Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4169 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/02/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 21/02/2011), n.4169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18995-2009 proposto da:

PAPER’S WORLD S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

281/283, presso lo studio dell’avvocato PROIA GIAMPIERO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO DI TEODORO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 335/2009 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 19/06/2009 R.G.N. 347/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per: cessazione della materia del

contendere.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 28-4-1994 M.M., dipendente della PAPER’S WORLD s.r.l. dal 1-10-1992, impugnava i licenziamenti intimatile dalla società in date 1-8-1993, 15-10-1993 e 1-12-1993.

La società convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale di risarcimento danni.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Teramo, con sentenza del 16-5- 2002, rigettava la domanda principale e la domanda riconvenzionale.

Avverso la detta sentenza proponevano appello principale la M. ed appello incidentale la società.

La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1068/2003, accogliendo per quanto di ragione l’appello della M., dichiarava l’illegittimità dei licenziamenti intimati condannando la società alla riassunzione della lavoratrice o, in mancanza, a corrisponderle una indennità pari a 2,5 mensilità della retribuzione globale di fatto oltre accessori e rigettava l’appello incidentale della società.

Tale sentenza veniva impugnata con ricorso per cassazione e la Corte di Cassazione, con sentenza n. 13935/2006, in accoglimento del ricorso proposto dalla M., rinviava la causa alla Corte di Appello di Campobasso, affinchè valutasse se la datrice di lavoro avesse correttamente ed esaustivamente provato l’insussistenza del requisito dimensionale di cui all’art. 18 St. Lav.. La Corte di legittimità, inoltre, rigettava il ricorso incidentale proposto dalla società.

La M. riassumeva, quindi, il giudizio e la società si costituiva deducendo di aver sin dall’inizio della controversia eccepito che la M. aveva, dopo il licenziamento, svolto altre occupazioni e che, pertanto, doveva tenersi conto dell’aliunde perceputm.

La Corte di Appello di Campobasso, espletata CTU, con sentenza depositata il 19-6-2009, accoglieva l’appello della M. e, in riforma della sentenza appellata, tenuto conto delle statuizioni della sentenza della Corte di L’Aquila non oggetto di cassazione, ribadita l’illegittimità dei licenziamenti intimati ordinava, per l’effetto, alla appellata di reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro; condannava la società a pagare alla M., a titolo di risarcimento danni la somma di Euro 131.424,24 oltre rivalutazione e interessi, nonchè le retribuzioni successive a quelle considerate nella CTU, oltre rivalutazioni e interessi; condannava l’appellata al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal giorno del primo licenziamento (1-8-1993) all’effettiva reintegrazione;

provvedeva, infine, sulle spese dei giudizi di merito e di cassazione.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con due motivi.

La M. è rimasta intimata.

Infine la società ha depositato verbale di conciliazione in sede sindacale concluso tra le parti in data 30-9-2009, nonchè memoria con la quale ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Dal verbale di conciliazione prodotto in copia risulta che le parti hanno raggiunto una “soluzione transattiva e novativa (con animus novandi), onde definire ogni e qualsiasi aspetto del rapporto intercorso tra di esse”, con integrale compensazione delle spese.

Osserva il Collegio che il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.U. 29 novembre 2006 n. 25278, Cass. 13-7-2009 n. 16341).

Infine non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio di cassazione non avendo la intimata svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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