Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4165 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/02/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 21/02/2011), n.4165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15611-2007 proposto da:

INPGI, ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI

“GIOVANNI AMENDOLA”, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69,

presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FINEGIL EDITORIALE SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 126, presso

lo studio dell’avvocato PUJATTI MARIA CRISTINA, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

INPS, ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI ANTONINO, CALIULO LUIGI,

CORRERA’ PABRIZIO, giusta procura speciale atto Notaio Lupo Franco di

Roma, del 03/07/2007 n. rep. 85417;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 3359/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/05/2006, R.G.N. 9853/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato CARLO DE ANGELIS per delega PAOLO BOER;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI NICOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Finegil Editoriale spa propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Pretore di Roma su istanza dell’Inpgi – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” per contributi, somme aggiuntive e interessi, in relazione alla posizione previdenziale, relativamente al periodo 11/95-10/97, del giornalista pubblicista V. D., per il quale il Consiglio regionale dei giornalisti del Veneto aveva disposto, con decorrenza retroattiva, l’iscrizione al registro dei praticanti.

Sulla resistenza dell’opposto e sull’adesione dell’Inps, a cui l’opponente aveva versato i contributi, il primo Giudice respinse l’opposizione.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 19.4 – 24.5.2006, accogliendo l’impugnazione proposta dalla Finegil Editoriale spa, revocò il decreto ingiuntivo opposto, condannando l’Inpgi alla restituzione della somma pagata in corso di causa.

A sostegno del decisum la Corte territoriale osservò, per ciò che qui specificamente rileva, quanto segue:

– alla stregua di quanto disposto dall’art. 1 del Regolamento di previdenza approvato con decreto interministeriale 1.1.1953 ai fini dell’attuazione delle forme di previdenza ed assistenza di cui alla L. n. 1564 del 1951, art. 1 sono obbligatoriamente iscritti all’Inpgi i giornalisti professionisti iscritti nell’apposito elenco di categoria e i praticanti giornalisti iscritti nell’apposito registro, titolari di un rapporto di lavoro subordinato regolato dal contratto nazionale di lavoro giornalistico;

– poichè quindi l’obbligo contributivo presuppone sia il requisito formale dell’iscrizione nell’elenco e nel registro, che il requisito sostanziale dello svolgimento di attività di natura giornalistica nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, restano esclusi dall’obbligo di iscrizione all’Inpgi i rapporti di lavoro dei giornalisti pubblicisti;

– la L. 25 febbraio 1987, n. 67, art. 26 ha attribuito all’Inpgi anche la gestione relativa ai giornalisti praticanti di cui alla L. 3 febbraio 1963, n. 69, art. 33;

– il datore di lavoro, quale terzo non legittimato ad impugnare il provvedimento di iscrizione del dipendente all’albo dei giornalisti, può far valere davanti al giudice ordinario, a tutela di propri diritti, l’effettiva natura dell’attività svolta dal lavoratore e la mancanza dei presupposti per la sua iscrizione all’albo;

– per l’esercizio del praticantato giornalistico, finalizzato all’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti, è necessaria, ai sensi della L. 3 febbraio 1963, n. 69, art. 33, l’iscrizione nell’apposito albo dei praticanti, a nulla rilevando l’iscrizione nel diverso albo dei pubblicisti di cui alla L. 3 febbraio 1963, n. 69, art. 26, ult. parte, e art. 35;

– i Consigli dell’Ordine dei Giornalisti, regionali e nazionale, ai sensi del D.P.R. 4 febbraio 1965, art. 46, comma 2, come sostituito con il D.P.R. 1 settembre 1993, n. 384, art. 3, hanno facoltà di accertare e dichiarare la sussistenza dello svolgimento della pratica giornalistica (ancorchè esercitata abusivamente) e la data di effettivo inizio del tirocinio (il che comporta che il tirocinio accertato, anche a posteriori, sia considerato utile ai fini della ammissione all’esame di idoneità professionale);

– tale accertamento non vale, però, a sanare la nullità del rapporto di praticantato svoltosi in assenza di una formale iscrizione, all’atto della instaurazione e dello svolgimento del rapporto, nel registro dei praticanti, non essendo tale facoltà prevista dalla legge (art. 1423 c.c.), cosicchè l’attività di praticantato giornalistico (o di giornalista professionista) espletata da soggetto non iscritto al relativo albo è invalida, ancorchè non illecita nell’oggetto o nella causa e, quindi, è produttiva di effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, secondo il disposto dell’art. 2126 c.c.;

– la disposizione in deroga, che mantiene in essere la figura del pubblicista a tempo pieno con 36 ore di lavoro settimanale sino a futura riforma della professione, riguarda solo i rapporti già instaurati quando è stato approvato il contratto collettivo per il quadriennio gennaio 1991 – dicembre 1994, e, quindi, non quello per cui è causa, sottoscritto il 31.10.95;

– nella specie si è trattato di rapporto di lavoro giornalistico di tipo subordinato, onde in applicazione dell’art. 1189 c.c., attesa l’evidente buona fede della Società, che ha versato all’Inps i contributi dovuti, peraltro in misura non inferiore a quelli dovuti all’Inpgi, la Società stessa risulta liberata dall’obbligazione in questione.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale l’Inpgi ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi e illustrato con memoria.

La Finegil Editoriale spa ha resistito con controricorso. L’Inps ha depositato procura, partecipando alla discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Istituto ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (L. n. 416 del 1981, art. 38; D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 17, comma 3; L. n. 63 del 1969, artt. 33 e 34), nonchè vizio di motivazione, deducendo che, ai fini della sussistenza dell’obbligazione contributiva nei riguardi dell’Inpgi è necessario e sufficiente accertare che il giornalista sia iscritto al registro dei praticanti e che abbia svolto, in regime di subordinazione, lavoro giornalistico assoggettabile alla disciplina del CCNLG, non rilevando, una volta accertata (o non contestata) la natura giornalistica delle mansioni svolte dall’iscritto al registro dei praticanti, il concreto contenuto dei compiti affidatigli.

Con il secondo motivo di ricorso l’Istituto ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del requisito della buona fede.

2. La questione su cui verte il primo motivo di ricorso è già stata oggetto di reiterate disamine da parte della giurisprudenza di questa Corte (cfr, tra le più recenti, Cass., nn. 16383/2008; 21112/2009), dai cui esiti (con ciò dissentendo da Cass., n. 14944/2009), il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi.

Deve infatti rilevarsi che:

– ai sensi della L. n. 69 del 1963, art. 45 l’iscrizione nell’Albo dei giornalisti è requisito di validità de contratto di lavoro del giornalista (cfr, ex plurimis, Cass., n. 27608/2006), cosicchè l’attività svolta in assenza di iscrizione, in quanto resa da soggetto privo di questo requisito, è attuazione d’un contratto nullo (cfr, ex plurimis, Cass., n. 13778/2001) e tale nullità sussiste fino all’iscrizione e non è sanata (giusta la previsione dell’art. 1423 c.c.) dalla successiva retrodatazione dell’iscrizione stessa (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 7461/2002; 7016/2005);

– tuttavia, in applicazione dell’art. 2126 c.c., la nullità (non essendovi illiceità della causa o dell’oggetto) non esclude che l’attività svolta (fino al provvedimento di iscrizione) conservi, nell’ambito dei suoi naturali e strutturali caratteri, giuridica rilevanza ed efficacia, determinando il diritto del lavoratore al trattamento economico e previdenziale (cfr, ex plurimis, Cass., n. 7020/2000); ma il fondamento di questi effetti non è la (pur retrodatata) iscrizione, bensì l’attività svolta, con i suoi naturali caratteri, cosicchè è funzione del giudice valutare autonomamente la natura e la struttura di questa attività, non al fine di disapplicare l’atto amministrativo di iscrizione (che conserva la sua funzione ed i suoi effetti), bensì di accertare la sussistenza di diritti del datore di lavoro (cfr, ex plurimis, Cass., n. 536/1993) e degli Istituti previdenziali (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3716/1997; 13778/2001);

– deve quindi riaffermarsi che, poichè l’obbligo di iscrizione all’Inpgi presuppone che il lavoratore, quale giornalista professionista o praticante giornalista, sia regolarmente iscritto a rispettivo Albo o Registro (L. n. 1564 del 1951, L. n. 69 del 1963, L. n. 67 del 1987; L. n. 274 del 1991) e abbia un rapporto di lavoro subordinato avente per oggetto attività giornalistica, la retrodatazione dell’iscrizione nell’Albo dei praticanti giornalisti, non sanando la nullità del contratto di lavoro, non elimina, per il periodo per cui è disposta, la mancanza del requisito dell’iscrizione e che, nel periodo corrispondente alla retrodatazione, il presupposto per l’iscrizione all’Inpgi non sussiste; a maggior ragione, l’obbligo di iscrizione a tale Istituto non sussiste ove l’attività non abbia i caratteri normativamente previsti per il lavoro del praticante giornalista (cfr, Cass., n. 16383/2008, cit.). Il precedente di questa Corte richiamato dall’Istituto ricorrente (Cass., n. 11944/2004) non appare pertinente, non risultando che, nella fattispecie esaminata, sì fosse in presenza di un’iscrizione con effetti retroattivi al registro dei praticanti e fermo restando che, comunque, anche con tale pronuncia venne riconosciuto che l’obbligo dell’iscrizione e della contribuzione all’Inpgi può essere negato a seguito della prova che il possesso dei necessari requisiti sia illegittimo.

Osservato che il profilo di doglianza inerente al preteso vizio di motivazione, così come svolto, è inammissibile, siccome limitato alla generica prospettazione di una difforme lettura delle risultanze istruttorie (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 13045/1997; 5802/1998), il motivo di ricorso all’esame non può essere accolto.

3. L’art. 366 bis c.p.c. è applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr, D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) e quindi anche al presente ricorso.

In base alla norma suddetta, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l’orientamento di questa Corte, la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007). Nel caso che ne occupa, con il secondo motivo di ricorso sono stati denunciati vizi di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ma il motivo è privo della formulazione del momento di sintesi diretto a circoscrivere i limiti delle censure inerenti ai lamentati vizi motivazionali. Ne discende pertanto l’inammissibilità del motivo.

4. In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida, quanto alla Finegil Editoriale spa, in Euro 25,00 oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari ed accessori di legge, e, quanto all’Inps, in Euro 10,00, oltre ad Euro 1.000,00 (mille) per onorari ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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