Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4178 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4178 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 29675-2007 proposto da:
SCIOSCIA

GIOVANNI

(C.F.

SCSGNN38TO4G496M),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA
25-C, presso l’avvocato FALINI GIORGIO, che lo

Data pubblicazione: 21/02/2014

rappresenta e difende, giusta procura a margine
del ricorso;
– ricorrente-

2013
1794

contro

C.O.E.P. ROMA – CONSORZIO OPERATORI ECONOMICI DEL
PORTO DI ROMA (C.F./P.I. 30374546108), in persona

1

del

Liquidatore

pro

tempore,

elettivamente

domiciliato in ROMA, C.SO TRIESTE 109, presso
l’avvocato MARTINI ANTONIO, che lo rappresenta e
difende, giusta procura a margine della comparsa
di costituzione;

avverso la sentenza n. 4109/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 21/11/2013 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito, per il ricorrente,

l’Avvocato FALINI

GIORGIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

– controricorrente –

2

Svolgimento del processo

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Il C.O.E.P. Roma- Consorzio Operatori Economici del Porto
di Roma agiva nei confronti di Scioscia Giovanni chiedendo
che fosse dichiarato nullo o inefficace il contratto

dell’8/11/1993, stipulato dal convenuto con il presidente
del Consorzio, Mario Sanetti, che aveva poteri meramente
esecutivi delle deliberazioni del consiglio direttivo
dell’ente.
Il convenuto si costituiva, contestando la fondatezza
della domanda.
Il Tribunale di Roma, con sentenza 6335/03, respingeva la
domanda, ritenendo applicabile in via analogica l’art.
2384 c.c.
La Corte d’appello, con sentenza 12/7-28/9/2006, ha
dichiarato inopponibile nei confronti del Consorzio il

contratto dell’8/11/1993, “di convenzione e mandato
irrevocabile”, stipulato dallo Scioscia con il presidente
pro tempore del Consorzio, Sanetti Mario, e respinto ogni
altra domanda; ha infine condannato lo Scioscia alle spese
dell’intero giudizio.
La Corte di merito ha basato la decisione sui seguenti
rilievi:
1)dall’esame dello statuto, emerge che il Consorzio ha
natura ibrida, non direttamente riconducibile al consorzio
di imprenditori ex art. 2602 e s.s. c.c., con scopo
3

genericamente

associativo

più

che

specificamente

imprenditoriale, propedeutico più che attuativo di una
intrapresa economica;
2)nell’ambito dei consorzi tra imprenditori,

l’ente

attività

meramente

interna,

non

essendo

avrebbe dovuto comunque essere inquadrato fra quelli ad
prevista

l’assunzione di obbligazioni verso terzi, né la
costituzione di un fondo comune, né era prevista da parte
del Consorzio attività diretta di realizzazione e gestione
del polo turistico, tant’è vero che, come risultante dall’
avviso di convocazione e dai verbali delle riunioni del 13
novembre e del 6 dicembre 1993, quando si era trattato di
presentare un’offerta di acquisto delle aree interessate
al progetto, che la Regione Lazio aveva posto in vendita,
l’ente aveva apportato allo statuto le necessarie
modifiche in relazione all’oggetto sociale ed ai correlati
poteri degli organi direttivi, con assunzione da parte dei
consorziati dell’obbligazione di versamento di un
consistente contributo per la formazione di un fondo
comune (modifica statutaria non ancora deliberata alla data
del contratto dell’8/11/93);
3) trova applicazione alla fattispecie non l’art. 2384
c.c., ma la disciplina delle associazioni non
riconosciute, e quindi la regola che il terzo deve poter
verificare previamente i poteri dell’organo con cui
4

contratta prendendo visione dello statuto, nel caso,
regolarmente depositato presso il registro imprese;
4)peraltro, lo Scioscia era ben consapevole che il
presidente del COEP non aveva i poteri di impegnare il

Consorzio, atteso che, oltre ad avere sostenuto ma non
provato che alle trattative aveva partecipato il comitato
direttivo, la parte aveva prodotto la missiva con cui il
Sanetti trasmetteva la copia dell’analoga convenzione con
la società Berlocci, poi annullata, e comunicava di aver
posto all’ordine del giorno della riunione dell’assemblea
del Consorzio del 13/10/93 il relativo argomento,
deliberazione non intervenuta, perché detta assemblea era
stata sospesa per le contestazioni dei soci prenotatari di
posti barca.
Avverso detta pronuncia ricorre lo Scioscia, sulla base di
un unico motivo.
Si difende il Consorzio con controricorso.
Motivi della decisione
1.1.- Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia la
violazione e la falsa applicazione dell’ art. 2384 c.c. e
della normativa in materia di consorzi, nonché il vizio di
motivazione erronea, insufficiente e contraddittoria.
Quanto al profilo del vizio ex art.360 n.3 c.p.c., la
parte si duole del non avere la Corte d’appello
considerato le risultanze dello statuto e dei verbali di
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assemblea, da cui, in tesi, si evince che il consorzio
intendeva assicurare in via immediata e diretta la
realizzazione del Porto e delle attività economiche
connesse, svolgendo quindi attività commerciale, da cui

l’applicazione dell’ art.2384 c.c.
In subordine, il ricorrente sostiene l’applicabilità in
via analogica di detta norma, nei consorzi con attività
esterna.
Quanto al vizio ex art.360 n.5 c.p.c., lo Scioscia
sostiene che dai documenti acquisiti agli atti, risulta
l’attività esterna del COEP, ed in particolare, avuto
riguardo alla registrazione nel registro delle imprese,
alla stessa conclusione del contratto di commissione. mandato, alla lettera del Consorzio del 22/11/93, inviata
ai soci e relativa all’assemblea del 13 novembre, alla
lettera del Consorzio del 3 gennaio 1994, relativa
all’assemblea 13/16 novembre 1993, ove si riportano le
dichiarazioni di apertura del Presidente e le
dichiarazioni del Consigliere posti barca, al doc. 10 del
fascicolo di primo grado.
Secondo la parte, la modifica dell’atto costitutivo non
serviva per consentire la nuova attività, ma per
formalizzare la prassi già in essere, così ratificandosi
retroattivamente l’operato degli organi sociali.

6

2.1.- Il motivo è inammissibile, in relazione ad ambedue i
vizi fatti valere.
Il ricorrente, quanto al vizio fatto valere ex art.360 n.3
c.p.c., ha dedotto due quesiti, così articolati: “Nei

consorzi, sia con attività interna, che con attività
esterna, trova applicazione analogica la disciplina di cui
all’art.2384 cod.civ., in materia di rappresentanza legale
e poteri del rappresentante”; “Nei consorzi con attività
esterna trova applicazione in via analogica la disciplina
di cui all’art.2384 cod.civ. in materia di rappresentanza
legale”.
Come è reso palese dalla formulazione dei due quesiti, la
parte ha inteso prospettare l’applicabilità dell’art.2384
c.c. al COEP, ove inteso come consorzio ad attività
esterna o interna, postulando in ogni caso la natura
consortile del COEP, natura che invece la sentenza
impugnata ha in prima battuta negato, sostenendo trattarsi
di “una struttura ibrida, non riconducibile alla natura
del consorzio di imprenditori previsto dagli artt.2602 e
segg. c.c.”, da cui il riferimento alla disciplina
piuttosto dell’associazione non riconosciuta che a quella
delle società di capitali.
Ne consegue l’inammissibilità prima facie della censura
del ricorrente, posto che, a tacere da ogni ulteriore
rilievo, la doglianza non coglie la prima delle

rationes

\,
7

decidendi

fatte valere dalla Corte d’appello, e, per

giurisprudenza costante, nel caso in cui la decisione
impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di
loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a

sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario,
affinché si giunga alla cassazione della pronuncia, che il
ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto,
in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero
l’effetto di mantenere ferma la decisione basata su di
esse ( in tal senso, tra le tante, si vedano le pronunce
24540/2009, 3386/2011 e 22753/2011).
E’ inammissibile anche la censura di vizio di motivazione,
per l’assenza del momento di sintesi.
Il ricorso è infatti soggetto al disposto di cui
all’art.366 bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. 40/2006,
art.6, abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009, dalla 1.
69/2009, art. 47, ed applicabile ai ricorsi proposti
avverso sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 ed il 4
luglio 2009 (art. 58,5 ° comma, 1.69/2009) e quindi anche
nella specie, atteso che la sentenza impugnata è stata
pubblicata il 28 settembre 2006.
Orbene, come affermato nella pronuncia 1747/2011, questa
Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale
formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. – e’ fermissima nel
ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso
8

previsto dall’art. 360 c.p.c. n. 5 allorche’, cioe’, il
ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un
vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo
deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara

indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione:
cio’ importa in particolare che la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in
maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilita’ (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1
ottobre 2007, n. 20603).
Al riguardo,

ancora,

e’

incontroverso che non e

sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del
motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo,
atteso che e’ indispensabile che sia indicato in una
parte, del motivo stesso, che si presenti a cio’
specificamente e riassuntivamente destinata, e che
consenta al giudice di valutare immediatamente
l’ammissibilita’ del ricorso (in termini, tra le tante, le
pronunce 8897/2008, 8555/2010, 5794/2010).

9

3.1.- Conclusivamente, va dichiarata l’inammissibilità del
ricorso.
Le

spese

del

giudizio,

liquidate

come

in

dispositivo, seguono la soccombenza.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il
ricorrente alle spese, liquidate in euro 5200,00, di cui
euro 200,00 per esborsi; oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 21 novembre 2013
Il P

idente

P.Q.M.

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