Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4180 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. III, 19/02/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 19/02/2020), n.4180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19379/2018 proposto da:

B.G., M.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA A. SERPIERI 8, presso lo studio dell’avvocato GAETANO

BUSCEMI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PAOLOALBERTO POLIZZI;

– ricorrenti –

contro

IPER MONTEBELLO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore

BR.NI.GE., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato SVEVA BERNARDINI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5338/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2015, M.A. e B.G. convenivano in giudizio la Ipermontebello S.p.A., per ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti a seguito della caduta dalle scale del M. avvenuta nell’immobile di proprietà della convenuta, sito in (OMISSIS).

A sostegno della propria domanda, parte attrice deduceva che, in data (OMISSIS), il M. era caduto a causa dell’assenza di illuminazione lungo le scale, anche di emergenza, provocata da un blackout elettrico e riportando gravi lesioni.

La convenuta, Ipermontebello S.p.A., costituitasi contestava la domanda attorca chiedendone il rigetto stante la riconducibilità dell’assenza di luce al caso fortuito ed in considerazione della condotta colposa dello stesso danneggiato.

Con sentenza n. 5414/2017, il Tribunale di Milano, respingeva la domanda sul presupposto che “la mancanza di illuminazione era certamente attribuibile ad un evento fortuito tale da escludere la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. (Black-ou e l’avere intrapreso la discesa nonostante l’impossibilità di vedere, costituisce volontaria e consapevole esposizione al pericolo da parte dello stesso danneggiato”.

2. La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 5338 del 19/12/2017, respingeva l’appello ritenendo che la situazione di possibile pericolo, black-out, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato. Precisava la Corte, infatti, che il sinistro si era verificato perchè il M., anzichè attendere il rispristino dell’alimentazione dell’energia elettrica, si era avventurato per le scale in discesa al buio.

Pertanto, la condotta, all’evidenza di grave imprudenza, era stata la sola che aveva determinato la caduta.

3. Avverso tale pronuncia M.A. e B.G. propongo ricorso in Cassazione, sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.

3.1. Ipermontebello S.p.A. resiste con controricorso. Ha depositato anche memoria.

Diritto

RILEVATO

che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sub specie: violazione dell’art. 115 c.p.c. (errore di metodo ed illogica mancanza di pronuncia su prove proposte dalla parte – illogicità del Provvedimento) e violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1 (errore di valutazione degli elementi di prova contraddittorietà sub specie travisamento di prova decisiva e omessa valutazione di prova positiva)”.

La Corte avrebbe violato gli artt. 115 e 116 c.p.c., ove ha asserito che l’attore “non ha mai offerto di provare il mancato funzionamento delle luci di emergenza che avrebbe dovuto attivarsi in caso di black-out”, omettendo di esaminare capitoli di prova atti a dimostrare il mancato funzionamento delle stesse. Pertanto, il Giudice di seconde cure avrebbe ricostruito in modo illogico e apodittico i fatti.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole della “nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per: omessa pronuncia sul motivo d’impugnazione relativo all’erronea valutazione delle istanze istruttorie in punto di accertamento del fatto-violazione art. 112 c.p.c.”. Omessa pronuncia in relazione a fatti dedotti dalla parte in relazione all’art. 112 c.p.c. – violazione art. 112 c.p.c.. Errore di percezione e violazione art. 115 c.p.c. – decisione fondata su prova “immaginaria” non corrispondente al dedotto.

La Corte non si sarebbe pronunciata sul terzo motivo d’impugnazione, relativo all’erronea valutazione delle istanze istruttorie in punto di accertamento del fatto, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112. Inoltre, non avrebbe esaminato fatti dedotti a fondamento della domanda, censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, per omissione di pronuncia. Il giudice di seconde cure avrebbe indicato inesatti mezzi istruttori legittimamente dedotti dalla parte, comportando la nullità della pronuncia.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta “Omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti -insufficiente e/o carente valutazione degli elementi di giudizio”.

La Corte avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio, relativo all’illuminazione di emergenza, che sarebbe stata presente nella discesa della prima rampa di scale mentre assenti nell’ultima rampa, dove appunto sarebbe avvenuta la caduta.

Pertanto, la Corte, motivando la propria decisione sul presupposto che la discesa del M. sia avvenuta al buio, non avrebbe ricostruito correttamente l’accaduto.

4.4. Con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sub specie di violazione ed errata applicazione dell’art. 2051 c.c. – onere probatorio – affermazione di principio errato: onere della prova in capo al danneggiato della causa concreta del danno – contrarietà a principi di diritto”.

Il ricorrente sostiene che a seguito della prova fornita dall’attore danneggiato, dell’evento dannoso e del nesso causale, sarebbe spettato alla parte convenuta dimostrare l’imprevedibilità oggettiva ovvero l’eccezionalità del comportamento del danneggiato o il verificarsi di un fatto estraneo interruttivo di quel nesso eziologico.

5. I motivi congiuntamente esaminati sono inammissibili perchè, con le doglianze in esso articolate, la parte ricorrente, in sostanza, sottopone alla Corte di legittimità inammissibili istanze di revisione di valutazioni di fatto, prevalentamente probatorie, rientranti nel sovrano apprezzamento del giudice del merito e non sindacabili in sede di legittimità.

In ogni caso i ricorrenti non colgono la ratio decidendi della sentenza del giudice di merito che ha affermato che il M., anzichè attendere il ripristino dell’alimentazione dell’energia elettrica, consapevole della presenza del black out elettrico, si avventurava per le scale, prive di finestre e di illuminazione. Ha quindi ritenuto che la condotta di grave imprudenza ha interrotto il nesso causale tra il fatto e il danno verificatosi.

6. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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