Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4179 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4179 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 6305-2007 proposto da:
ALVANO CARLO (c.f. LVNCRL46D14F839Q), SQUADRA MARIA
ROSARIA

(c.f.

SQDMRS46D58F839L),

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CORSO VITTORIO EMANUELE II

Data pubblicazione: 21/02/2014

154, presso lo studio del primo, che li rappresenta
e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –

2013
1903

contro

CREDITO EMILIANO S.P.A., in persona del Presidente
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

1

ALESSANDRIA 208, presso l’avvocato CARDARELLI ITALO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CARDARELLI
URBANO FABIO, CARDARELLI VINCENZO, giusta procura in
calce al controricorso;
– controri corrente –

3297/2006 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 31/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ACIERNO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato ALVANO CARLO che
si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine
accoglimento per quanto di ragione del secondo
motivo.

avverso la sentenza n.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Napoli,
confermando la pronuncia di primo grado relativa alla
domanda di ripetizione delle somme illegittimamente

percepite per interessi anatocistici, formulata da Carlo
Alvano e Maria Rosaria Squadra nei confronti della Banca
Credito Emiliano CREDEM, rigettava la domanda ed in ordine
alle censure delle parti appellanti, per quel che ancora
interessa, affermava :
a) La dedotta mancanza di sottoscrizione del difensore in
calce alla procura contenuta nella comparsa di risposta
dell’istituto di credito in primo grado, riguardava
esclusivamente la copia e non l’originale, come attestato
già dal giudice del primo grado. Inoltre, secondo il
consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità, doveva escludersi la nullità dell’atto quando
dai suoi complessivi elementi fosse certa la provenienza
del medesimo dal procuratore munito di mandato. Infine la
Corte d’appello sottolineava la genericità del motivo e la
sua inammissibilità;
b) La censura relativa all’illegittima esclusione delle
precisazioni delle domande formulate nella memoria ex art.
183 cod. proc. civ., doveva ritenersi ugualmente

3

.

inammissibile per genericità, non essendo comprensibile la
dedotta mancanza di novità;

t

c) La reiterata richiesta di esibizione di documenti in
possesso della Banca anche oltre il decennio

doveva

essere disattesa, avendo i correntisti il diritto di

comunque

non

oltre

novanta

giorni

copia

ottenere a proprie spese, entro un congruo termine e
della

documentazione inerente a singole operazioni poste in
essere solo negli ultimi dieci anni (art. 24 d.lgs n. 342
del 1999)’
/

d) La censura relativa alle errate conclusioni della
consulenza tecnica d’ufficio doveva ritenersi infondata
perché nel condurre l’indagine peritale erano stati
seguiti i criteri legali di capitalizzazione annuale degli
interessi debitori e creditori nonché la determinazione
normativa del tasso soglia.

Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per
cassazione Carlo Alvano e Maria Rosaria Squadra
affidandosi a tre motivi. Ha resistito con controricorso
l’istituto bancario.
Nel primo motivo viene censurata la violazione e falsa
applicazione degli artt. 83 e 125 cod. proc. civ. e 1350,
1399, 2699, 2703 cod. civ. in ordine alla dedotta mancanza
di nullità della procura contenuta nella comparsa di

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risposta del primo grado di giudizio nonostante la
mancanza della sottoscrizione del difensore al fine di
certificare l’autografia della parte conferente. Osservano
i ricorrenti che sia il Tribunale che la Corte d’Appello
hanno ritenuto sussistente la predetta sottoscrizione

sulla base dell’esame di un documento diverso da quello in
loro possesso, il quale ben poteva essere integrato
successivamente. La copia da essi esaminata al fine di
rilevare il vizio era l’unica che poteva costituire
oggetto d’indagine. Inoltre secondo i ricorrenti la
mancanza della sottoscrizione escludeva radicalmente
l’esistenza dello jus postulandi anche perché rilasciata
non solo al fine di esercitare il diritto di difesa ma
anche per transigere, desistere incassare somme e
rilasciare quietanze. Tali ulteriori attività
presuppongono una funzione gestoria più ampia che richiede
il formale conferimento della procura. Peraltro la
sanatoria successiva della carenza di sottoscrizione ha
fatto venire meno un requisito ineludibile della procura
medesima ovvero la necessità del rilascio anteriormente al
giudizio.

Nel secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione
e falsa applicazione degli artt. 63,64, 195, 196, 198 cod.
proc. civ.; 1283, 203 cod. civ. art. 120 T.U.B.; art. 25
d.lgs n. 342 del 1999; delibera C.I.C.R. 9/2/2000 per non
5

avere il giudice d’appello, nel respingere il gravame
sulla erroneità della consulenza tecnica d’ufficio, tenuto
conto che il consulente aveva esaminato un conto corrente
diverso da quello oggetto di causa ed aveva posto a
fondamento della sua relazione una convenzione extralegale

contenuta in una fotocopia mai prodotta in giudizio.
Inoltre non è stato rilevato dal consulente tecnico
d’ufficio il superamento del tasso soglia e non è stato
evidenziato che dal contratto prodotto in atti dai
ricorrenti non risultava alcuna pattuizione degli
interessi con conseguente ineludibile applicabilità del
solo tasso legale. Poiché si tratta di contratto del 1998,
anteriore alla modifica dell’art. 120 T.U.B. intervenuta
con l’art. 25 del d.lgs n. 342 del 1999 e dalla successiva
delibera C.I.C.R del 9 febbraio 2000 le clausole che
contenevano la previsione d’interessi anatocistici erano
affette da nullità radicale. Il motivo viene prospettato
anche come vizio di motivazione.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 24 1. n. 794 del 1942 per avere la
Corte d’Appello liquidato i diritti di procuratore e gli
onorari senza fornire adeguata motivazione. Il predetto
motivo viene formulato anche come vizio di motivazione.

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Il primo motivo è manifestamente infondato alla luce del
seguente, consolidato principio della giurisprudenza di
legittimità :

“La mancata certificazione, da parte del difensore,

dell’autografia della firma da parte del ricorrente,
apposta sulla procura speciale in calce o a margine del
ricorso per cassazione (e quindi a maggior ragione nella
copia notificata), costituisce una mera irregolarità, che
non comporta la nullità della procura “ad litem” perché
tale nullità non è comminata dalla legge, ne’ detta
formalità incide sul requisiti indispensabili per il
raggiungimento dello scopo dell’atto, individuabile nella
formazione del rapporto processuale attraverso la
costituzione in giudizio del procuratore nominato. (vedi
anche con riferimento al ricorso per cassazione

(Cass.

6959 del 2000; 27774 del 2011, quest’ultima con
riferimento al ricorso per cassazione)

Il secondo motivo deve dichiararsi inammissibile per
radicale difetto di specificità. Le censure prospettate
relativamente alle modalità di esecuzione dell’indagine
peritale e ai criteri di determinazione adottati sono
prive di qualsiasi riferimento testuale o produzione
rituale che possa aiutarne la comprensione ed il
fondamento. Il quesito di diritto che correda il motivo è
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disancorato dall’esposizione della censura e si chiude con
la richiesta di accertamento degli interessi applicabili,
del tutto genericamente indicati. Del pari inammissibile
la prospettazione della censura sotto il profilo del vizio
di motivazione, attesa la mancanza del momento di sintesi

finale, richiesta ex art. 366 bis cod. proc. civ., ratione
temporis applicabile, a pena d’inammissibilità del motivo.
La medesima sanzione d’inammissibilità per genericità va
rivolta all’ultimo motivo nel quale si contesta in via
generale l’assenza d’indicazioni, nella sentenza
impugnata, in ordine ai criteri di quantificazione delle
spese legali. Il motivo risulta, tuttavia, privo di
qualsiasi indicazione relativa alla preesistenza della
nota spese (o alla liquidazione officiosa), all’eventuale
superamento dei limiti legali, in conclusione alle ragioni
specifiche della contestazione, né risulta formulata una
censura di eccessività della liquidazione, essendo il
motivo centrato sulla mancanza di adeguata
giustificazione, in via generale / della quantificazione
adottata. Tale formulazione contrasta con l’orientamento
costante di questa Corte che richiede la prospettazione di
censure specificamente rivolte verso le partite
contestate e le tariffe violate (ex multis S.U. 433 del
1989). In ordine alla censura ex art. 360 n. 5 cod. proc.
civ. l’inammissibilità deriva dalla mancanza del momento
8
e

di sintesi, richiesta a pena d’inammissibilità, dall’art.
366 cod. proc. civ. ratione temporis applicabile.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso.
Roma, 3 dicembre 2013

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