Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4184 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/02/2017, (ud. 20/09/2016, dep.16/02/2017),  n. 4184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 28894/12) proposto da:

F.F., FR.FR., F.M.C.,

S.E. in F., rappresentati e difesi, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to Riccardo Pelliccia del

foro di Perugia ed elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’Avv.to Salvatore Spadaro in Roma, via Giovanni Vitelleschi n.

26;

– ricorrenti –

contro

M.R., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 251

depositata l’11 giugno 2012;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 20

settembre 2016 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l’Avv.to Riccardo Pelliccia, per parte ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22 giugno 2002 F.F., Fr.Fr., F.M.C. ed S.E. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Perugia – Sezione distaccata di Todi, Gi., Ri., Sa. ed Sa.El., esponendo di essere proprietari, quali eredi di F.R., di alcuni fondi siti nel territorio del Comune di (OMISSIS), distinti con le particelle (OMISSIS) del NCT che, individuati, all’epoca alla vecchia mappa di (OMISSIS), con le particelle (OMISSIS), parte del (OMISSIS)resto, erano stati acquistati dal loro dante causa nel 1951 dalla sorella Lu. ed erano stati erroneamente intestati nel 1954 nel NCT alla famiglia Sa.; chiedevano, quindi, che fosse accertata la loro proprietà dei fondi suddetti, con condanna dei convenuti al rilascio.

I convenuti rimanevano contumaci.

Con successivo atto di citazione notificato il 22 giugno 2002 gli attori convenivano davanti al medesimo giudice Sa.No., G. ed + ALTRI OMESSI

In tale ultimo giudizio si costituiva il solo Sa.No., il quale chiedeva il rigetto della domanda attrice.

Il giudice adito, riunite le cause ed istruite le stesse a mezzo di c.t.u., con sentenza del 6/17 marzo 2009, rigettava le domande di parte attrice per difetto di prova circa la titolarità del diritto di proprietà (c.d. probatio diabolica).

In virtù di rituale appello interposto da F.F., Fr.Fr., F.M.C. ed S.E., con il quale evocavano, oltre agli originari convenuti, gli eredi di Sa.No., M.R., sa.ma., Sa.Fl.Ol., di cui si costituiva la sola M.R., chiedendo il rigetto dell’appello, la Corte di Appello di Perugia, con sentenza n. 251 del 2012, rigettava l’appello.

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale, precisato che la domanda di restituzione dei terreni, in appello, era insistita solo nei confronti di Sa.No. e ora dei suoi eredi, gli unici ad avere il possesso dei beni in questione, riteneva corretta la qualificazione della domanda attorea come di rivendica, con la conseguenza che il convenuto non era tenuto a contestare la proprietà dell’attore essendo sufficiente che non la riconoscesse.

Nè poteva ritenersi attenuato l’onere probatorio in capo agli attori in considerazione della condotta processuale del possessore che si era limitato a sostenere la propria posizione di fatto nei confronti del terreno, da cui avrebbe fatto discendere la proprietà, senza però svolgere domanda di usucapione (peraltro negative le visure rispetto ad un acquisto da parte di costui della proprietà del terreno controverso, in ragione della posizione assunta dai convenuti), in ragione del fatto che tale prospettazione difensiva era posta in via logicamente subordinata al riconoscimento della proprietà in capo agli attori. Inoltre non era stato provato dagli originari attori, unitamente al titolo, il possesso del proprio dante causa, mentre era incontestato che il convenuto avesse avuto il possesso dei beni de quibus dal 1973, instaurato il giudizio solo nel 2002, ad usucapione maturata.

Avverso tale sentenza della Corte di Appello di Perugia hanno proposto ricorso per cassazione F.F., Fr.Fr., F.M.C. ed S.E., articolato su due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 378 c.p.c..

Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed il secondo motivo – che, stante la loro connessione argomentativa, possono essere trattati congiuntamente – i ricorrenti deducono l’avvenuto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero, in subordine, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., poichè la corte territoriale non aveva tenuto conto che era stato dimostrato un acquisto a titolo originario per usucapione, atteso che il loro dante causa avrebbe posseduto ininterrottamente i beni in esame dal ’41-‘42-’51 sino al 1973, come si desumeva dalla relazione tecnica datata 26 novembre 1990 predisposta dal geometra di parte Ma.Fo..

Inoltre, essi lamentano che la corte territoriale avrebbe omesso di prendere in considerazione la visura dei RR.II. di Perugia, la quale era negativa per ogni acquisto, a titolo originario o derivativo, “in favore dei Sa.”, circostanza da cui si sarebbe dovuto desumere che non erano stati provati il possesso o la detenzione degli intimati e, quindi, sarebbe derivata l’attenuazione dell’onere probatorio gravante su essi ricorrenti.

Le doglianze sono prive di pregio.

La Corte di Appello di Perugia, invero, ha espressamente valutato la questione del dedotto acquisto per usucapione dei terreni de quibus ad opera del dante causa dei ricorrenti, ma l’ha ritenuta non fondata, in quanto – nonostante fosse stata accertata l’esistenza dei titoli derivativi del 1941, del 1942 e del 1951, e un non contestato possesso dei beni de quibus da parte di Sa.No. in capo a F.R. dal 1941/1942 al 1973 – era rimasto accertato, per averlo riconosciuto gli stessi attori, che dal 1973 e fino alla data di introduzione del presente giudizio (anno 2002) il possessore esclusivo dei terreni in contestazione era divenuto il Sa.; nè sono stati dedotti ovvero provati atti interruttivi del possesso predetto in danno di Sa.No.. Inoltre il Sa. fin dalla prima difesa ha dedotto l’eccezione di usucapione per avere avuto il possesso dal 1973 in poi, riproposta ex art. 346 c.p.c., in appello dalla sua erede, M.R., eccezione che ha trovato accoglimento (seppure in via subordinata) nelle argomentazioni del giudice del gravame.

Ne consegue che la corte distrettuale ha statuito in conformità al principio enunciato da questa Corte in materia di onere probatorio nei procedimenti di rivendicazione della proprietà ex art. 948 c.c., secondo cui il rigore della regola per la quale chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza dell’asserito dominio sulla cosa anche attraverso i propri danti causa, fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell’usucapione, non è attenuato dalla proposizione della domanda riconvenzionale o dalla eccezione di usucapione, in quanto chi è convenuto nel giudizio di rivendicazione non ha l’onere di fornire alcuna prova, potendo avvalersi del principio possideo quia possideo, anche se opponga un proprio diritto di dominio sulla cosa rivendicata, poichè tale difesa non implica alcuna rinuncia alla vantaggiosa posizione di possesso (Cass. 17 maggio 2007 n. 11555).

Se ne ricava che la condotta processuale degli intimati e le risultanze della summenzionata visura catastale ovvero la consulenza tecnica di parte non hanno alcuna rilevanza dovendo ritenersi assorbente la circostanza del mancato assolvimento dell’onere probatorio circa la proprietà del bene ad opera dei rivendicanti, attestata solo formalmente dalle visure e dai titoli di provenienza.

Il ricorso va, quindi, rigettato.

Nessuna pronuncia sulle spese processuali del presente giudizio in mancanza di difese da parte degli intimati.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Sentenza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott. C.D..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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