Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4163 del 16/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.16/02/2017),  n. 4163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21246/2015 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P. CLOTILDE

7, presso lo studio dell’avvocato DANIELA FARGNOLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato CATERINA CATERINO, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

TPER S.P.A., C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del direttore, ATC

S.P.A., C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del liquidatore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA 14, presso lo studio

dell’avvocato MARCO BARBERA, rappresentati e difesi dall’avvocato

CRISTINA VENTUROLI, giusta procura speciale a margine del

controricorso con ricorso incidentale condizionato;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 44/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

emessa il 15/01/2015 e depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza con motivazione semplificata;

rilevato:

che V.G., premesso di essere dipendente di ATC s.p.a. come conducente di linea ed inquadramento nel 6^ livello del ccnl di settore, a seguito di trasferimento “per cambio” ex art. 20, lett. c), del Regolamento allegato A del R.D. n. 148 del 1931, dall’Azienda Consortile Trasporti Pubblici di Napoli per la quale aveva lavorato a partire dal 2.5.1984, ha adito il giudice del lavoro chiedendo il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata presso l’azienda precedente, previo accertamento del diritto all’inquadramento nei parametri di operatore di esercizio 175 e 183 con decorrenza dalle scadenze rispettivamente indicate – e la condanna della società attuale datrice al pagamento delle differenze retributive, oltre accessori;

che il giudice adito nella resistenza della parte ATC s.p.a., ha respinto il ricorso;

che la decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Bologna la quale, per quel che qui rileva, premesso che il trasloco per cambio R.D. n. 148 del 1931, ex art. 20, lett. c), all. A, realizza una ipotesi di cessione del contratto, ha affermato, sulla scorta di Cass. n. 6743 del 1992, la possibilità per il cessionario ed il contraente ceduto di modificare il rapporto contrattuale scaturito dalla cessione, purchè non attraverso pattuizioni intervenute prima del perfezionamento della cessione;

che, sulla base di queste premesse, il giudice di appello ha ritenuto che il tenore letterale dell’accordo inter partes, stipulato contestualmente alla cessione, non lasciasse adito a dubbi in ordine alla comune volontà delle parti di dare vita ad un rapporto distinto da quello intercorso tra il lavoratore e l’ACTP di (OMISSIS), precedente datrice; ha, quindi, escluso la dedotta violazione dell’art. 2, lett. c) dell’accordo collettivo 27.11.2000 in punto di individuazione dei periodi di guida effettiva aziendale, per l’accesso di diversi parametri di esercizio ed ha respinto nel merito la domanda relativa alla inclusione nella paga base conglobata della somma mensile corrispondente agli scatti di anzianità maturati presso il Consorzio.

che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso V.G., sulla base di tre motivi;

che la ATC s.p.a in liquidazione e TPER s.p.a., quale successore a titolo particolare di ATC in virtù di operazioni societarie intervenute successivamente all’instaurazione del giudizio, hanno resistito con tempestivo controricorso e contestuale ricorso incidentale condizionato con il quale ha riproposto la eccezione di prescrizione già formulata nei gradi di merito;

che entrambe le parti hanno depositato memoria;

ritenuto:

che il primo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione al R.D. n. 148 del 1931, art. 20, all. A e dell’art. 1406 c.c., censurando la decisione sul rilievo dell’incompatibilità logica, prima che giuridica, “tra la qualificazione del negozio ai sensi del R.D. n. 148 del 1931, art. 20, all. a, quale cessione e l’affermazione relativa ” all’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro” è inammissibile in quanto fondato su una non corretta ricostruzione delle ragioni della decisione di secondo grado. Il motivo non considera che il giudice di appello ha espressamente riconosciuto che il “trasloco per cambio” R.D. n. 148 del 1931, ex art. 20, lett. c), all. A, dà luogo ad un’ipotesi di cessione del contratto, ritenendo tuttavia, in concreto, che dopo il perfezionamento della cessione le parti avevano modificato il rapporto contrattuale scaturito dalla cessione, dando vita a un rapporto ex novo, così dimostrando di tenere ben distinti, nella loro rilevanza giuridica, i due momenti rappresentati dal perfezionamento della cessione del contratto, realizzata tramite trasloco ex art. 20 R.D. cit. e dalla modifica del regolamento del rapporto, logicamente successiva, seppure trasfusa nel medesimo testo contrattuale;

che ai fini di una diversa ricostruzione del contenuto negoziale dell’accordo non è dirimente la previsione di riconoscimento degli scatti di anzianità maturati presso la precedente datrice, circostanza questa non intrinsecamente incompatibile con la volontà contrattuale di instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro quale ricostruita nella sentenza impugnata;

che il secondo motivo con il quale si deduce omesso esame di un circostanze decisive per il giudizio e si sostiene che, anche in applicazione del disposto dell’art. 1362 c.c., il giudice di appello avrebbe dovuto verificare la comune intenzione dei contraenti, senza arrestarsi al dato letterale del testo contrattuale ma estendendo l’indagine al comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione dell’accordo è inammissibile.

che la rubrica del motivo, nella quale è denunziato l’omesso esame di un fatto decisivo, con implicita evocazione del motivo di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non appare esaustiva del tenore delle censure svolte ad illustrazione del motivo medesimo intese a denunziare oltre la illogicità della ricostruzione della comune volontà delle parti anche la violazione delle regole legali dell’interpretazione (v. riferimento all’art. 1362 c.c.) e non è comunque vincolante per la qualificazione del vizio denunciato, poichè è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 7981 del 2007).

che secondo insegnamento di questa Corte l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione; che, ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonchè, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorchè la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire mentre la a denuncia del vizio di motivazione dev’essere invece effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza; che, in ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (cfr. tra le altre, Cass. n. 4178 del 2007).

che il motivo in esame non è svolto con modalità coerenti con le richiamate prescrizioni in quanto il riferimento ad alcuni elementi, quali la mancanza di un nuovo patto di prova, l’inosservanza dei limiti di età, la carenza di nuovi accertamenti di idoneità alla guida e di nuovi esami o saggi preliminari, la mancata richiesta dei documenti imposti dalla legge all’atto dell’assunzione, la tassatività delle ipotesi di cessazione del rapporto, il riconoscimento degli aumenti periodi di anzianità con riferimento a quelli maturati nell’azienda, destinati, in tesi, a escludere la volontà delle parti di dare vita ad un nuovo rapporto, non evidenzia alcuna intrinseca illogicità della decisione impugnata proprio alla luce della affermazione di questa Corte che ha ritenuto ammissibile la contestuale (al perfezionamento della cessione del contratto) possibilità delle parti di dar luogo ad una modifica del regolamento contrattuale. (Cass. n. 6743 del 1992 cit.). In ogni caso parte ricorrente non pone a confronto tali elementi con lo specifico dato testuale, valorizzato dal giudice di appello relativo alla dichiarata volontà delle parti di instaurare “un nuovo rapporto di lavoro” ed alla previsione di corresponsione del tfr a carico del precedente datore;

che la deduzione di violazione dei criteri legali di interpretazione non è corredata dalla precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice di appello se ne è discostato in quanto le censure svolte si limitano a contrapporre la più favorevole interpretazione del testo contrattuale invocata dal ricorrente con quella fatta propria dalla sentenza impugnata; analogamente la deduzione relativa alla necessità di tener conto della condotta complessiva delle parti è formulata, in violazione della gerarchia interna che regola i criteri legali di interpretazione in quanto parte ricorrente si limita a richiedere la valutazione della condotta complessiva delle parti senza specificamente confutare gli elementi, ancorati al dato testuale, alla base della interpretazione del giudice di merito.

che il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione e/o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, con riferimento all’art. 2 lett. c) dell’Accordo 27.11.2000, anche in relazione all’art. 2077 c.c., sostenendosi che era irragionevole ed illegittimo escludere dal computo del periodo di guida il servizio prestato dal dipendente in favore del datore cedente risolvendosi tale esclusione nell’ingiusta privazione dell’anzianità conseguita nell’ambito del medesimo rapporto è anch’esso inammissibile in quanto articolato con modalità non conformi all’insegnamento di questa Corte secondo la quale in tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario specificare, in ossequio al principio di autosufficienza, la sede in cui gli atti stessi sono rinvenibili (fascicolo d’ufficio o di parte), provvedendo anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (cfr., Cass. SU n. 22726 del 2011, n. 4220 del 2012; n. 8569 del 2013).

che, infatti, parte ricorrente si è sottratta a tale onere posto che non ha riprodotto nè il testo della disposizione collettiva della cui interpretazione, in sintesi, si duole, nè indicato la sede processuale di relativa produzione;

che a tanto consegue il rigetto del ricorso principale con effetto di assorbimento del motivo di ricorso svolto in via condizionata dalle società controricorrenti;

che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 2.700,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

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