivalutata a partire dal 1985.
Con il terzo motivo i ricorrenti incidentali denunciano
violazione dell’art. 2043 c.c. perché la Corte d’appello
ha negato ogni responsabilità dell’impresa Bonatti, che
viceversa è da ritenere obbligata in solido con l’Anas,
in quanto ha materialmente occupato i terreni, anche per

14

il periodo di occupazione, legittima e illegittima,
finché l’opera è rimasta nella sua disponibilità.
5. Preliminarmente, vanno esaminati il primo e il quinto
motivo del ricorso principale, che attengono a pretesi
errores in procedendo:

la ricorrente Anas s.p.a. si

sulla

propria

eccezione

di

duole che il giudice d’appello non si sia pronunciato
inammissibilità

dell’impugnazione, siccome generica (primo motivo),
particolarmente in punto di an debeatur del risarcimento
per deprezzamento della proprietà residua, che era stato
negato dal Tribunale (quinto motivo); e se anche si
dovesse ritenere che abbia implicitamente rigettato
l’eccezione, non ha dato conto delle ragioni che hanno
fatto disattendere la stessa.
Le censure sono inammissibili.
Va premesso che il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione – che trova la propria ragion
d’essere nella necessità di consentire al giudice di
legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza
dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di
parte – vale anche in relazione ai motivi di appello
rispetto ai quali si denuncino errori da parte del
giudice di merito; ne consegue che, ove il ricorrente
denunci la mancata declaratoria di nullità dell’atto di
appello per genericità dei motivi, deve riportare nel
ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi
formulati dalla controparte (Cass. 10.1.2012, n. 86;
15

20.7.2012,

n.

12664).

Inoltre,

autosufficienza può ottemperarsi

al

principio

di

per relationem,

mediante il richiamo ad altri atti o scritti difensivi
presentati nei precedenti gradi di giudizio (Cass.
13.12.2006, n. 26693).
esplicitazione

del

fatto processuale

L’esauriente

sarebbe stata tanto più necessaria da parte dell’attuale
ricorrente in via principale, ove si tenga conto che la
sentenza impugnata, esponendo riassuntivamente i motivi
di gravame degli appellanti Squadrelli – nel senso che
il Tribunale aveva erroneamente disatteso le valutazioni
del c.t.u. negando il risarcimento per l’acquisizione
dei fabbricati insistenti sulle aree espropriate e per
la riduzione di valore delle aree limitrofe e riducendo
il risarcimento per la perdita di tutti i terreni, sia
quelli edificabili che quelli agricoli – individua le
questioni sollevate in secondo grado con adeguata
specificità, e adotta le decisioni di merito cui sopra
si è fatto cenno.
La ricorrente Anas assume invece che nella lunga e
complessa motivazione della Corte fiorentina non è dato
leggere nemmeno una parola sul punto e si limita ora ad
allegare che con il proprio appello incidentale aveva
sostenuto che, in base alla giurisprudenza,
l’impugnazione era nulla per genericità, e dubita ancora
che la doglianza svolta nell’atto di appello dovesse
intendersi rivolta anche avverso la statuizione con la
16

quale

il

Tribunale

aveva

respinto

la

domanda

risarcitoria afferente il deprezzamento dei fabbricati
vicini agli appezzamenti di terreno occupati ed
irreversibilmente trasformati: i motivi di appello, che
il giudice non avrebbe ritenuto specifici, non vengono

esposti testualmente dalla ricorrente, che, in
particolare, non deduce in alcun modo che i motivi non
fossero quelli, apparentemente specifici, compiutamente
rammentati dal giudice, con questo non consentendo a
questa Corte di legittimità di valutare la fondatezza
dei motivi primo e quinto di ricorso.
6. Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato
mira ad infirmare i presupposti del ricorso principale
impedendone l’accoglimento, e in quanto tale ha priorità
logica di trattazione: le censure del ricorso
incidentale, ancorché proposte in via condizionata,
quando involgano questioni preliminari di merito che,
sebbene non rilevabili d’ufficio, siano comunque
inserite nel

thema decidendum

del giudizio di

legittimità, devono essere esaminate, per ordine logico,
prioritariamente rispetto ai motivi prospettati con il
ricorso principale (Cass. 24.1.2008, n. 1582).
Più specificamente, il ricorso incidentale condizionato,
sostenendo la ricorrenza di una fattispecie di
occupazione usurpativa, chiede l’applicazione delle
regole risarcitorie ad essa proprie, che poi coincidono
con quelle concretamente applicate dalla Corte
17

d’appello, che pur partiva da una diversa qualificazione
dell’illecito. Sicché deve prioritariamente stabilirsi
se si tratti di occupazione usurpativa: l’accoglimento
della doglianza incidentale, assorbirebbe l’esame della
doglianza principale.

Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato è
da rigettare.
I ricorrenti incidentali assumono che secondo il
Tribunale di Pisa non esisteva, o comunque non era stata
data prova dell’esistenza, di alcuna valida
dichiarazione di pubblica utilità, difettando nel
decreto del 1982, che aveva aperto la procedura
espropriativa, la fissazione dei termini per il
compimento delle operazioni dei lavori e della
procedura. E il successivo decreto, del 1984, non poteva
avere effetto sanante di tale irregolarità, riguardando
terreni diversi, che venivano assoggettati a procedura
espropriativa per la prima volta, a seguito di variante.
La tesi dei ricorrenti incidentali va disattesa. La
pretesa che il giudice di primo grado avesse ravvisato
l’occupazione usurpativa per mancata fissazione dei
termini (e che il giudice d’appello se ne sia
immotivatamente distaccato) è in primo luogo
contraddetta nel controricorso Anas, secondo cui non
corrisponde affatto al vero che il Tribunale abbia
ritenuto versarsi in ipotesi di occupazione usurpativa.

18

Nella

narrativa

processuale,

la

Corte

d’appello

riferisce il contenuto della sentenza di primo grado,
nel senso di una ricostruzione temporale della vicenda
per cui la trasformazione del fondo sarebbe avvenuta
alla fine del 1985, e che la prescrizione era stata

interrotta da una precedente iniziativa giudiziaria
Squadrelli, del 1990, mirata al conseguimento
dell’indennità di espropriazione.
Il tenore della sentenza di primo grado va dunque
assunto, come fatto processuale, nella ricostruzione
operata dal giudice d’appello; la riproduzione di un
passo di quella sentenza da parte dei ricorrenti
incidentali, operata peraltro solo con la memoria
illustrativa, espone un periodare, da parte del giudice
di primo grado, condotto, sulla questione dei termini
della dichiarazione di pubblica utilità, del tutto
ipotetici. Tanto che finisce per liquidare il danno
secondo le regole tipiche dell’occupazione appropriativa
(indennità per il periodo di occupazione legittima,
risarcimento per la perdita della proprietà al momento
della scadenza di questo, con interessi e
rivalutazione), per di più condannando la Bonatti a
rifondere all’Anas quanto da questa pagato a titolo di
risarcimento per l’occupazione acquisitiva.
Non può accettarsi, dunque, che il Tribunale di Pisa
avesse ravvisato ipotesi di occupazione usurpativa, come
ben avrebbe potuto, essendo già chiari, all’epoca, i
19

termini della questione: la sentenza di primo grado è
del 9.8.2002, quindi in data successiva alla compiuta
teorizzazione dell’occupazione usurpativa e della sua
differenza dalla fattispecie appropriativa, operata con
la sentenza 18.2.2000, n. 1814 di questa Sezione (della

quale, peraltro, si trovano affermazioni prodromiche
nella sentenza delle Sezioni unite 4.3.1997, n. 1907).
7. Risolto il presupposto per l’esaminabilità del
secondo motivo del ricorso principale, va ribadito che
la Corte d’appello afferma testualmente essersi in
presenza di fattispecie costituente ipotesi di
occupazione appropriativa, che secondo l’impostazione
tradizionale renderebbe impossibile la restituzione del
fondo al privato, e determinerebbe la perdita della
proprietà con contestuale acquisto a titolo originario a
favore dell’ente pubblico. Quindi espone la propria
teoria, distaccandosi dalla giurisprudenza di questa
Corte di legittimità, in ordine alla ricostruzione del
fenomeno delle occupazioni illegittime cui segua
l’impossibilità di restituzione del fondo privato per
avvenuta, irreversibile, trasformazione del fondo:
annulla, alla luce delle pronunce della Corte europea
dei diritti, la distinzione tra occupazione
appropriativa e occupazione usurpativa; sul presupposto
della natura permanente dell’illecito, rigetta
l’eccezione di prescrizione dell’ente espropriante,
obbligato al risarcimento; liquida il danno concedendo
20

il valore pieno del fondo; prolunga il periodo cui è
commisurata la voce risarcitoria liquidabile per
l’occupazione illegittima nel tempo, in aggiunta al
periodo di occupazione legittima, fino alla data della
sentenza, in mancanza di restituzione degli immobili

occupati.
Anche a non voler condividere la ricostruzione operata
dalla Corte fiorentina al fenomeno delle occupazioni
illegittime, il risultato ultimo cui essa perviene, nel
senso di rigettare l’eccezione di prescrizione
dell’azione risarcitoria, va condiviso, giacché se
l’occupazione appropriativa rappresenta un illecito
istantaneo, come sembra più corretto alla luce dell’art.
55 del t.u. espropriazioni (d.p.r. 8.6.2001, n. 327), il
termine è stato interrotto, e l’azione risarcitoria,
come a suo tempo ritenuto dal Tribunale di Pisa, risulta
tempestiva. Sia detto per inciso che la norma ora
richiamata, tuttora vigente, non può essere disapplicata
per un preteso contrasto con le norme della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo quali interpretate dalla
Corte di Strasburgo: da osservare, peraltro, che quella
Corte, a partire dal caso Guiso-Gallisay (sentenza
Grande chambre del 22 dicembre 2009), pur censurando
l’istituto dell’occupazione apropriativa siccome
affermatosi nell’ordinamento italiano, ne ha condivisi i
criteri di liquidazione del danno, dopo che, a partire
dall’intervento della Corte costituzionale,
21

nell’impossibilità di restituzione, il proprietario
viene compensato con il valore venale del bene, secondo
i criteri risarcitori previsti dal quella norma, come
sostituita dall’art. 89, lett. e), l. 24.12.2007, n.
244.
stessa

ricorrente

espone

narrativa

in

che

La

l’occupazione avvenne per effetto di decreti del 1982 e
del 1985, fu prorogata nel 1986 per un anno. Nel 1990
venne offerta la somma a titolo di indennità di
esproprio determinata provvisoriamente in via
amministrativa, cui seguì, sempre nello stesso anno, la
promozione del giudizio di opposizione alla stima da
parte dei proprietari, che si concluse con sentenza nel
1995, di rigetto, non essendo mai intervenuto il decreto
di esproprio. La causa risarcitoria, pendente nel
presente grado, fu proposta nel 1997.
Pur

nell’incompleta

esposizione

della

vicenda

espropriativa, gli elementi riferiti consentono di
ritenere che l’azione risarcitoria non era estinta.
l’incertezza in
/
merito all’identificazione delle particelle occupate con
In ordine alla decorrenza iniziale

i decreti di occupazione del 1982 e 1985 (sottolineata
dai controricorrenti Squadrelli) non rileva nella
presente causa, dato che il termine prescrizionale non
può intendersi decorrente prima del 1988.
E’ noto in tema di occupazione appropriativa, avendo il
legislatore riconosciuto gli effetti dell’istituto per
22

la prima volta soltanto con la legge n. 458 del 1988
(seppure indirettamente), è a partire da questo momento
che è iniziata a decorrere, in quanto solo allora
normativamente percepibile, la prescrizione del diritto
al risarcimento del danno insorto in epoca anteriore,

dovendosi fare applicazione di quanto enunciato dalla
Corte di Strasburgo in sede di interpretazione dell’art.
l Prot. add. Cedu, circa la necessità che un’ingerenza
di una pubblica autorità nell’esercizio dei diritti del
privato sia legale e che il principio di legalità
postuli l’esistenza di norme di diritto interno
sufficientemente accessibili, chiare e prevedibili
(Cass.

28.7.2008,

n.

20543;

22.4.2010,

9620;

n.

26.3.2013, n. 7583).
Quanto all’interruzione del termine, va ricordato che
l’offerta dell’indennità di espropriazione non

so lo

è

idonea a interrompere il termine di prescrizione del
diritto risarcitorio, ma, se intervenuta dopo il decorso
di tale termine, vale come fatto incompatibile a valersi
della prescrizione e, quindi, come rinuncia alla stessa
(Cass. 19.10.2007, n. 22018). Inoltre, nell’ipotesi in
cui, verificatasi l’accessione invertita, l’espropriante
proceda alla determinazione dell’indennità provvisoria
di esproprio ed il privato svolga opposizione alla
stima, introducendo apposito giudizio avanti alla Corte
d’appello, tale ultimo atto si configura come
interruttivo

della

prescrizione

del

diritto

al
23

risarcimento dei danni derivanti dalla perdita del
diritto dominicale, fino al passaggio in giudicato della
decisione del giudice adito (Cass. 27.12.2011, n.
28862).
Nella specie, il termine prescrizionale ha iniziato a

decorrere nel 1988, è stato interrotto nel 1990 fino al
1995, in cui ha ricominciato a decorrere, ed è di nuovo
stato interrotto nel 1997.
La doglianza contenuta nel secondo motivo del ricorso
principale Anas, è dunque da rigettare. Ciò comporta
l’assorbimento del secondo e terzo motivo del ricorso
incidentale condizionato Squadrelli, che per diverse vie
mirano ad escludere che sia intervenuta la prescrizione.
8. La ricostruzione della vicenda in termini di
occupazione appropriativa, come qualificata dalla Corte
d’appello che tuttavia vi riconduce una regolamentazione
erronea, comporta il riconoscimento del diritto al
risarcimento del danno per la perdita della proprietà,
alla scadenza del periodo di occupazione legittima, e
all’indennità per l’occupazione legittimamente
autorizzata, all’interno della quale l’opera è stata
realizzata. Non è dunque configurabile un’obbligazione
risarcitoria per l’intero periodo di occupazione,
reclamata con il primo motivo del ricorso incidentale
non condizionato Squadrelli sul presupposto, come sopra
smentito, della mancanza di dichiarazione di pubblica
utilità. Sicché tale doglianza va rigettata.
24

9. Venendo al terzo motivo del ricorso principale,
concernente l’individuazione dei soggetti tenuti a
rispondere delle attribuzioni economiche conseguenti
alla procedura espropriativa e all’appropriazione dei
fondi, esso va esaminato contestualmente al terzo motivo

del ricorso incidentale non condizionato, con cui i
privati aspirano ad ampliare il novero dei titolari
passivi degli obblighi. La tematica concerne i due
aspetti delle conseguenze risarcitorie del fatto
illecito

appropriativo

e

dell’indennità

di

espropriazione legittima, che essendo soggetti a regole
diverse, vanno trattati distintamente, pur se la Corte
d’appello adotta una soluzione indifferenziata.
La sentenza impugnata, sovvertendo la decisione di primo
grado che aveva configurato la responsabilità solidale
dell’ente espropriante e dell’impresa appaltatrice dei
lavori,

individua

nell’Anas,

titolare

dell’opera,

l’unico titolare passivo delle obbligazioni.
Coerentemente alla premesse ricostruttive del fatto in
termini di illecito permanente, nel senso che il
risarcimento è adempimento sostitutivo dell’obbligazione
principale di restituzione, assume che solo l’Anas può
provvedervi, mentre l’appaltatrice Bonatti s.p.a., che
ha portato a termine l’opera all’interno del periodo di
occupazione legittima, non ha posto in essere alcun
comportamento illecito.

25

I motivi di doglianza dei ricorrenti,

all’esame

congiunto, si palesano fondati. Nella ricostruzione dei
fatti compiuta nella sentenza impugnata, la Bonatti
s.p.a. aveva assunto l’obbligo di coordinare i tempi
dell’attività materiale e amministrativa. La

giustificazione che non potrebbero esserle ascritte le
conseguenze dell’illegittima occupazione, atteso che
l’anticipazione nel tempo dell’esautoramento del
proprietario si presenta assistita da un crisma di
legittimità, appare poco comprensibile. Al contrario, la
delega al compimento dell’opera pubblica, si sostanzia
proprio nel compito di promuovere e sollecitare la
tempestiva emissione del decreto di esproprio da parte
del titolare del potere espropriativo.
Nel caso di realizzazione di opere pubbliche cui
collaborino pubbliche amministrazioni e soggetti
delegati, l’obbligazione al risarcimento del danno da
occupazione appropriativa ha natura solidale: il
delegato, pur se abbia ultimato i lavori entro il
termine di scadenza dell’occupazione legittima, risponde
del danno da occupazione appropriativa poiché,
attraverso la propria condotta omissiva, si è reso
compartecipe dell’illecito in cui si concreta la
trasformazione del fondo in assenza di titolo, in
applicazione del principio per cui chiunque abbia dato
un contributo causale al danno ingiusto ne deve

26

rispondere (Cass. 22.5.2007, n. 11849; 23.11.2007, n.
24397; 10.4.2013, n. 8692; 18.9.2013, n. 21333).
L’ulteriore

assunto

della

Corte

d’appello,

che

l’appaltatore avesse adempiuto all’obbligo di
coordinamento, in considerazione del fatto che nel corso

del rapporto l’Anas non ebbe mai a contestarle alcun
adempimento, è da rovesciare in quanto la previsione
contrattuale di curare gli adempimenti amministrativi,
crea una presunzione di responsabilità che può essere
vinta solo se il delegato dia prova di essersi attivato.
Alla responsabilità del delegato si affianca quella
dell’Anas quale ente espropriante: anche se il
contributo causale determinante alla produzione del
danno è ascrivibile all’autore materiale, ovvero al
soggetto incaricato dell’esecuzione dei lavori, mediante
le opere che hanno cagionato l’irreversibile
trasformazione del fondo, questo non comporta che,
attraverso la delega alla realizzazione dell’opera,
l’amministrazione debba ritenersi in ogni caso esente
dalle conseguenze lesive derivanti dall’esecuzione, in
quanto sussiste a suo carico un obbligo di vigilanza, di
diretta derivazione dai principi costituzionali di
legalità, buon andamento, e imparzialità
dell’amministrazione, oltre che dalla tutela del diritto
di proprietà, del quale, ferma restandone la funzione
sociale, deve garantire l’effettività, specie ove,
attraverso strumenti di partecipazione dei privati
27

all’esecuzione di opere di pubblico interesse, problemi
di solvibilità di questi pongano in pericolo l’effettiva
corresponsione dell’indennizzo in caso di espropriazione
(Cass. 27.5.2011, n. 11800). Per quanto concerne, in
particolare, la realizzazione di opere stradali, ai fini

dell’individuazione del soggetto obbligato al
risarcimento del danno da occupazione appropriativa, la
delega da parte dell’Anas del compimento delle
operazioni espropriative, non esime il delegante dai
poteri di controllo e di stimolo dell’attività del
delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio vale
a rendere l’ente stesso corresponsabile dell’illecito,
onde spetta al delegante l’onere di allegare e
dimostrare di aver esercitato i propri poteri di
controllo e di stimolo, esplicitandone i tempi e i modi.
Ne consegue che il fatto stesso della mancata tempestiva
emissione del decreto di esproprio nel termine di durata
dell’occupazione legittima è sufficiente a far
presumere, in assenza di contrarie risultanze
processuali, il mancato esercizio di tali poteri, ben
potendo estendersi il disposto dell’art. 2 1. 7.2.1961,
n. 59 e dell’art. 8 r.d. 25.3.1895, n. 350, che impone
all’Anas il controllo sull’esecuzione dei lavori, anche
alle procedure inerenti l’acquisizione dei suoli
necessari alla realizzazione di opere di viabilità
(Cass. 9.10.2007, n. 21096).

28

10. L’indennità per l’occupazione è soggetta a regole
diverse. Il trasferimento dell’obbligo, in via
esclusiva, all’affidatario dell’opera (concessionario o
appaltatore), è configurabile ove sia stato conferito
l’esercizio dei poteri espropriativi ed il conferimento

non sia rimasto fatto interno tra espropriante ed
affidatario, occorrendo che, nell’attività che abbia
portato il delegato in contatto con il soggetto passivo
dell’esproprio, il primo si sia correttamente
manifestato come titolare degli obblighi indennitari,
oltre che investito dell’esercizio del potere
espropriativo, e in presenza di tali presupposti è
irrilevante, al fine di configurare una responsabilità
solidale dell’espropriante, la sistemazione dei rapporti
economici interni con l’affidatario (Cass. 21.3.2007, n.
6807). Proprio in relazione all’occupazione d’urgenza di
aree destinate alla costruzione di opere di viabilità
con il sistema della concessione, l’impresa
concessionaria è tenuta al pagamento della relativa
indennità, ancorché il capitolato di appalto non
menzioni l’incarico, conferito alla medesima, di
svolgere per l’Anas le procedure espropriative, essendo
sufficiente che tale incarico sia contemplato dal
decreto ministeriale di concessione: infatti nei
confronti del proprietario soggetto ad occupazione da
parte dell’impresa concessionaria non rilevano le
eventuali pattuizioni limitative interne al contratto
29

intercorso tra detta impresa e l’Anas, mentre ha
innegabile rilievo esterno il cennato provvedimento
amministrativo (Cass. 30.9.2004, n. 19632).
L’accertamento dei fatti da parte della Corte d’appello,
risulta carente. Non si comprende se il coordinamento

delle attività materiali ed amministrative, affermato
dal giudice, sia rimasto fatto interno tra committente
ed appaltatore, o se, viceversa, quest’ultimo si sia
manifestato nei confronti dei proprietari espropriati
come il responsabile della procedura. Il nodo non appare
risolto nella narrativa della Corte d’appello, secondo
cui la I.C.E.F.S. s.p.a. prima, e la Bonatti s.p.a.
(incorporante la I.C.E.F.S.) poi, comunicarono agli
espropriandi l’importo delle somma offerta a titolo di
indennità provvisoria e la determinazione dell’indennità
definitiva da parte della Commissione provinciale. La
circostanza

non

di

consente

stabilire

se

il

concessionario fosse rappresentante in nome e per conto
dell’espropriante,

delegato

agli

adempimenti

amministrativi di coordinamento, o vero titolare del
potere espropriativo: la motivazione della sentenza non
dà conto non solo dei poteri affidati ed effettivamente
esercitati dal delegato (che la ricorrente principale
desume

dagli

iniziali

decreti

ministeriali

di

approvazione del progetto e proroga dei termini), ma
nemmeno delle modalità con cui il delegato si è
manifestato nei confronti degli espropriandi.
30

Fermo restando dunque che, in accoglimento delle
censure,
solidale

deve essere affermata la responsabilità
dell’espropriante

e

del

delegato

nell’obbligazione risarcitoria, all’esito della
cassazione della sentenza il giudice di rinvio dovrà

procedere all’accertamento dei presupposti di fatto per
l’identificazione dei titolari dell’obbligo indennitario
per l’occupazione legittima.
11. Si passa ora all’esame del quarto motivo del ricorso
principale, concernente la valutazione dei fondi ai fini
della liquidazione del danno (e della quantificazione
dell’indennità di occupazione). Si contestano le
modalità di applicazione del metodo sinteticocomparativo nella valutazione di suoli con vocazione
agricola.
Si tratta, nella specie, di stimare terreni, dei quali
non è dubitabile la natura agricola, o comunque non
edificabile, secondo la ricostruzione operata dalla
Corte d’appello, che correttamente, a smentita da quanto
ritenuto dal Tribunale su indicazione del c.t.u. in quel
grado di giudizio, esclude possa farsi riferimento ad un
concetto di edificabilità di fatto, avulso dai parametri
urbanistici. Va aggiunto che i terreni occupati sono in
parte inseriti dallo strumento urbanistico in zona
agricola, mentre per altri è prevista la destinazione ad
opere di viabilità: anche per questi ultimi il criterio
valutativo è quello delle aree agricole, non potendo
31

revocarsi in dubbio che il Piano regolatore del Comune
di Pisa del 1965, citato dalla sentenza impugnata, abbia
concepito la rete viaria in un contesto più ampio di
quello locale, trattandosi di strada di grande
comunicazione (Firenze-Pisa-Livorno), a sviluppo

regionale, imponendo ai terreni un vincolo di tipo
conformativo (Cass. 6.11.2008, n. 26615; 10.5.2013, n.
11236).
La liquidazione del danno da occupazione appropriativa
di terreno agricolo, deve rapportarsi al valore sul
mercato del terreno medesimo, e potrà tener conto,
indicativamente, dei criteri di cui agli artt. 15 e 16
1. 22.10.1971 n. 865, senza considerazione delle
potenzialità edificatorie, ma valorizzando l’area,
rispetto al

minímum dei valori tabellari di cui alle

norme ora menzionate, di quanto suscettibile di
sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo,
rispecchiando possibilità di utilizzazioni intermedie
tra quella agricola e quella edificatoria, ad es.,
parcheggio, caccia, sport, agriturismo (Cass. 28.5.2004,
n. 10280; 26.5.2010, n. 12862; 13.1.2011, n. 717;
21.3.2013, n. 7174). E’ escluso possano utilizzarsi gli
indici di valutazione attinenti al concetto di
edificabilità di fatto.
L’unico criterio utilizzabile, così come per i suoli
edificabili,

è quello della piena reintegrazione

patrimoniale commisurata al prezzo di mercato, sulla
32

base delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche
del suolo, senza che il proprietario abbia l’onere di
dimostrare che il fondo è suscettibile di sfruttamento
ulteriore e diverso da quello agricolo rispecchiante
possibilità di utilizzazioni intermedie tra quella

agricola e quella edificatoria, perché altrimenti si
introdurrebbe un inammissibile fattore di correzione del
criterio del valore di mercato, con l’effetto indiretto
di ripristinare l’applicazione di astratti e imprecisati
valori agricoli (Cass. 1.8.2013, n. 18434).
La Corte d’appello ha adottato il metodo sinteticocomparativo, la cui scelta è rimessa, a preferenza del
metodo analitico-ricostruttivo, al prudente
apprezzamento del giudice (Cass. 22.3.2013, n. 7288). Il
metodo adottato si risolve nell’attribuire al bene da
stimare il prezzo di mercato di immobili omogenei, con
riferimento tanto agli elementi materiali, quali la
natura, la posizione, la consistenza morfologica e
simili, quanto alla condizione giuridica.
Nell’individuazione degli immobili con caratteristiche
affini l’esigenza di omogeneità richiede il motivato
riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati,
essendo irrilevante la fonte da cui i valori sono
tratti, potendosi trattare di cessioni volontarie,
perizie giudiziarie, accertamenti di valore di natura
fiscale, pubblicazioni specializzate di settore, negozi

33

giuridici di natura privatistica (Cass. 16.3.2012, n.
4210).
La selezione di parametri di confronto veramente
omogenei può presentare difficoltà, conseguendone la
necessità che il giudice dia puntuale motivazione ove le

parti muovano argomentati rilievi e contrappongano
specifici elementi di comparazione (Cass. 20.4.2006, n.
9178), particolarmente nell’ipotesi riscontrata in
causa, in cui si prospetti l’utilizzabilità, come
parametro di confronto, di un unico atto di
compravendita di terreni limitrofi, per di più di
proprietà degli stessi espropriati.
.

Va esente da censure la motivazione della Corte
territoriale, quando utilizza la valutazione dell’atto
di vendita di terreni limitrofi, acquistati dalla
società aeroportuale, assumendone l’omogeneità con
quelli di cui è causa, sia perché risalente ad epoca
prossima alla scadenza dell’occupazione legittima degli
appezzamenti di terreno in oggetto, sia per la
prossimità di tutte queste aree all’aeroporto, sia
perché lo stesso parametro fu invocato dall’Anas in sede
di appello incidentale, in contrapposizione alla
valutazione operata dal c.t.u. in primo grado.
E’ illogica la motivazione della sentenza impugnata, e
il motivo di ricorso è fondato per quanto di ragione,
nella parte in cui ha escluso la confrontabilità con il
trasferimento di altri terreni limitrofi, sempre di
34

proprietà Squadrelli, per il solo fatto che esso era
avvenuto per cessione volontaria, con influenza
determinante sul prezzo della pendenza del procedimento
espropriativo.
Non è questa la ragione per poter negare la

rappresentatività del citato atto di trasferimento,
trattandosi di desumere dagli atti riguardanti quella
procedura, approdata alla cessione volontaria, gli
elementi di valutazione del fondo, da tenere indenni da
correzioni aggiuntive, imposte dalla logica
espropriativa.
All’esito della cassazione della sentenza in parte qua
il giudice di rinvio è chiamato ad una nuova valutazione
sull’utilizzabilità di tale ulteriore parametro di
confronto.
12. Il sesto motivo del ricorso principale è fondato.
Discende dalla corretta ricostruzione dell’occupazione
come illecito istantaneo, che la perdita della proprietà
per via dell’irreversibile trasformazione del fondo
finalizzata alla realizzazione dell’opera pubblica, si
verifica alla scadenza del periodo di occupazione
legittima, ove durante il termine autorizzato i lavori
siano

terminati.

La

consumazione

dell’illecito,

localizzabile in quel momento, ingenera l’obbligo
risarcitorio commisurato alla perdita della proprietà,
con corrispondente acquisto alla mano pubblica a titolo
originario: ciò comporta che non ha senso parlare di
35

occupazione per il periodo successivo. Non è quindi
dovuto il risarcimento liquidato in sentenza per il
periodo successivo alla scadenza dell’occupazione
legittima, localizzato dalla Corte d’appello alla data
6.8.1984.

13. Il settimo motivo, diretto a negare la rivalutazione
monetaria su quanto dovuto a titolo di risarcimento, è
infondato, atteso che l’obbligazione risarcitoria del
danno da occupazione appropriativa costituisce debito di
valore e deve reintegrare per equivalente, alla data di
determinazione del dovuto, le perdite e i mancati
guadagni,

conseguendone

che

aggiunta

in

alla

rivalutazione, sulla somma liquidata alla data di
consumazione dell’illecito, da rivalutare anno per anno
fino alla decisione, potranno spettare gli interessi
compensativi per il ritardato pagamento di quanto
dovuto, sempre che i mancati guadagni siano provati dal
creditore (Cass. n. 21.4.2006, n. 9410).
14. Riguardo all’ottavo motivo, esso si articola in due
doglianze,

inerenti

l’oggetto

della

riconosciuta

l’indennità di occupazione legittima a seconda del tempo
di occupazione, ed il criterio di calcolo. Sotto il
primo profilo, la censura è inammissibile: non si
comprende

se

la

ricorrente

intenda

dolersi

dell’ultrapetizione della Corte d’appello, riguardo alla
riconosciuta indennità per i terreni ulteriormente
occupati dal 1985, o della conferma, da parte della
36

Corte, di una statuizione del Tribunale sul punto, ma
allora si tratterebbe, come eccepito dall’anas nel
controricorso, di questione nuova.
Il secondo profilo è infondato, in quanto l’indennità di
occupazione dovrà essere accertata dal giudice di rinvio

applicando gli interessi legali sulla determinanda
indennità di espropriazione virtuale, da commisurare al
valore venale del fondo, con riferimento alla data di
scadenza del periodo di occupazione legittima, e non già
anno per anno (Cass. 13.1.2006, n. 563; 27.7.2007, n.
16744), non avendo la ricorrente dedotto che nel corso
di tale periodo non si siano verificate, per l’immobile
.
,

ablato, variazioni apprezzabili del valore venale di
riferimento.
15. Il secondo motivo del ricorso incidentale non
condizionato, è infondato.
Il risarcimento per il deprezzamento della proprietà
residua mira a compensare il danno arrecato in modo
istantaneo, sia pure con effetti permanenti, e si
esaurisce nel calcolo della perdita di valore del
relitto: la motivazione della sentenza è su questo punto
logica, e nel riconoscere la riduzione del valore di
mercato degli edifici rimasti in proprietà dei privati,
determina un valore definitivo.
17. La sentenza va in definitiva cassata, e rimessa ad
altra sezione della Corte d’appello di Firenze, che

37

provvederà altresì alla liquidazione delle spese di
questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il terzo, il
quarto e il sesto motivo del ricorso principale e il

rigetta il secondo, il settimo e l’ottavo motivo del
ricorso principale, il primo motivo del ricorso
incidentale condizionato e il primo motivo del ricorso
incidentale non condizionato, assorbiti il secondo e il
terzo motivo del ricorso incidentale condizionato e il
secondo motivo del ricorso incidentale non condizionato.
Dichiara inammissibili il primo e il quinto motivo del
ricorso principale.
In relazione alle censure accolte cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione
della Corte d’Appello di Firenze.
Così deciso in Roma, il 18.12.2013

terzo motivo del ricorso incidentale non condizionato,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA