Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4182 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. I, 21/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 21/02/2011), n.4182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14096-2008 proposto da:

C.C.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CHISIMAIO 42, presso l’avvocato FERRARA

ALESSANDRO, rappresentata e difesa dall’avvocato FERRARA SILVIO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

04/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. CRISTIANO Magda;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Napoli, con decreto del 4.12.07, ha respinto la domanda avanzata da C.C.F. nei confronti del Ministero dell’Economia e Finanze di riconoscimento di un equo indennizzo, preteso, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, per l’eccessiva durata del procedimento amministrativo da lei promosso dinanzi al TAR della Campania con ricorso del 12.2.97 e non ancora definito alla data del 22.3.07.

La Corte ha ritenuto che il comportamento processuale della C. – che non aveva in alcun modo contestato le circostanze dedotte dall’amministrazione resistente a sostegno dell’eccepita infondatezza del ricorso e che, dopo il tempestivo rigetto della domanda cautelare di sospensiva del provvedimento della P.A. impugnato, nei successivi dieci anni non aveva assunto alcuna iniziativa per ottenere la definizione del giudizio – assumesse chiaro valore sintomatico della mancanza di plausibili attese di accoglimento della pretesa avanzata. Ha quindi escluso, sul rilievo del difetto di una condizione soggettiva di incertezza, che la C. avesse patito quello stato di disagio che è presupposto indispensabile per il riconoscimento del danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo.

La C. ha chiesto la cassazione del provvedimento, affidandola a due motivi di ricorso.

Il Ministero dell’Economia e Finanze non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con entrambi i motivi di ricorso C.C.F. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6 par. 1, 13, 19 e 53 della Convenzione, nonchè vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione del provvedimento impugnato. Assume, in particolare, che nè il mancato utilizzo di strumenti – quali l’istanza di prelievo- volti a sollecitare la decisione, nè l’eventuale infondatezza della domanda avanzata valgono ad escludere la sussistenza del pregiudizio non patrimoniale derivante dalla ritardata definizione del processo.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati e meritano accoglimento.

Costituisce principio costantemente affermato da questa Corte che, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo di cui all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Ne consegue che il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale se non ricorrono, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente (Cass. SS.UU. 1338/04).

Da tale principio la Corte territoriale si è discostata, dando rilievo: per un verso, ad un comportamento processuale (la mancata assunzione da parte della C. di iniziative volte a sollecitare la definizione del giudizio) che può, tutt’al più, comportare una riduzione dell’entità del risarcimento (Cass. n. 25537/09); per l’altro alla (supposta) consapevolezza della ricorrente delle scarse possibilità di successo dell’iniziativa assunta dinanzi al TAR, senza considerare che il diritto alla ragionevole durata del processo non è condizionato all’esito favorevole del giudizio e che pertanto l’accoglimento o il rigetto della domanda non incidono sulla pretesa indennitaria della parte, salvo che questa si sia resa responsabile di lite temeraria o di vero e proprio abuso del processo (Cass. n. 28341/08).

Il decreto impugnato deve pertanto essere cassato e la causa rinviata, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Napoli, che la deciderà in diversa composizione, facendo applicazione dei principi di diritto enunciati.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia per un nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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