Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4187 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 19/02/2020, (ud. 19/06/2019, dep. 19/02/2020), n.4187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8120-2017 proposto da:

P.M., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato CARLO

COMANDE’, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DOMENICO PITRUZZELLA;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore; MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E

DELLA RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, tutti

rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domiciliano ope legis, in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI,

12;

– controricorrenti –

e contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 293/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/11/2016 R.G.N. 129/2013.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 293/2016, rigettava – per quanto di interesse in questa sede – l’appello proposto dagli attuali ricorrenti, tutti medici specializzandi all’epoca dei fatti di causa, che avevano agito per ottenere la condanna delle Amministrazioni sopra indicate al versamento delle somme rivendicate a titolo di adeguamento economico del trattamento percepito a titolo di borse di studio percepite ai sensi del D.Lgs. n. 257 del 1991 negli anni accademici (variamente articolati per ciascuno dei ricorrenti) nel periodo compreso tra il 1999 fino all’anno accademico 2005/2006.

2. La Corte di appello escludeva che la mancata rivalutazione del trattamento integrasse un inadempimento dello Stato italiano alla direttiva comunitaria già attuata a mezzo del precitato D.Lgs. n. 257 del 1991 e richiamava, a tale proposito, i principi espressi da Cass. n. 20403 del 2009. Con tale sentenza era stato affermato da questa Corte che l’attuazione delle direttive CEE era avvenuto con il D.Lgs. n. 257 del 1991 per cui la domanda tendente a rivendicare un preciso compenso per la frequenza alla scuola di specializzazione non poteva in alcun modo essere fondata sulla diretta applicazione delle disposizioni comunitarie, giacchè queste si limitavano a prescrivere l’erogazione di una adeguata remunerazione, senza però procedere ad alcuna quantificazione, rimessa invece alle normative nazionali. Concludeva per l’infondatezza della censura dei ricorrenti, i quali avevano sostenuto che il legislatore nazionale si era reso inadempiente per avere sospeso l’efficacia del D.Lgs. n. 568 del 1999, avendo ritenuto di dare attuazione alla direttiva Europea sostanzialmente confermando il contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991.

3. Per la cassazione di tale sentenza i medici hanno proposto ricorso affidato a tre motivi. Le Amministrazioni hanno resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia omessa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46 e del D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8 con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 249 c.c., comma 3 trattato CEE, del principio comunitario di legale cooperazione tra Stati membri e Istituzioni comunitarie e del principio comunitario di certezza del diritto, sulla diretta efficacia dell’allegato 1 (adeguata retribuzione) della direttiva 93/16 nell’ordinamento italiano, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Si assume che il blocco dell’adeguamento della borsa di studio nel periodo interessato dal giudizio costituisce recepimento parziale della direttiva comunitaria, in quanto incide sul carattere di adeguatezza che la retribuzione deve avere secondo quanto stabilito dalla Comunità Europea. Si richiede che sia rimosso il limite cronologico espressamente stabilito dal D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8 al quale ha fatto seguito la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, secondo cui le disposizioni del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 si applicano soltanto a decorrere dall’anno accademico 2006/2007. Si deduce che il D.P.C.M. 7 marzo 2007 aveva stabilito che, a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, il trattamento economico relativo al contratto di formazione specialistica dei medici ammonta ad un importo compreso tra Euro 25.000.000 ed Euro 26.000.000 annui contro la precedente borsa di studio, rimasta fissa negli anni e pari ad Euro 11.598,33, con una differenza annua di Euro 14.407,00.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’allegato alla direttiva 93/16, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, con conseguente errata qualificazione dell’attività prestata dai medici specializzandi a favore dell’Università. Si assume che l’impegno richiesto dal medico per la formazione specialistica è pari a quello previsto per il personale medico del Servizio Sanitario Nazionale, implicando l’obbligo (art. 2104 c.c.) di eseguire personalmente le prestazioni dedotte nel contratto e di osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dai tutori nell’ambito di un orario di lavoro predeterminato.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione delle direttive CEE 82/76 e 93/16, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si assume che il precetto di adeguata remunerazione derivante dalla normativa comunitaria è sufficientemente preciso e, pertanto, è violato dalla normativa che ha “congelato” il trattamento. Lo Stato italiano, una volta definito con il D.Lgs. n. 368 del 1999 per l’avvenire il sistema di remunerazione degli specializzandi, non avrebbe potuto, con la stessa legge, all’art. 46, e con i successivi interventi normativi, differire la corresponsione del compenso adeguato per proprie ragioni di compatibilità finanziaria.

4. Il ricorso è infondato, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, formatasi recentemente, ma ormai consolidata in materia.

4.1. Con orientamento costante questa Corte ha stabilito che la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacchè la Direttiva 93/16/CEE non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui al D.Lgs. cit.: v. Cass. nn. 6355, 4449 e 13445 del 2018, nn. 14168 e 15814 del 2019, nonchè Cass. n. 5715 del 2019, che richiama molteplici ordinanze della Sezione Sesta di questa Corte (tra le ultime, nn. 24805, 24804, 24803, 24802, 24708, 20419, 6355 e 13445 del 2018; sulla base e recepimento di Cass. Sez. L -, Sentenza n. 4449 del 23/02/2018, ove sono affrontati molteplici profili: retroattività del D.Lgs. n. 368 del 1999; parità di trattamento; natura di lavoro subordinato o meno dell’attività svolta dagli specializzandi, conformità al diritto UE; problemi di legittimità costituzionale).

5. Già in precedenza la Corte (Cass. n. 794 e n. 15362 del 2014) aveva affermato che il recepimento delle direttive comunitarie che hanno previsto una adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole di specializzazione (direttive non applicabili direttamente nell’ordinamento interno, in considerazione del loro carattere non dettagliato) è avvenuto con la L. 29 dicembre 1990, n. 428 e con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, e non in forza del nuovo ordinamento delle scuole di specializzazione di cui al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368.

6. Con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 il legislatore italiano, dando attuazione, sia pure tardivamente, al disposto della direttiva n. 82/76/CEE del Consiglio, stabilì in favore dei medici ammessi alle scuole di specializzazione una borsa di studio determinata per l’anno 1991 nella somma di Lire 21.500.000. Tale somma era destinata ad un incremento annuale, a decorrere dal 1 gennaio 1992, sulla base del tasso programmato di inflazione, incremento fissato ogni triennio con decreto interministeriale. Il meccanismo di adeguamento venne peraltro bloccato successivamente, con effetto retroattivo, dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, passata indenne al vaglio della Corte costituzionale (sentenza n. 432 del 1997), e da altre leggi successive (v. sul punto la citata sentenza n. 4449 del 2018, cui si rinvia per la ricostruzione normativa).

7. In seguito, dando attuazione alla direttiva n. 93/16/CE, il legislatore nazionale intervenne sulla materia con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, che raccolse in un testo unico le precedenti direttive n. 75/362 e n. 75/363 CEE, con le relative successive modificazioni. Tale decreto – in seguito ampiamente modificato dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 300, – riorganizzò l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato “contratto di formazione-lavoro” e poi “contratto di formazione-specialistica”, art. 37 D.Lgs. cit.), da stipulare e rinnovare annualmente tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa ed in una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali (art. 39 D.Lgs. cit.).

7.1. Questo contratto non dà luogo ad un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, nè è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 Cost. ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (v. in tal senso, da ultimo, Cass. n. 18670 del 2017, che richiama Cass. 20403 del 2009, 27481 del 2008, n. 6427 del 2008).

8. Dunque, in sintesi, il nuovo meccanismo retributivo di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999 è divenuto operativo solo a decorrere dall’anno accademico 20062007 (art. 46, comma 2 D.Lgs. cit., nel testo risultante dalle modifiche introdotte prima dal D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 8 e poi dal già citato L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300), mentre le disposizioni del D.Lgs. n. 257 del 1991 sono rimaste applicabili fino all’anno accademico 2005-2006. Il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica è stato poi in concreto fissato con i D.P.C.M. 7 marzo 2007, D.P.C.M. 6 luglio 2007 e D.P.C.M. 2 novembre 2007.

9. Il ricorso, nel suo complesso, chiede a questa Corte di stabilire 1) se la direttiva n. 93/16/CE abbia avuto o meno una portata innovativa rispetto a quanto stabilito dalle precedenti direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE e n. 82/76/CEE; 2) se il concetto di retribuzione adeguata sia mutato nel passaggio dalle precedenti alla più recente direttiva; 3) se e quando lo Stato italiano abbia adempiuto all’obbligo di garantire ai medici specializzandi una retribuzione adeguata.

10. Le pronunce di questa Corte in precedenza richiamate hanno già risposto a tali domande nei termini che la decisione odierna intende ulteriormente confermare.

10.1. Ai sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, gli effetti delle nuove disposizioni, contenute nel D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 – le quali prevedono sia la stipula del nuovo contratto di formazione, con gli specifici obblighi che ne derivano, sia il corrispondente trattamento economico- sono applicabili, come anticipato, solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007.

10.2. La direttiva 93/16/CE, che costituisce un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti, non ha registrato un carattere innovativo con riguardo alla misura dei compensi da riconoscersi agli iscritti alle scuole di specializzazione. La previsione di un’adeguata remunerazione per i medici specializzandi è infatti contenuta nelle precedenti direttive n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 (le cui disposizioni la direttiva n. 93/16 si limita appunto a recepire e riprodurrei senza alcuna modifica), e i relativi obblighi debbono pertanto ritenersi già attuati dallo Stato italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.

10.3. L’importo della predetta borsa di studio è da ritenersi di per sè sufficiente e idoneo adempimento agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunce di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’adeguatezza, nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso testo legislativo e poi sospesi dalla successiva legislazione, sottolineando che “nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, nè sono posti i criteri per la determinazione della stessa (Cass. 26/05/2001 n. 11565)” (Cass. n. 12346 e 18710 del 2016; l’indirizzo trova indiretta conferma nella sentenza n. 432 del 23 dicembre 1997 della Corte Costituzionale, che ha escluso l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative che avevano disposto la sospensione degli adeguamenti della borsa alla svalutazione monetaria).

10.4. Il nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il D.Lgs. n. 368 del 1999, e il relativo meccanismo di retribuzione, non possono pertanto ritenersi il primo atto di effettivo recepimento e adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi, e come tale non lesiva del principio ex art. 3 Cost. o dei principi unionali (Cass. n. 4449 del 2018, cit.).

11. La soluzione accolta dalla Corte territoriale con la sentenza ora impugnata è linea con la giurisprudenza di legittimità ora citata e qui ulteriormente ribadita.

12. Il ricorso va dunque rigettato con compensazione delle spese, tenuto conto della complessità delle questioni e del fatto che le stesse hanno trovato definitiva composizione nella recente giurisprudenza di questa Corte, citata al punto 4 che precede, intervenuta in epoca successiva (2018) alla data di proposizione del ricorso per cassazione (2017).

13. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte degli odierni ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto de sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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