Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4172 del 21/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4172 Anno 2018
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso 4937-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

CARBONI GIOVANNA MARIA, MASSERINI ELENA, elettivamente
domiciliate in ROMA VIA GERMANICO 197, presso lo
studio dell’avvocato MARIA CRISTINA NAPOLEONI, che le
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CINZIA
FRANCA MARIA FERRADINI;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 139/2010 della COMM.TRIB.REG.

Data pubblicazione: 21/02/2018

di MILANO, depositata il 02/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 13/11/2017 dal Consigliere Dott.

ALESSANDRO ANDRONIO.

RITENUTO IN FATTO
1. – Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale di
Milano ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, con la
quale era stato accolto il ricorso di parte contribuente, nei confronti dell’Agenzia delle
Entrate, avverso un avviso di accertamento relativo all’anno 2001, per Iva risultante da
dichiarazione di intenti rilasciata al fornitore in mancanza dei presupposti di legge, per euro
149.694,51. I giudici di primo e secondo grado, sulla base della documentazione presentata

status di

esportatore abituale, i presunti acquisti indicati in sospensione d’imposta si devono in realtà
riferire ad acquisti intracomunitari di bene; con la conseguenza che nessuna evasione
dell’Iva si sarebbe verificata, perché l’Iva ammessa in detrazione era stata comunque
correttamente determinata nel complesso.
2. – Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso,
chiedendone la cassazione e lamentando, con unico motivo di doglianza l’insufficienza della
motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, sul rilievo che la Commissione regionale
non avrebbe esplicitato i mezzi di prova utilizzati per la valutazione dei fatti controversi, né
il procedimento logico in base al quale era arrivata a ritenere che vi fosse stato un errore
nella compilazione della dichiarazione, considerato del tutto irrilevante ai fini della
complessiva determinazione dell’Iva da portare in detrazione.
3. – Si sono costituite le contribuenti, chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – Il ricorso è infondato.
Del tutto correttamente, la Commissione regionale ha fatto riferimento al complesso
della documentazione prodotta da parte contribuente, ritenendo la stessa idonea a
comprovare un errore nella compilazione nella dichiarazione, tale da rendere insussistente
la contestata evasione di imposta. In particolare, si è esaminata la dichiarazione Iva per
l’anno 2001, dalla quale emerge che l’imposta assolta sugli acquisti era di euro 160.986,84,
in luogo di quella erroneamente indicata, a seguito di errata compilazione, di euro
11.292,33. L’Iva ammessa in detrazione avrebbe dovuto essere indicata alla riga VF21 in
luogo di quanto indicato alla riga VG71, mentre l’imposta afferente gli acquisti
intracomunitari, pari ad euro 149.695,00 avrebbe dovuto confluire alla riga VL3; cosicché il
totale dell’Iva detraibile sarebbe stato correttamente rappresentato dall’importo di euro
160.987,36, il quale è la somma dei due importi di euro 149.695,00 e 11.293,00. Proprio
tale corrispondenza matematica è il criterio di valutazione che induce a ritenere che di errore
si sia trattato.
Non ricorrendo alcuna lacuna motivazionale, deve ricordarsi, quanto al resto, che lo
scrutinio di legittimità è limitato alle ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata

da parte contribuente, hanno ritenuto che, non avendo il contribuente lo

sulle risultanze istruttorie, non potendosi risolvere in un nuovo apprezzamento dei fatti o
delle prove fornite (ex plurimis, Sez. 6- 5, n. 9097 del 07/04/2017, Rv. 643792 – 01; Sez.
6 – 5, n. 7921 del 06/04/2011, Rv. 617464 – 01)
5. – Il ricorso deve essere dunque rigettato, con condanna dell’amministrazione
finanziaria ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute nel grado dalla
controparte, da liquidarsi in euro 5.600,00, oltre spese generali e accessori di legge.
P.Q.M.

sostenute nel grado dalla controparte, che liquida in euro 5.600,00, oltre spese generali e
accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2017.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali

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