Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4184 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 19/02/2020, (ud. 19/06/2019, dep. 19/02/2020), n.4184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1005-2017 proposto da:

UNIVERSITA’ STUDI UDINE, in persona del Rettore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOMENIZZA 3, presso lo studio

dell’avvocato MICHELINO LUISE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FLAVIANO DE TINA;

– ricorrente – controricorrente all’incidentale –

contro

E.W., A.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PINELLI,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO

CARONIA;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, C.F. (OMISSIS), MINISTERO

DELLA SALUTE C.F. (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F.

(OMISSIS), REPUBBLICA ITALIANA;

– intimati –

avverso la sentenza definitiva n. 123/2016 della CORTE D’APPELLO di

TRIESTE, depositata il 02/08/2016 R.G.N. 338/2013;

avverso la sentenza non definitiva n. 356/2015 della CORTE D’APPELLO

di TRIESTE, depositata il 26/11/2015 R.G.N. 338/2013.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Udine respingeva le domande proposte da A.M., da E.W. e da altri due medici – che avevano frequentato corsi di specializzazione a partire dal 2000/2001 – intese ad ottenere il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale asseritamente loro causato dalla tardiva trasposizione della direttiva 93/16/CEE;

2. con sentenza non definitiva del 26.11.2015, la Corte d’appello di Trieste, in parziale accoglimento dell’appello di A.M. e di E.W., che per il resto confermava, accertava e dichiarava il diritto dei predetti a percepire, fino al termine dell’anno accademico 2005 – 2006, la borsa di studio introdotta dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 nella misura risultante dall’adeguamento triennale previsto dalla medesima norma, determinandone l’importo in Euro 1203,75 mensili a partire del gennaio 1997, Euro 1337,34 da gennaio 2000, Euro 1443,57 da gennaio 2003 ed Euro 1824,40 da gennaio 2006, riservando al giudizio definitivo l’esatta quantificazione delle differenze di credito degli appellanti;

3. veniva osservato che, alla stregua dei principi fissati dalla C.G.U.E. (da ultimo, con sentenza 3.10.2000 in causa C-371/97, Gozza), la normativa comunitaria non imponeva in modo vincolante ed automatico di preferire il trattamento economico e normativo introdotto, a partire dall’anno accademico 2006/2007, dal D.Lgs. n. 368 del 1999, come modificato dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, rispetto a quello previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991 e che l’applicazione di un trattamento differenziato alle medesime fattispecie, ma in momenti diversi, non contrastava con il principio di uguaglianza, poichè il fluire del tempo poteva costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche;

4. era ritenuta l’adeguatezza del trattamento, essendo mancate, tra l’altro, l’allegazione e la prova che le parti, accanto al, o al posto del, rapporto finalizzato alla formazione specialistica ed al conseguimento di un titolo riconoscibile dagli altri Stati Europei ai sensi della direttiva comunitaria citata, ne avessero costituito un altro, diverso e distinto, qualificabile come vero e proprio rapporto di lavoro subordinato;

5. erano pertanto esclusi sia il diritto soggettivo degli appellanti ad ottenere l’applicazione retroattiva della remunerazione vigente, sulla base del D.Lgs. n. 368 del 1999, dall’anno accademico 2006/2007, sia il diritto degli stessi ad essere risarciti per un ipotetico danno subito a causa di una inesistente attuazione tardiva, o errata, o parziale, della direttiva comunitaria 93/16/CEE da parte dello Stato Italiano;

6. quanto all’adeguamento della borsa di studio ai sensi del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 in base all’incremento annuo del tasso programmato d’inflazione, erano richiamati i principi della S. C., che aveva affermato che lo stesso non era riconoscibile fino al 31.12.2005, laddove, al contrario, il blocco degli incrementi contrattuali non si era esteso successivamente al 31.12.1993, riguardando il solo biennio 1992-1993; ai fini della quantificazione delle differenze dovute, doveva mantenersi la differenza originaria esistente tra i due trattamenti (quello del medico dipendente del SSN ed il tetto massimo della borsa di studio), essendo diversi natura, funzione e contenuto degli stessi;

7. con sentenza definitiva del 2.8.2016, la Corte d’appello di Trieste condannava l’Università a pagare agli appellanti complessivi Euro 25.834,62, i cui componenti erano maggiorati di interessi di legge dalle singole scadenza al saldo;

8. di tali decisioni ha domandato la cassazione l’Università degli Studi di Udine, affidando l’impugnazione a due motivi avverso la sentenza non definitiva ed a quattro avverso quella definitiva;

9. hanno resistito con controricorso l’ A. e l’ E., che hanno proposto ricorso incidentale, affidato a quattro motivi, cui ha resistito l’Università con controricorso; il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e Finanze e la Presidenza del Consiglio dei Ministri sono rimasti intimati;

10. entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’adunanza ed i medici hanno fatto istanza di rimessione alle ss. uu., segnalando l’esistenza di orientamenti interpretativi contrastanti all’interno della Corte;

11. le parti ricorrenti (incidentali) hanno comunicato memoria contenente istanza di rimessione alle sezioni unite, per un prospettato contrasto nella giurisprudenza di questa Corte in ordine: a) alla sussistenza o meno del diritto, loro riconosciuto dalla Corte d’appello nei confronti dell’Università, alla rideterminazione triennale con decreto del Ministero della Sanità in funzione del miglioramento minimo previsto dalla contrattazione collettiva del personale medico del SSN, previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1; b) alla spettanza o meno del diritto risarcitorio per mancata o ritardata attuazione da parte dello Stato italiano di direttive comunitarie, loro negato dalla Corte d’appello.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. quanto all’istanza di rimessione alle ss.uu., nessuno dei due contrasti rappresentati sussiste:

a) non il primo, posto che l’indirizzo giurisprudenziale che riconosce il diritto alla rideterminazione triennale, sul presupposto che il blocco della contrattazione collettiva riguardi il solo biennio 1992/93 e non anche il periodo successivo al 31 dicembre 1993 (Cass. 17 giugno 2008, n. 16385; Cass. 29 ottobre 2012, n. 18562; Cass. 18 giugno 2015, n. 12624), non è stato smentito dalla più recente sentenza 23 febbraio 2018, n. 4449 di questa Corte;

ed infatti, in esito a critica ricognizione del quadro normativo in materia di c.d. “blocco” del tasso di inflazione (p.ti 42 – 45 in motivazione), in più specifico riferimento all’incremento delle borse di studio al tasso programmato di inflazione (p.ti 46 – 52 in motivazione) e quindi alla rideterminazione triennale in questione (p.ti 53 – 58 in motivazione), essa ha concluso che, a partire dal 1998 e sino al 2005, le borse di studio dei medici specializzandi non siano soggette a detto incremento (p.to 59 della motivazione), sulla base della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12 secondo cui: “A partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui al predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1”; così valorizzando un dato normativo che, lungi dall’essere stato diversamente interpretato, neppure è stato esaminato dalle precedenti sentenze;

b) ma neppure il secondo, perchè questa Corte ha sempre escluso che la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 si applichi, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006 – 2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, soggetti al regime istituito dal D.Lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacchè la Direttiva 93/16/CEE non ha introdotto alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio prevista dal D.Lgs. cit., senza alcuna irragionevole diversità di trattamento, essendo il legislatore libero di differire gli effetti di una riforma e costituendo il fluire del tempo elemento di per sè idoneo di diversificazione della disciplina (da ultimo: Cass. 23 febbraio 2018, n. 4449; Cass. 14 marzo 2018, n. 6355; Cass. 27 febbraio 2019, n. 5715; 14 maggio 2019, n. 12749);

piuttosto, le sentenze indicate come espressive di un contrario indirizzo, che riconoscerebbe(ro) anche agli specializzandi destinatari della borsa di studio il diritto al risarcimento del danno per mancata o ritardata attuazione da parte dello Stato italiano di direttive comunitarie, in realtà interessano i medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, cui esso spetta per inadempimento dello Stato italiano alla tempestiva attuazione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE (come anche recentemente ribadito, con opportune precisazioni temporali, da: Cass. s.u. 31 luglio 2018, n. 20348; Cass. s.u. 27 novembre 2018, n. 30649), appunto cessato con l’istituzione della borsa di studio;

quanto infine alle sentenze di questa Corte del 22 aprile 2015, n. 8242 e n. 8243, che in effetti si riferiscono a medici specializzandi beneficiari di borsa di studio per anni anteriori al 2007 ed oggetto di particolare segnalazione nell’istanza di rimessione, esse si fondano tuttavia sull’equivoco richiamo della diversa ipotesi interessante il periodo precedente il D.Lgs. n. 257 del 1991: come si evince dal ragionamento argomentativo in esse svolto, esclusivamente fondato sulla sentenza di questa Corte a sezioni unite 17 aprile 2009, n. 9147, relativa alla diversa ipotesi di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE), che ha affermato il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, ricondotto allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica;

l’istanza di rimessione esaminata deve pertanto essere disattesa;

Ricorso PRINCIPALE.

2. quanto alla sentenza non definitiva:

2.1. con il primo motivo, l’Università degli Studi di Udine denunzia violazione o falsa applicazione L. 289 del 2002, art. 36 (legge Finanziaria 2003) e della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, (misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), osservando che la sentenza impugnata non ha preso in considerazione ed applicato il blocco per le borse di studio corrisposte ai medici specializzandi ai sensi dell’art. 257/91, il cui ammontare rimane consolidato nell’importo previsto dalla L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, e ss. modificazioni, a nulla rilevando il richiamo nella prima parte dell’art. 36 Legge Finanziaria del 2003 alle sole disposizioni del D.Lgs. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5.

2. 2. con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 2948 c.c. in tema di prescrizione, sostenendo che, essendosi le scuole di specializzazione concluse nel 2005, il credito era prescritto, dovendo aversi riguardo ad una prescrizione quinquennale, avuto riguardo al pagamento in termini più brevi dell’anno;

3. quanto alla sentenza definitiva:

3.1. con il primo motivo, l’Università ascrive alla decisione impugnata violazione della L. n. 289 del 2002, art. 36 e, con il secondo, violazione dell’art. 2948 c.c., proponendo motivi analoghi a quelli articolati avverso la sentenza non definitiva;

3.2. con il terzo motivo, deduce nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., per essere stata proposta domanda di mero accertamento e, con il quarto motivo, lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1292,1293 e 1294 c.c., D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1 e 2, e L. n. 428 del 1990, art. 6, comma 1 in relazione alla mancata affermazione di un obbligo di solidarietà a carico di tutti gli altri soggetti evocati in giudizio, essendo tenuta per legge l’Università solo ad erogare le somme;

4. il primo motivo è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento di tutti gli altri;

4.1. rispetto alla questione dell’adeguamento agganciato all’evolversi della contrattazione collettiva, questa Corte, attraverso una dettagliata ricostruzione normativa, ha evidenziato come la L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, abbia stabilito che “a partire dal 1998 resta consolidata in Lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui al predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1″, con dato letterale inevitabilmente destinato a riguardare entrambi gli aggiornamenti di cui alla disposizione interessata e dunque non solo l’indicizzazione, ma anche la riparametrazione ai nuovi valori della contrattazione collettiva;

4.2. è stato osservato come il dato letterale dell’art. 32 evidenzia che il legislatore ha fatto riferimento all’intero corpus normativo contenuto nel D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1 e, dunque, sia all’incremento annuale del tasso programmato d’inflazione, sia alla rideterminazione triennale correlata al miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale (c. 1) e che siffatta lettura trova conforto nella circostanza che l’intera quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialistici, a far tempo dal 1998, è stata consolidata nell’importo pari a 315 miliardi di Lire;

4.3. è stato considerato che il blocco dell’incremento annuale e della rideterminazione delle borse di studio previsto dal citato L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12 è stato confermato dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1 (legge finanziaria 2003) e tale disposizione – dopo avere stabilito che le disposizioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 66 e 67, e da ultimo dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22 contenenti il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005 – stabilisce che, fino alla stipula del contratto annuale di formazione e lavoro previsto dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, art. 32 l’ammontare delle borse di studio corrisposte ai medici in formazione specialistica ai sensi del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, a carico del Fondo sanitario nazionale, rimane consolidato nell’importo previsto dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12, e successive modificazioni;

4.4. da ciò è stato ricavato che, a partire dal 1998 e sino al 2005, le borse di studio dei medici specializzandi non erano soggette all’incremento triennale previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1”:

4.5. se pur è vero che quest’ultimo incremento era stato riconosciuto (Cass. 18 giugno 2015, n. 12624; Cass. 29 ottobre 2012, n. 18562 e Cass. 17 giugno 2008, n. 16385), sul presupposto che il blocco degli incrementi contrattuali non si fosse esteso successivamente al 31 dicembre 1993 e riguardasse solo il biennio 1992-1993, l’assunto è stato rivisto appunto da Cass. n. 4449/2018 cit., in considerazione non tanto di una diversa interpretazione, quanto piuttosto valorizzandosi una normativa riguardante quanto meno il periodo successivo all’entrata in vigore della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, (in cui ricadono le borse di studio oggetto di questa causa, che decorrono dall’anno accademico 1998/1999) e non considerata da quei precedenti (cfr., nei termini riportati, Cass. 23.2.2018 n. 4449; Cass. 13.6.2019 n. 15966 – punto 3.2 dei considerando-);

Ricorso INCIDENTALE:

5. con il primo motivo, l’ A. e l’ E. denunciano omessa pronuncia e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. 37 – 39 e 46 del D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8 e L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, art. 189, comma 3, Trattato CEE, della L. n. 128 del 1998, art. 2 e dell’art. 1 AII.1 Dir 93/16/CE, del D.Lgs. n. 370 del 1999, art. 11 assumendo che il legislatore nazionale abbia svuotato di contenuto il principio di adeguatezza della remunerazione, determinando il compenso discrezionalmente e differendo per ragioni di compatibilità finanziaria l’attribuzione dell’adeguato trattamento riconosciuto solo in base ai D.P.C.M. 7 marzo 2007, D.P.C.M. 6 luglio 2007 e D.P.C.M. 2 novembre 2007 e ritenendo che la misura del danno risarcibile – cui sono tenuti solidalmente MIUR Ministero della Salute, MEF e Presidenza del Consiglio, oltre che l’Università – sia pari alla differenza tra il trattamento concretamente percepito e quello riconosciuto in base ai D.P.C.M. 2007;

6. con il secondo motivo, i ricorrenti incidentali invocano il diritto al riadeguamento della borsa di studio in ossequio ad entrambi i criteri di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 anche per indicizzazione annuale in base all’ISTAT, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 6 suddetto, del D.L. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, conv. in L. n. 438 del 1992, della L.n. 537 del 1993, art. 3, comma 36, L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, L. n. 488 del 1999, art. 22L. n. 289 del 2002, art6. 3, comma 36, ed omessa pronuncia in merito a fatto decisivo, ovverosia il mancato riconoscimento dell’adeguamento della borsa di studio per indicizzazione annuale in rapporto al costo della vita;

7. il terzo motivo si fonda sulla dedotta applicazione della prescrizione decennale al diritto alla rideterminazione triennale della borsa di studio D.Lgs. n. 257 del 1991, ex art. 6 sulla assunta decorrenza del termine di prescrizione dall’emanazione D.P.C.M. 7 marzo 2007, D.P.C.M. 6 luglio 2007 e D.P.C.M. 2 novembre 2007, sostenendo i ricorrenti che, in relazione ai meccanismi di adeguamento di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 5 debba trovare applicazione la prescrizione decennale, in quanto si tratta di adeguamento di un corrispettivo contrattuale solo in apparenza periodico in quanto si tratta di prestazione unitaria erogata frazionatamente nel tempo, condotta permanente idonea a generare un obbligo di risarcimento a favore dei soggetti;

8. il quarto motivo censura la decisione impugnata per omessa decisione e violazione dell’art. 112 c.p.c. del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39, del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1, 2 e 3, in relazione alla condanna alla rideterminazione triennale della borse di studio da parte della Presidenza del Consiglio e di tutti i Ministeri evocati in giudizio, con vincolo di responsabile solidale di tutti i legittimati passivi;

9. quanto al primo motivo del ricorso incidentale, è sufficiente porre richiamo a quanto affermato da questa Corte (cfr., in termini, Cass. nn. 16137, 15520, 15293, 15294, pronunciate all’udienza del 7.2.2018, ed alla citata Cass. 4449/18), che ha evidenziato nelle indicate pronunce come: la disciplina recata dalla Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CE, non contenga alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, nè dei criteri di determinazione di tale remunerazione; con il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368 il legislatore abbia dato attuazione alla direttiva 93/16/CEE e, nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991, abbia esercitato legittimamente la sua potestà discrezionale; non sia inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione, la quale costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non possa essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività suddetta e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi; la ìnconfigurabilità dei rapporti di formazione specialistica in termini di subordinazione esclude la applicabilità dell’art. 36 Cost.;

10. con riguardo al secondo motivo, ugualmente infondato, vanno richiamati i principi già affermati da questa Corte di legittimità secondo cui l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, comma 1, non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni dal 1993 al 2005 (v. motivazione sub precedente par. 4);

11. le questioni della prescrizione e della responsabilità solidale di tutti i Ministeri e della P.C.M., prospettate dai ricorrenti incidentali nel terzo e nel quarto motivo sono evidentemente assorbite dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale;

12. in conclusione, l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale determina l’assorbimento degli altri motivi del ricorso principale e del terzo e del quarto motivo del ricorso incidentale; il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale vanno, invece, rigettati;

13. all’accoglimento del primo motivo del ricorso dell’Università consegue la cassazione della decisione impugnata (sentenza non definitiva, con riflessi su quella definitiva di quantificazione del credito);

14. potendo essere adottata decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384, 2 comma, 2 parte, – non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – vanno rigettate le domande proposte da A.M. e da E.W.;

15. la complessità giuridica della vicenda e della stratificazione del quadro normativo delineatosi in ordine alle borse di studio dei medici iscritti alle scuole di specializzazione giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo tra tutte le parti in causa;

16. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri del ricorso principale ed il terzo ed il quarto del ricorso incidentale, rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta le domande di A.M. e di E.W., compensando tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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