Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 41692 del 27/12/2021

Cassazione civile sez. I, 27/12/2021, (ud. 09/11/2021, dep. 27/12/2021), n.41692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17123-2020 proposto da:

A.K., rappresentato e difeso dall’avv. MARIA EUGENIA LO

BELLO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

Avverso il decreto del TRIBUNALE DI TRENTO, depositato il 24/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA Stefano.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato, il Tribunale di Trento rigettava il ricorso proposto da A.K. avverso il provvedimento della Commissione territoriale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione, internazionale ed umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione A.K., affidandosi ad un solo motivo.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato memoria per la partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale non avrebbe tenuto conto dei documenti, allegati al fascicolo di merito sub nn. 9 e 10, e depositati anche in uno al ricorso in Cassazione sub n. 3, mediante i quali il richiedente asilo aveva documentato l’attività lavorativa da egli svolta in Italia.

La censura è fondata.

Il decreto impugnato afferma che il ricorrente aveva dichiarato, in occasione del suo ascolto dinanzi la Commissione territoriale, avvenuto il 15.12.2017, di non svolgere alcuna attività lavorativa in Italia, e che tale situazione non si era modificata in prosieguo (cfr. pag. 5). I documenti richiamati nel motivo di ricorso, che erano stati già prodotti unitamente al ricorso introduttivo del giudizio di merito e sono stati debitamente allegati anche al ricorso per cassazione, dimostrano -al contrario- che il ricorrente aveva dimostrato di esser stato assunto a tempo determinato da due diversi datori di lavoro. L’affermazione, contenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui la condizione di assenza di impiego non si sarebbe modificata nel tempo, dopo l’audizione del richiedente asilo svoltasi in data 15.12.2017 dinanzi la Commissione territoriale, risulta quindi smentita per tabulas e frutto di un evidente omesso esame di circostanze di fatto che il richiedente asilo aveva debitamente documentato.

In argomento, va considerate che le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente affermato il principio secondo cui “In base alla normativa del testo unico sull’immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine e la situazione d’integrazione raggiunta in Italia, attribuendo alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia; qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d’origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un vulnus al diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione EDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per riconoscere il permesso di soggiorno” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24413 del 09/09/2021, Rv. 662246).

In tal modo, approfondendo i principi già espressi in precedenza (Cass. Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4890 del 19/02/2019, Rv. 652684), questa Corte ha definitivamente chiarito che, in tema di protezione umanitaria, il giudice di merito è chiamato a svolgere un apprezzamento di carattere comparativo tra le condizioni di vita godute dal richiedente asilo, in Italia ed in patria, nell’ambito del quale i profili di integrazione sociale e lavorativa conseguiti in Italia svolgono un ruolo decisivo, poiché anche in funzione ai essi va, in funzione di essi va in concreto, determinata la soglia minima di deprivazione dei diritti fondamentali dell’individuo da ritenere apprezzabile ai fini della concessione della tutela di cui si discute.

Tanto più è rilevante, dunque, l’integrazione conseguita in Italia, tanto meno è necessario valutare il rischio di lesione dei diritti inalienabili dell’individuo in caso di rimpatrio, poiché -in presenza di seri indici di integrazione del richiedente asilo nel Paese di arrivo – l’allontanamento forzato dal luogo in cui egli si è costruito una nuova prospettiva di vita costituisce già di per sé una rilevante deprivazione dei suoi diritti fondamentali, idonea a giustificare il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

L’esistenza di un profilo di integrazione socio-lavorativa, dunque, doveva essere apprezzata dal Tribunale, nell’ambito della comparazione di cui anzidetto, trattandosi di circostanza idonea, almeno in astratto, a dimostrare l’avvio di un percorso di radicamento del richiedente asilo in Italia. Sussiste, pertanto, l’omesso esame di un fatto potenzialmente decisivo, ed il ricorso merita, dunque, di essere accolto.

Il provvedimento impugnato va di conseguenza cassato e la causa rinviata al Tribunale di Trento, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Trento, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2021

 

 

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