Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4177 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 17/02/2021), n.4177

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19802/2015 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIA 175,

presso lo studio dell’avvocato SERAFINO CONFORTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ORNELLA NUCCI;

– ricorrente – principale –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE COSENZA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI VAL FIORITA 90, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO LILLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI SPATARO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 234/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 07/05/2015 R.G.N. 1848/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per accoglimento del ricorso

principale e rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato ORNELLA NUOCI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO GIOIA, per delega Avvocato GIOVANNI

SPATARO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 234 del 2015, ha accolto l’appello proposto dalla Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, e in riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza del 19 luglio 2012 ha rigettato la domanda proposta da G.M.; ha rigettato l’appello di G.M. nei confronti della suddetta ASP, confermando la sentenza del 17 settembre 2013.

2. Il Tribunale di Cosenza con la sentenza n. 19 luglio 2012 aveva condannato la ASP a pagare nei confronti di G.M. la somma di Euro 69.338,39, oltre accessori e versamento dei contributi previdenziali, a titolo di risarcimento del danno conseguente alla ritenuta illegittimità della Delib. Commissariale 7 maggio 2010, n. 2192, con la quale era stata dichiarata nulla di diritto l’assunzione a tempo determinato del G..

3. Il medesimo Tribunale, con la sentenza del 17 settembre 2013, aveva respinto la domanda proposta da G.M. volta ad ottenere la declaratoria di invalidità e conseguente disapplicazione della Delib. Commissariale 25 marzo 2011, n. 1216, con la quale era stata ratificata e convalidata con efficacia ex tunc la precedente deliberazione commissariale n. 2192 del 7 maggio 2010.

4. Le impugnazioni relative alle suddette sentenze del Tribunale venivano riunite dalla Corte d’Appello che pronunciava la sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione.

5. Occorre premettere che con provvedimento n. 711 del 2008, il Direttore generale dell’ASP di Cosenza, ritenuto di dover procedere al conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato, ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-septies, comma 2, con un esperto di provata competenza particolarmente nel campo economico finanziario, nonchè con esperienza nel campo del lavoro privato, al fine di poter proficuamente implementare nei processi riorganizzativi dei servizi finanziari opportuni elementi di tipo privatistico secondo la previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, deliberava di stipulare un contratto a tempo determinato, con decorrenza dal 1 marzo 2008 e per la durata di tre anni, con il Dott. G.M., ai sensi della suddetta norma e verificato il rispetto delle percentuali previste dalla stessa.

Il curriculum del G. comprovava la sua particolare qualificazione professionale in materia di bilanci, budget, analisi delle procedure contabili aziendali nonchè di dottore commercialista in possesso dei requisiti necessari per il conferimento dell’incarico dirigenziale.

A ciò seguiva la Delib. 20 maggio 2008, n. 12206, di conferimento dell’incarico. Quest’ultimo, con Delib. n. 733 del 2009, veniva prorogato per ulteriori due anni con scadenza 28 febbraio 2013.

Con delibera n. 2192 del 2010, il Commissario straordinario dell’ASP, dichiarava giuridicamente inesistente la Delib. n. 711 del 2008, per mancanza della necessaria preventiva autorizzazione regionale prescritta dalla L.R. Calabria n. 9 del 2007, art. 16 e disponeva che il G. cessasse dall’incarico. Il lavoratore impugnava tale delibera dinanzi al Tribunale di Cosenza.

Nelle more del giudizio veniva adottata in data 25 marzo 2011 la Delib. n. 1216, con la quale il Commissario straordinario ASP, dopo aver rilevato che erroneamente nella Delib. n. 2192, non si era fatto riferimento alla Delib. n. 733 del 2009, di proroga dell’incarico, e che quest’ultimo era da considerare nullo, oltre ai motivi già indicati, in quanto conferito senza concorso pubblico ovvero procedimento selettivo ad evidenza pubblica, in violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, comma 6, senza l’accertamento dell’impossibilità di utilizzazione di risorse disponibili all’interno dell’Azienda, ratificava e convalidava con efficacia ex tunc, la Delib. n. 2192, sostanzialmente confermando la cessazione del rapporto con il G..

Anche tale Delib. veniva impugnata dal lavoratore.

6. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore prospettando quattro motivi di ricorso. In prossimità dell’udienza pubblica ha depositato memoria.

7. Resiste l’ASP di Cosenza con controricorso e ricorso incidentale articolato in un motivo, assistito da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale è stato prospettato l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti e conseguente insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il ricorrente si duole del mancato esame di circostanze relative alla Delib. n. 711 del 2008, all’autorizzazione regionale, al potere di ratifica dell’ASL.

2. Con il secondo motivo del ricorso principale, il lavoratore prospetta la violazione e la errata applicazione di norme di diritto e, segnatamente, del disposto di cui del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-septies, comma 2, in relazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 35 e 36, del disposto di cui all’art. 1418 c.c., in relazione all’art. 97 Cost. e della L.R. Calabria n. 9 del 2007. Violazione e falsa applicazione della L. n. 87 del 1953, art. 23, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Eccesso di potere giurisdizionale.

2.1. Assume il ricorrente che l’incarico in questione non doveva essere preceduto da avviso pubblico o procedura selettiva, e pertanto erroneamente la Corte d’Appello aveva ritenuto la nullità del contratto.

La Corte d’Appello aveva affermato che trovava applicazione l’art. 1418 c.c., secondo il quale il contratto è nullo se contrario a norme imperative. Il giudice di secondo grado aveva affermato che il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 septies, comma 2, in attuazione dell’art. 97 Cost., implicava l’adozione di una procedura selettiva, seppure minima, al fine del conferimento dell’incarico dirigenziale ad un soggetto esterno alla pubblica amministrazione.

Occorreva, dunque, una procedura selettiva, della quale doveva esser data idonea pubblicazione, nell’ambito della quale doveva essere effettuata la verifica dell’idoneità del designato, previa valutazione comparativa dei titoli dei candidati anche se solo emergenti dai curricula esibiti.

Il lavoratore, nel richiamare il quadro normativo di riferimento, censura tale statuizione, in quanto l’incarico in questione, attesa la natura fiduciaria e a tempo determinato, poteva essere conferito dal Direttore generale dell’Azienda.

Il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-septies, rappresenta una forma di reclutamento di dirigenti derogatoria rispetto ai principi generali che impongono, per l’assunzione delle pubbliche amministrazioni, l’espletamento di pubblico concorso o procedure selettive. Resta comunque ferma la necessità della preventiva autorizzazione di cui alla L.R. n. 9 del 2007, art. 16 e del rispetto dell’Atto aziendale con il quale si individuano le modalità di conferimento e i requisiti richiesti, condizioni nella specie sussistenti.

3. Con il terzo motivo del ricorso principale il lavoratore si duole della violazione ed errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 329 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione di giudicato interno, laddove il giudice di secondo grado ha posto a fondamento della decisione una questione a proprio avviso non introdotta dalle parti.

4. Ha priorità logico giuridica l’esame del secondo motivo del ricorso principale.

4.1. Il motivo è fondato e va accolto.

Questa Corte ha già avuto modo di esaminare la disciplina dettata del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-septies, con la sentenza n. 11008 del 2020, alla quale si intende dare continuità e la cui motivazione si richiama a norma dell’art. 118 disp. att. c.p.c..

In particolare, nella suddetta sentenza si è affermato che la predetta disposizione regola incarichi dirigenziali, ancorchè di natura speciale, che si attribuiscono nei limiti del contingente appositamente assegnato e previsto dal legislatore.

Tanto emerge con ogni evidenza dalla collocazione della disposizione di seguito a quella di cui all’art. 15 “Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie” e ad altre norme (dall’art. 15-bis all’art. 15-sexies), specificamente disciplinanti il rapporto di lavoro dei dirigenti di ruolo del servizio sanitario.

L’art. 15-septies, e l’ipotesi di cui al comma 2, che qui viene in rilievo, rappresenta una particolare forma di reclutamento di dirigenti a tempo determinato che deroga – a certe specifiche condizioni – alle regole generali che prescrivono tassativamente l’espletamento di un concorso pubblico.

Peraltro l’art. 63, comma 5, del CCNL dell’8 giugno 2000 area dirigenziale sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa prevede che: casi previsti dall’art. 16 disciplinato dal CCNL 5 agosto 1997 in cui le aziende – per la presente area negoziale possono ricorrere ad assunzioni a tempo determinato, sono integrati da quella indicata del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-septies, commi 1 e 2.

A tal fine le aziende individuano, preventivamente, con proprio atto le modalità per il conferimento di tale tipologia di incarichi ed i requisiti richiesti – eventualmente integrati da quelli previsti dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19, comma 6, primo periodo, sentiti i soggetti di cui all’art. 10, comma 2.

Così è ben possibile (ed anzi generalmente accade) che gli incarichi siano conferiti previa procedura selettiva non concorsuale, che si svolge senza alcuna prova per i candidati, ma sulla base di una sola valutazione dei curricula, e che non conduce ad alcuna graduatoria finale, ma alla nomina, avente sostanzialmente carattere fiduciario, del dirigente a tempo determinato, da parte del Direttore Generale, nell’ambito di una rosa di nomi selezionati unicamente mediante l’esame degli stessi curricula (v., Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6075, richiamata da Cass., n. 11008 del 2020).

Sin dall’inizio, dunque, lo strumento è stato previsto (tanto con riguardo all’ipotesi di cui dell’art. 15-septies, comma 1, riguardante incarichi per l’espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico, tanto con riguardo all’ipotesi di cui al comma 2, riguardante l’attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, ed esperti di provata competenza) per necessità funzionali dell’amministrazione, che rendessero eccezionalmente possibile la deroga al principio concorsuale tanto che il legislatore ha fissato, oltre a detta eccezionalità dell’attribuzione dell’incarico, un limite insuperabile di contratti stipulabili (a seconda delle ipotesi previste).

Le relative assunzioni sono state, così, sottoposte ad una regolamentazione che, quanto alle modalità di reclutamento, riveste carattere di specialità. Come più volte precisato dalla giurisprudenza, sebbene il legislatore statale abbia previsto la possibilità di dare vita a contratti a tempo determinato con riferimento alla dirigenza sanitaria (e ciò proprio richiamando del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-septies), il sistema resta caratterizzato dall’individuazione del concorso come modalità ordinaria di accesso a tale dirigenza (Corte Cost., 14 luglio 2009, n. 215). Ciò, evidentemente, spiega anche le successive scelte del legislatore che con il D.Lgs. n. 502 del 1992, nuovo art. 15, comma 7, quinquies (inserito dal D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 4, comma 1, lett. d, successivo alla fattispecie in esame), ha fortemente limitato il ricorso a tale tipo di contratto, disponendo testualmente: “Per il conferimento dell’incarico di struttura complessa non possono essere utilizzati contratti a tempo determinato di cui all’art. 15-septies”.

Pur con le differenti modalità di reclutamento, il rapporto che si instaura ai sensi dell’art. 15-septies, è un rapporto di lavoro subordinato dirigenziale a tutti gli effetti (e non un rapporto regolato dall’art. 2222 c.c.) e, quindi, una volta stipulato il relativo contratto il rapporto si differenzia rispetto a quello ordinario con i dirigenti pubblici a tempo indeterminato solo per il carattere della temporaneità, restando tutti gli altri aspetti del rapporto disciplinati dalla stessa normativa di legge e di contratto collettivo.

I presupposti richiesti per procedere all’assunzione di un dirigente con incarico previsto dal D.Lgs. n. 502 del 1999, art. 15-septies, sono, dunque, espressamente indicati nella medesima norma (percentuali, “provata competenza”).

Erroneamente, dunque, la Corte d’Appello ha ritenuto necessaria una procedura selettiva concorsuale comparativa, ritenendo in proposito la sussistenza di nullità per violazione di norma inderogabile, non facendo pertanto corretta applicazione dei principi sopra enunciati.

Pertanto la sentenza di appello va cassata in relazione al suddetto secondo motivo del ricorso principale accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione.

5. All’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, segue l’assorbimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale.

6. Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 51 c.p.c., n. 4 e conseguente nullità della sentenza impugnata per la mancata astensione del Dott. S.E., presidente del Collegio giudicate, ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Il magistrato che ha composto il Collegio di appello aveva già fatto parte, come relatore, del collegio del Tribunale investito del reclamo proposto dall’ASP avverso l’ordinanza del Tribunale di Cosenza ex art. 700 c.p.c.. Pertanto lo stesso aveva l’obbligo di astenersi, con conseguente nullità della sentenza.

6.1. Il motivo è inammissibile, in quanto privo di decisività.

Ed infatti, come già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., S.U., n. 1545 del 2017), la violazione dell’obbligo di astensione, previsto dall’art. 186 bis disp. att. c.p.c., per il giudice dell’esecuzione che abbia conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione, è deducibile solo con lo strumento della ricusazione ai sensi dell’art. 52 c.p.c. e non in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza emessa dal giudice che avrebbe dovuto astenersi.

7. Deve passarsi all’esame del ricorso incidentale, articolato in un motivo, con cui l’ASP di Cosenza deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,414,416 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si deduce che la Corte d’Appello, nel pronunciarsi sulla questione della mancanza del concorso, avrebbe implicitamente rigettato le eccezioni preliminari e pregiudiziali proposte dall’ASP in sede di appello, circa la non contestazione in prime cure del motivo della nullità del contratto per la mancanza della suddetta selezione.

7.1. Il motivo è inammissibile.

Ed infatti, l’ASP, da un lato, disattendendo gli oneri di specificità, non riproduce i passi del primo ricorso con cui il G. impugnava la Delib. n. 2192 del 2010, nonchè i successivi atti difensivi, intervenuti in tale giudizio dopo l’adozione della Delib. n. 1216 del 2011 (oggetto di autonoma successiva impugnazione), al fine circostanziare la rilevanza della censura, come specificata in particolare a pag. 10 del ricorso incidentale, di omessa contestazione sul motivo di nullità per la mancanza di previa selezione comparativa.

Dall’altro, riproduce il secondo ricorso con il quale il G. impugnava la successiva Delib. n. 1216 del 2011, ma nello stesso (come riportato a pag. 17 del ricorso incidentale per cassazione) si legge “(…) l’ASP tenta di sostenere – in maniera assolutamente maldestra – che in realtà la Delib. Commissariale n. 2190 del 2010, aveva inteso fare riferimento non solo alla già richiamata Delib. n. 711 del 2008, ma anche ad altra successiva Delib. di proroga dell’incarico, la n. 733 del 2009, e aveva anche omesso di fare riferimento alla necessità di assunzione con bando di evidenza pubblica. Ed ha il coraggio di portare avanti l’ardita tesi che tali omissioni sarebbero avvenute per mero

errore materiale affermazione in contrasto con l’asserita mancata contestazione.

7.2. La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, consolidata nell’affermare che, ove vengano in rilievo atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ai sensi dell’art. 360, c.p.c., n. 5, o anche di un error in procedendo, è necessario non solo che il contenuto dell’atto

o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità, senza che possa attribuirsi rilievo al fatto che nell’indice si indicano come allegati i fascicoli di parte di primo e secondo grado (Cass., S.U., n. 22726 del 2011, Cass., S.U., n. 8077 del 2012).

I requisiti imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, rispondono ad un’esigenza che non è di mero formalismo, perchè solo l’esposizione chiara e completa dei fatti di causa e la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori e degli atti processuali rilevanti consentono al giudice di legittimità di acquisire il quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione impugnata, indispensabile per comprendere il significato e la portata delle censure.

Gli oneri sopra richiamati sono altresì funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicchè, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito del fascicolo del giudizio di merito, ove si tratti di documenti prodotti dal ricorrente, oppure il richiamo al contenuto delle produzioni avversarie, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione della sede in cui il documento o l’atto sia rinvenibile e dalla sintetica trascrizione nel ricorso del contenuto essenziale del documento asseritamente trascurato od erroneamente interpretato dal giudice del merito (Cass., S.U, n. 5698 del 2012; Cass. S.U., n. 25038 del 2013, Cass., S.U., n. 34469 del 2019).

8. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale. Assorbito il primo e il terzo motivo del ricorso principale. Inammissibile il quarto motivo del ricorso principale. Inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al secondo motivo del ricorso principale accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Catanzaro.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso. Assorbito il primo e il terzo motivo. Inammissibile il quarto motivo del ricorso principale. Inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al secondo motivo del ricorso principale accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

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