Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4172 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 19/02/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 19/02/2020), n.4172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31585-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.M. liquidatore e socio della F. COSTRUZIONI SRL,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 131,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MORRONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARMELA GENTILE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14156/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 04/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

CASTORINA ROSARIA MARIA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con ordinanza n. 14156/18 del 4.6.2018 notificata il 29.8.2018 questa Corte accoglieva il ricorso per cassazione proposto da F.M. già liquidatore e socio della F. Costruzioni s.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 2271/2016 della CTR della Puglia che aveva rigettato, confermando la decisione di primo grado, il ricorso della contribuente avverso un avviso di accertamento sul presupposto che la società era stata cancellata dal registro delle imprese il 15.1.2007 e che l’avviso era stato notificato al ricorrente quale suo ex liquidatore, il 25.2.2010.

Avverso la suddetta ordinanza della Corte di cassazione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per revocazione dinanzi alla Corte medesima, deducendo, in forza di un unico motivo, illustrato con memoria che l’ordinanza impugnata sarebbe frutto di errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per non avere considerato la circostanza che F.M., al quale venne notificato l’avviso di accertamento concernente il reddito sociale impugnato in primo grado era (anche) l’ex socio unico della società F. Costruzioni s.r.l. unipersonale e come tale successore ex lege della società estinta e per ciò solo legittimato anche a ricevere tutti gli atti impositivi concernenti debiti fiscale della società partecipata rimasti insoddisfatti alla data della sua estinzione, nonchè ad impugnarli dinanzi al giudice tributario.

Il motivo deve ritenersi inammissibile, denunciando la ricorrente errore su fatto che costituì punto controverso sul quale l’ordinanza impugnata per revocazione ebbe a pronunciare (cfr. Cass. sez. 1, 15 dicembre 2011, n. 27094; Cass. sez. lav. 16 novembre 2000, n. 14840). Con il motivo di ricorso nel giudizio deciso con l’ordinanza in questa sede impugnata per revocazione il ricorrente, qualificatosi ex socio e liquidatore, aveva dedotto il suo interesse diretto ad impedire che gli effetti dell’avviso di accertamento e della sentenza irritualmente resi nei confronti di un società estinta, potessero ricadere sul socio quale persona fisica. La Corte ha affermato che la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’estinzione del giudizio di primo grado, determina il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione.

In sostanza, attraverso la deduzione dell’errore di fatto revocatorio, si tende a reintrodurre la stessa questione su fatto già controverso e discusso tra le parti su cui l’ordinanza in questa sede impugnata ebbe a pronunciare.

Deve/ peraltro, qui ribadirsi che in ogni caso resta esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di asseriti errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti o risultanze processuali che investono direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico- giuridico, perchè siffatto tipo di errore, pur se eventualmente fondato, costituirebbe pur sempre un errore di giudizio e non un errore di fatto (così, più di recente, Cass. sez. unite 3 novembre 2017, n. 26146; Cass. sez. 1, 14 aprile 2017, n. 9673).

“Vi è errore revocatorio quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita. Tale genere di errore presuppone il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali, purchè, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti (per tutte Cass. SS.UU. n. 5303 del 1997; v. poi Cass. SS.UU. n. 561 del 2000; Cass. SS.UU. n. 15979 del 2001; Cass. SS.UU. n. 23856 del 2008; Cass. SS.UU. n. 4413 del 2016).

Peraltro “l’errore non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche ovvero la valutazione e l’interpretazione dei fatti storici; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata diversa (tra le ultime v. Cass. n. 14656 del 2017)”.

Nella specie la Corte non ha affatto escluso che il ricorrente fosse anche ex socio unico della società ma lo ha valutato irrilevante alla luce di principi giurisprudenziali più volte affermati da questa Corte dai quali emerge con chiarezza che per procedere nei confronti del soci di una società estinta è del tutto insufficiente la mera notifica ad essi dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società medio tempore estintasi, tale circostanza ponendosi solo come “presupposto della proponibilità dell’azione nei confronti dei soci” (Cass. Sez. U. n. 6070 e 6071 del 2013), da esercitarsi con un autonomo e diverso atto impositivo che dia atto della sussistenza dei presupposti legittimanti la responsabilità del socio D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 (arg. da Cass. n. 23916 del 2016, secondo cui ” In tema di contenzioso tributarlo, nell’ipotesi di cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese, l’Amministrazione finanziaria può agire in via sussidiaria nei confronti dei soci, nei limiti di cui all’art. 2495 c.c., sino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, ma è tenuta a dimostrare i presupposti della loro responsabilità e, cioè che, in concreto, vi sia stata distribuzione dell’attivo e che una quota di quest’ultimo sia stata riscossa”) (Cass.7236/2018).

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio, che liquida in Euro 5600,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 19 febbraio 2020

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