Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4187 del 20/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 4187 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 21797-2007 proposto da:
POSTE

ITALIANE

S.P.A.,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso la DIREZIONE AFFARI
LEGALI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa
dall’Avvocato URSINO ANNA MARIA, che la rappresenta e

2012

difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

3631
contro

BENIGNETTI ALMA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA

CONCA

D’ORO

N.184/190,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 20/02/2013

dell’avvocato DISCEPOLO MAURIZIO, che la rappresenta
e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 200/2007 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 22/05/2007 R.G.N. 191/2007;

udienza

del

06/11/2012

dal

Consigliere

Dott.

ANTONELLA PAGETTA;
udito l’Avvocato ZAMBRANO PIETRO per delega DISCEPOLO
MAURIZIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

Alma Benignetti ha chiesto al giudice del lavoro accertarsi l’illegittimità dell’atto di
risoluzione del rapporto di lavoro intimato da Poste Italiane S.p.A. in base alla
previsione contenuta nell’Accordo integrativo del CCNL del 26.11.1994 che

della massima anzianità contributiva e la condanna della società convenuta al
pagamento della indennità sostitutiva del preavviso .
Il giudice del lavoro accoglieva la domanda sul rilievo della nullità per contrasto con
norma imperativa della previsione collettiva a base dell’atto di risoluzione da
qualificarsi come licenziamento. Avverso tale decisione proponeva appello Poste
Italiane S.p.A. La Corte territoriale dichiarava il gravame inammissibile. In esito a
cassazione della decisione il giudizio era riassunto dalla società Poste e definito con
sentenza confermativa della decisione di primo grado.
Osservavano i giudici di appello che nell’attuale sistema ordinamentale dei rapporti
di lavoro subordinato le cause risolutive sono e restano quelle tipiche conformi al
modello legale imposto da norme di natura imperativa, dovendosi escludere che il
transito dei dipendenti Poste al regime privatistico, abbia comportato una
delegificazione in merito ; la legge n. 71 del 1994 aveva infatti demandato
all’autonomia collettiva la regolamentazione del rapporto di lavoro limitatamente
all’assetto retributivo e di servizio e di altre materie non oggetto di situazioni
giuridiche indisponibili e rette da norme imperative. Rilevavano inoltre che il
disposto dell’art. 4 1. n. 108 del 1990 in base al quale al lavoratore che ha maturato i
requisiti contributivi pensionistici minimi e non ha optato per la prosecuzione del
rapporto ai sensi dell’art. 6 1. n. 54 del 1982 non si applica la tutela sia reale che
obbligatoria ai fini della reintegrazione o della riassunzione, in quanto attinente
all’ambito della ricostituzione del rapporto, non esclude la illegittimità del
licenziamento e non preclude il riconoscimento della indennità di preavviso quale
naturale conseguenza della illegittimità del recesso datoriale . Affermavano quindi la

configurava quale causa di risoluzione del rapporto di lavoro il raggiungimento

nullità ex art. 1418 cc, per contrasto con norme imperative inerenti situazioni
soggettive indisponibili, della previsione statuente la risoluzione del rapporto al
raggiungimento della massima anzianità contributiva; qualificavano come
licenziamento e non mera ” presa d’atto” la manifestazione di volontà della società
Poste intesa ad avvalersi del meccanismo risolutivo contemplato dalla norma

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Poste Italiane S.p.A., sulla
base di due motivi.
L’intimata ha depositato controricorso
Motivi della decisione
Preliminarmente si rileva la invalidità della comparsa di costituzione di nuovo
difensore di Poste in quanto il conferimento non è avvenuto mediante atto pubblico o
scrittura privata autenticata come prescritto dall’art. 83 cod. proc. civ. nel testo
applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame ( v. da ultimo Cass. n. 7241b
del 2010 ).
Con il primo motivo di ricorso la società Poste Italiane deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 2118 cod. civ. in relazione all’art. 18, commi 1 e 5 , 1. n. 300
del 1970 .Con il secondo motivo deduce la omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine a un fatto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 5 cod. proc. civ. .I motivi sono illustrati congiuntamente.
Parte ricorrente richiama giurisprudenza di questa Corte ( Cass. n. 1447 del 2000., n.
13136 del 2000, n. 13851 del 2000 ) secondo la quale nella mera comunicazione
inviata da Poste che richiama la clausola prevista dall’Accordo integrativo di
risoluzione automatica del rapporto non è configurabile un recesso ; nella
comunicazione in oggetto è infatti da ravvisare una semplice partecipazione di
scienza in funzione ricognitiva del verificarsi del previsto requisito di risoluzione
automatica . Dalla inconfigurabilità come licenziamento della comunicazione
datoriale scaturisce la insussistenza del diritto alla indennità sostitutiva del preavviso
che nel nostro ordinamento è collegata alla natura potestativa del recesso unilaterale.
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collettiva.

Per altro verso , soggiunge Poste, non è neppure esatto parlare di mancanza di
preavviso , atteso che la cessazione del rapporto al verificarsi dell’evento prestabilito
era nota da mesi alla lavoratrice.
I motivi , per la evidente connessione possono essere trattati congiuntamente.
E’ in primo luogo da disattendere la eccezione della parte intimata che ha dedotto la

proposizione del ricorso ) del primo motivo di ricorso, per mancata formulazione del
quesito di diritto e del secondo motivo di ricorso per mancata indicazione del fatto
rispetto al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria.
Invero nella parte finale del ricorso è, sia pure con formula inesatta ( voglia Codesta
Corte di Cassazione fissare il principio di diritto …) , chiaramente indicata la sintesi
logico giuridica della questione proposta e cioè il diritto all’indennità di preavviso in
caso di risoluzione automatica del rapporto per effetto di clausola nulla per contrasto
con norme imperative; quanto al fatto cui si riferisce il dedotto vizio motivazionale
esso si evince chiaramente dall’esposizione del secondo motivo che investe la
qualificazione della comunicazione inviata da Poste come recesso . Nel merito il
ricorso è fondato . Questa Corte, ha affermato che la comunicazione datoriale di
collocamento a riposo del dipendente, emessa sulla base della clausola che prevede
l’automatica risoluzione del rapporto di lavoro al conseguimento della massima
anzianità contributiva, e che deve reputarsi nulla, per contrarietà alle norme

imperative, ai sensi dell’art. 1418 cod. eiv., non è da interpretarsi automaticamente
come comunicazione di licenziamento, e quindi espressione di una specifica volontà
datoriale di recedere dal rapporto di lavoro. ( v., tra le altre, Cass. n. 2339 del 2004,
1786 del 2003 ). Nel caso di specie i giudici di merito hanno qualificato la
comunicazione inviata da Poste come recesso, sul mero rilievo che” è evidente che
nel momento in cui il datore di lavoro manifesta, in sostanza, di volersi avvalere di un
meccanismo risolutivo previsto dall’autonomia collettiva …, ciò equivale a porre in
essere la esteriorizzazione di una volontà risolutiva ” ; in tal modo essi hanno
argomentato in maniera contraddittoria rispetto alla riconosciuta automaticità della
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inammissibilità ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. ( applicabile all’epoca di

clausola che proprio in quanto tale non richiede, al fine della sua operatività, una
manifestazione di volontà risolutiva delle parti . La sentenza impugnata, del resto,
non individua nella comunicazione inviata da Poste alcun elemento, diverso ed
ulteriore rispetto al mero richiamo del meccanismo risolutivo previsto dalla
clausola dell’Accordo integrativo, destinato a connotare come manifestazione di
volontà intesa alla risoluzione del rapporto la comunicazione in oggetto. Esclusa

datoriale viene meno il diritto alla indennità sostitutiva del preavviso. Consegue
raccoglimento del ricorso e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la
decisione nel merito dello stesso con rigetto della originaria domanda.
Gli esiti dei vari giudizi di merito che hanno deciso la controversia in senso difforme
alla decisione di questa Corte, giustificano la compensazione delle spese dell’intero
processo.

P.Q.M
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la
originaria domanda. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 novembre 2012

Il Consigliere est.

Il Pres nte

pertanto la configurabilità nella comunicazione inviata da Poste di un atto di recesso

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