Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4181 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. I, 21/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 21/02/2011), n.4181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16770-2008 proposto da:

DE MICHELI S.N.C., (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ORTI DELLA FARNESINA 126, presso l’avvocato STELLA RICHTER GIORGIO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CASTAGNETTI

CLAUDIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositato il

21/02/2008, n. 124/07 R.G.V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. CECCHERINI Aldo;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato G. STELLA RICHTER che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’accoglimento del primo e

terzo motivo, inammissibile il secondo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto 21 febbraio 2008 la Corte d’appello di Campobasso respinse la domanda proposta dalla De Micheli s.n.c., rappresentata dal signor D.M.S., di equa riparazione per l’irragionevole durata della causa instaurata davanti al Pretore di Chieti con citazione notificata il 27 maggio 1988 a due compagnie assicuratrici, per un danno riportato da un suo autoveicolo in un sinistro. La sentenza pronunciata in appello dal Tribunale di Chieti il 6 dicembre 2002, di conferma del rigetto pronunciato in primo grado, era passata in giudicato a seguito del rigetto del ricorso per cassazione, con sentenza 8 marzo 2007.

La corte osservò che la lunga durata del processo, di 18 anni, cinque mesi e 5 giorni era ingiustificata, e l’irragionevole ritardo nella definizione era determinabile in dodici anni, cinque mesi e cinque giorni. Tuttavia la totale e palese infondatezza della domanda respinta in tutti i gradi, e illustrata dalla motivazione delle sentenze pronunciate nel giudizio presupposto, consentiva di ritenere dimostrata, anche in base ad un giudizio ex ante, la piena consapevolezza della parte ricorrente dell’infondatezza della sua pretesa, e ciò escludeva il danno non patrimoniale, mentre nessuna prova era stata data di un danno patrimoniale.

Per la cassazione del decreto, notificato il 30 aprile 2008, ricorre la società soccombente per tre motivi.

Il ministero non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due motivi di ricorso si censura per violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e per vizi di motivazione il rigetto della domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale, motivato dal giudice di merito con la piena consapevolezza dell’inammissibilità o comunque infondatezza della pretesa fatta valere nel giudizio presupposto.

Il motivo è fondato. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte, in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, perchè l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata costituiscono riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo. A tale regola deve farsi eccezione per il caso in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza (Cass. 28 ottobre 2005 n. 21088; tra le più recenti v. 26 aprile 2010 n. 9938). La motivazione con la quale è stata asserita la palese infondatezza della domanda, e dalla quale è stata poi con un ulteriore passaggio argomentata la consapevolezza di essa, si riduce al fatto che la domanda è stata respinta nei diversi gradi di giudizio, e che nei giudizi di merito vi è stata condanna alle spese. Nulla nei passi riportati della motivazione delle tre sentenze pronunciate nei giudizi di merito, e che si limitano all’affermazione della mancanza di prova del nesso causale tra il fatto allegato (esistenza di un buco nella rete di delimitazione della sede dell’autostrada) e la presenza di un cane sulla carreggiata, all’origine dell’incidente, autorizza il giudizio di temerarietà dell’azione, che non è stata affermata dai giudici del giudizio presupposto, non ha messo capo ad una condanna aggravata alle spese del processo e non viene neppure formalmente enunciata dalla corte territoriale nel decreto impugnato, nel quale ci si limita a prospettare in modo problematico, e in definitiva perplesso, soltanto “la piena consapevolezza della parte ricorrente dell’inammissibilità o comunque infondatezza della propria pretesa”, con un giudizio non giustificato dalle premesse.

In accoglimento del ricorso, pertanto, il decreto deve essere cassato, e la causa può inoltre essere decisa nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori indagini di merito, con la liquidazione del danno non patrimoniale, per quasi dodici anni di ingiustificato ritardo della decisione, liquidato in applicazione dei consueti criteri in complessivi Euro 11.750,00, oltre agli interessi dalla domanda.

Le spese del doppio grado di giudizio sono a carico dell’amministrazione e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna l’amministrazione al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del giudizio presupposto, di Euro 11.750,00, con gli interessi legali dalla domanda. La condanna altresì al pagamento delle spese del giudizio, liquidate per il grado davanti alla corte d’appello in complessivi Euro 1.650,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari e Euro 600,00 per diritti; e per il presente giudizio di legittimità in complessivi Euro 1.100,00, di ci Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione della Corte suprema di cassazione, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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