Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4165 del 21/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4165 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: BERNAZZANI PAOLO

ORDINANZA

1.11 ricorso 20074-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

COMPASS SPA, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
2017
2730

VENEZIA 11 C/0 ASSONIME, presso lo studio
dell’avvocato NICOLA PENNELLA, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente
nonché contro

LINEA SPA;

Data pubblicazione: 21/02/2018

-

intimato –

avverso la sentenza n. 115/2010 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata 1’11/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 09/11/2017 dal Consigliere Dott.. PAOLO

BERNAZZANI.

FATTI DI CAUSA
Con ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano, la società Linea
s.p.a., successivamente incorporata da Compass s.p.a., esercente attività di credito
al consumo, impugnava il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate in
relazione all’istanza di rimborso della somma di e. 846.512,00, aumentata degli
interessi di legge, in quanto versata in eccedenza a titolo di Irap per gli anni di
imposta 2005 e 200.

deducendo dalla base imponibile le quote delle svalutazioni sui crediti ris;ultanti dai
bilanci dei precedenti esercizi, in base al criterio di riparto previsto dell’art. 106,
comma 3, t.u.i.r. nel testo ratione temporis vigente, secondo cui le svalutazioni
iscritte a bilancio erano deducibili nell’esercizio corrente fino ad una determinata
percentuale del valore del credito iscritto e, per la parte eccedente, in quote
costanti nei nove (già sette) esercizi successivi. Ai fini Irap, invero, l’art. 6, ccmma
1, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – nella versione antecedente alle modifiche
introdotte dal d.l. 12 luglio 2004, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 30
luglio 2004, n. 191 – stabiliva, in correlazione con l’art. 11-bis del medesimo cl.lgs.
n.446/1997, la deducibilità delle svalutazioni dei crediti operate dagli enti creditizi o
finanziari entro gli stessi limiti previsti dalla citata disposizione del t.u.i.r.
In tale prospettiva, le modifiche introdotte dall’art.

2,

comma 2, d.l. n.

168/2004 – secondo cui, a partire dal 2005, dette perdite o svalutazioni non
sarebbero state più deducibili ai fini Irap – non avrebbero potuto estendersi
retroattivamente anche alle quote attinenti alle svalutazioni operate negli esercizi
precedenti a tale anno, ostandovi il disposto dell’art. 3 della legge 27 luglo 2000, n.
212.
L’Agenzia, per converso, sosteneva che dalla lettura della norma contestata
emergeva la chiara intenzione del legislatore di escludere dall’imponibile iirap tanto
le svalutazioni di crediti quanta i c.d. “noni pregressi”.
La Commissione Provinciale accoglieva il ricorso della contribuerKe. La C.:TR
della Lombardia, adita con ricorso in appello proposto dall’Agenzia, con sentenza n115/28/2010 del 29.1/11.6.2010 rigettava il gravame e confermava la decisione di
prime cure.
Avverso tale decisione, ha proposto ricorso l’Agenzia, affidato ad un unico
motivo.
Resiste con controricorso Compass s.p.a., nella predetta qualità di incorporante
di Linea s.p.a. E’ stata depositata, nelle more dell’udienza / memoria difensiva da
parte della stessa contro ricorrente.

Allegava la società contribuente che l’imposta avrebbe dovuto essere calcolata

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 7 (rectius, 6) d. Igs. 15 dicembre 1997, n.

.46, come

modificato dal d.l. 12 luglio 2004, n. 168, conv. dalla legge 30 luglio 2004, n. 191;
106 d. P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e 3 legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione
all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
L’Agenzia rileva, in particolare, che non incorre nel divieto di retroattività,

d. Igs n. 446/1997, come modificato dall’art. 2 d.l. n. 168/04, corr‘fertito con
modificazioni dalla legge n. 191/04, secondo la quale diverrebbero indeducibili, a
decorrere dall’esercizio 2005, anche le quote (c.cl. “noni pregressi”) delle
svalutazioni sui crediti già considerate deducibili ai sensi dell’art. 106, comrna 3,
t.u.i.r., dal momento che il diritto alla deduzione in nove quote costanti di tali
“noni” non avrebbe un ambito di operatività pluriennale e, quindi, non potrebbe
configurarsi come “già acquisito” al momento dell’entrata in vigore delle predette
modifiche normative; di qui la conclusione che le deduzioni consentite nella
determinazione del reddito di esercizio potevano essere soltanto quelle previste
dalla normativa in vigore nell’anno di riferimento (dovendosi ritenere che, quando la
deduzione di una quota non è più consentita da una normativa sopravvenuta, la
deduzione stessa non possa più essere operata anche se il suo ammontare è
determinato in base a valori capitali contabilizzati in esercizi anteriori).
Secondo la società contribuente, invece, il diritto di imputare al valore della
produzione imponibile ai fini Irap i c.d. noni relativi alle svalutazioni operate sui
crediti esposti in bilancio si consolida nel periodo di imposta in cui tali rettifiche
sono operate ed imputate nel conto economico, ex art, 106, comma 3, ed il
differimento della deduzione assume valenza meramente finanziaria.
2. Il motivo di ricorso è infondato.
Ai fini di un conveniente inquadramento dei termini della questione giuridica
controversa, concernente il regime tributario applicabile ai fini Irap, nella specie con
riferimento ad un’impresa esercente attività finanziaria, ed alle rettifiche di valore
operate su crediti risultanti dal bilancio di esercizio, va premesso che, sulla base
dell’art. 6 del d.lgs. n. 446/97, per le imprese assicurative, bancarie ed esercenti
attività finanziarie, la deduzione delle svalutazioni, al fine della determinazione del
valore della produzione netta, sino al 2005 veniva frazionata pro quota nell’esercizio
in corso e nei nove esercizi successivi. La ratio della introduzione di tali quote era
quella di realizzare un miglior adeguamento della normativa fiscale a quella
civilistica, riconoscendo le svalutazioni imputate al conto econcmico al fine di

2

sancito dagli artt. 1 e 3 legge n. 212/00, l’interpretazione dell’art. 7 (rechus, 6) del

allineare il valore fiscale del credito a quello risultante in bilancio, con un limite
massimo di deducibilità per singolo esercizio.
Tale regime tributario è mutato a partire dall’esercizio 2005 per effetto del d.l.
n. 168/04, convertito dalla legge n. 191/04, che ha modificato l’art. 6 del d.lgs, n.
446/1997, abrogandone le lett. e) ed n) a decorrere dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto stesso. In
attuazione della richiamata modifica legislativa, dunque, dall’anno 2005 le perdite e

Irap.
3. In mancanza di disposizioni transitorie, non ha mancato di proporsi
all’attenzione degli interpreti la questione relativa all’applicabilita della predetta
disciplina anche alla deduzione pluriennale dei cd. “noni pregressi” delle svalutazioni
e perdite su crediti verso la clientela già realizzate negli esercizi precedenti. In
ordine a tale problematica, questa Corte ha aCottato un orientamento ormai
consolidato, al quale il Collegio intende dare continuità (cfr., fra tutte, Ca5;S. sez. V,
04/04/2012, n. 5403; Cass. sez. V, 21/01/20:15, n. 1111; Cass. sez. V,
22/05/2015, n. 10591; Cass., sez. V, 21/12/2016, n. 26597), in virtù del quale
appare coerente col quadro normativo di riferimento ritenere che la svalutazione dei
crediti risultanti dal bilancio di esercizio determina immediatamente la decurtazione
del valore fiscale dei ricavi, onde l’indeducibilità introdotta dall’art. 2, comma 2, del
d.l. n. 168/2004 a partire dall’esercizio 2005 non attinge le quote di competenza
degli esercizi anteriori, in quanto relative a svalutazioni di crediti operate nei
corrispondenti bilanci, ed oggetto, quindi, di una situazione giuridica sostanziale già
consolidata.
Pertanto, al differimento della deduzione pluriennale dei “noni pregressi” va
attribuita valenza esclusivamente finanziaria, costituendo una semplice modalità di
deduzione non incidente sulla competenza fiscale, che resta fissata nell’esercizio in
cui il fatto che ha dato origine alla agevolazione (perdita o svalutazione di crediti) si
è realizzato ed è stato rilevato contabilmente. Da ciò discende che la deducibilità in
più annualità costituisce un diritto acquisito, sul quale non può avere effetto la
predetta modifica legislativa, posto che, diversamente, si verrebbe ad attribuire alla
legge successiva valore retroattivo, in violazione del principio di cui all’art. 11 dísp.
prel. cod. civ. e, per le leggi tributarie, all’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212
(Statuto del contribuente), in mancanza di una chiara previsione di retroattività
(cfr. Cass. sez. V, 09/12/2009, n. 25722; Cass. sez. V, 13/04/2012, n. 5353).
La sentenza impugnata, pertanto, nel fare sostanziale applicazione di tali
principi, si sottrae alle censure formulate dal ricorrente ai sensi dell’art. 360, n. 3

3

le svalutazioni relative ai crediti esposti in bilancio non erano più deduc bili ai fini

cod. proc. civ.
4. Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate deve essere, pertanl:o, rigettato. Le
spese del giudizio vanno compensate fra le parti, in considerazione del fatto che
l’orientamento giurisprudenziale di legittimità in materia si è consolidato soltanto in
epoca successiva alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del giudizio.

Il Presidente
Aurelio appabianca

Così deciso in Roma, 9 novembre 2017

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