Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 41604 del 27/12/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2021, (ud. 17/12/2021, dep. 27/12/2021), n.41604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17015/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale

dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

B.S., (C.F. (OMISSIS)), M.G., (C.F. (OMISSIS)),

in qualità di soci e legali rappresentanti di TERMOSANITARIA SNC di

B.S. e M.G., rappresentati e difesi dall’Avv.

MARCELLO GORI in virtù di procura speciale in calce al

controricorso, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte, n. 29/10/11, depositata in data 21 aprile 2011.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 dicembre

2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. I contribuenti TERMNOSANITARIA SNC di B.S. e M.G., società esercente l’attività di installazione di impianti idraulici e termosanitari, nonché i soci B.S. e M.G. hanno impugnato alcuni avvisi di accertamento, relativi al periodo di imposta 2005, con i quali veniva accertato ai fini IRPEF, IRAP e IVA, a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), un maggior reddito di impresa di Euro 89.899,00, con ripresa per trasparenza dei maggiori redditi di partecipazione in capo ai soci. L’atto impugnato traeva origine da una verifica, nella quale si prendeva spunto dalla non congruità del reddito di impresa rispetto ai ricavi puntuali dello studio di settore (OMISSIS) pari ad Euro 252.285,00 e dall’esistenza di redditi dichiarati dai soci in misura inferiore al lavoratore dipendente assunto; si procedeva, pertanto, a una ricostruzione indiretta dei ricavi, quantificando le ore lavorate, previa applicazione di un abbattimento di due ore giornaliere complessive per attività organizzative e ricalcolando il costo del venduto con una percentuale di ricarico del 20%. I ricorrenti hanno contestato la metodologia applicata e il merito dell’accertamento.

2. La CTP Cuneo ha rigettato i ricorsi riuniti.

3. La CTR del Piemonte, con sentenza in data 21 aprile 2011, ha parzialmente accolto l’appello dei contribuenti, rideterminando il maggior reddito della società in Euro 28.886,00. Ha preliminarmente ritenuto il giudice di appello che l’accertamento, a dispetto della formulazione indicata, fosse stato condotto con metodologia analitico-induttiva, essendo la ricostruzione del maggior reddito ascrivibile all’utilizzo di presunzioni gravi, precise e concordanti. Nel merito, la CTR ha ritenuto non decisiva la circostanza che i redditi dei soci fossero inferiori a quello del lavoratore subordinato, valorizzando al contempo un minor impegno dei due soci, in quanto già pensionati, nonché quantificando un minor numero di ore lavorate in forza del rigido “clima invernale”, così rideterminando il reddito in considerazione di un maggior abbattimento delle ore effettivamente lavorate. Ha, pertanto, ritenuto la CTR di quantificare i ricavi dell’impresa contribuente in linea con il ricavo puntuale dello studio di settore utilizzato dall’Ufficio.

4. Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a due motivi, cui resistono con controricorso i soci della società contribuente, nelle more estinta, i quali propongono ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. I contribuenti hanno, inoltre, depositato memoria.

5. Con istanza in data 3 dicembre 2020 è stata disposta l’acquisizione del fascicolo di ufficio, allo scopo di verificare la tempestività del ricorso, in ragione dell’applicazione al caso di specie della sospensione di cui al D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, lett. c), contestata dai controricorrenti in memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di rideterminare i ricavi puntuali di riferimento in Euro 252.285,00 in luogo dei ricavi dichiarati di Euro 223.399,00, con un maggior reddito accertato di Euro 28.886,00. Osserva il ricorrente che il giudice di appello avrebbe stravolto la modalità di accertamento, condotto con metodologia analitico-induttiva, come del resto riconosciuto dalla stessa sentenza di appello, sostituendo la metodologia induttiva applicata dall’Ufficio con quella degli accertamenti standardizzati. Diversamente, prosegue l’Ufficio ricorrente, il giudice potrebbe verificare la sussistenza dei presupposti dell’accertamento senza sostituirsi nell’esercizio del potere impositivo e della metodologia applicata.

1.2. Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione, non avendo il giudice di appello tenuto conto della circostanza che i soci avessero percepito redditi inferiori rispetto al lavoratore dipendente. Evidenzia, inoltre, contraddittorietà della motivazione, per avere la CTR riconosciuto la corretta applicazione della metodologia utilizzata dall’Ufficio, per poi applicarne un’altra, come già illustrato in relazione al superiore motivo.

1.3. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce, in via condizionata (“laddove disattesa”), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria su un fatto controverso e decisivo, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto ricorrere gli estremi della metodologia analitico-induttiva, riducendo la pretesa dell’Amministrazione finanziaria. Deducono i ricorrenti incidentali che l’accertamento sarebbe privo di pregnanza indiziaria, per cui lo stesso si sarebbe dovuto annullare tout court, evidenziando – in particolare – come la sentenza non avrebbe rilevato l’erronea ricostruzione dell’Ufficio che, pur indirizzata a ricostruire il valore della produzione del conto economico di cui all’art. 2425 c.c., comma 1, lett. a), non avrebbe tenuto conto della variazione delle opere e dei lavori in corso.

1.4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2425 c.c., comma 1, lett. a), in relazione ai medesimi profili.

2. Va esaminata preliminarmente la questione della tempestività del ricorso, in esito all’acquisizione del fascicolo conseguente all’ordinanza del 3 dicembre 2020, questione sollevata dai controricorrenti con memoria ma rilevabile di ufficio in quanto attinente alla tempestiva proposizione dell’impugnazione (Cass., Sez. U., 25 giugno 2019, n. 16979). La sentenza impugnata, pronunciata in data 21 aprile 2011, è stata impugnata in data 2 maggio 2013 sul dichiarato presupposto dell’applicazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, lett. c), in relazione a causa pendente in epoca anteriore al 4 luglio 2009. Il presupposto dell’applicazione della suddetta sospensione è dato dal valore della controversia, ove di importo non superiore ad Euro ventimila (citato art. 39, comma 12). Il valore della controversia si determina a termini del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12, comma 2 (valore del tributo al netto di interessi e sanzioni). Considerando che tra la pubblicazione della sentenza (21 aprile 2011) e la proposizione del ricorso (2 maggio 2013) sono trascorsi 742 gg. e che deve tenersi conto della sospensione feriale successiva, in quanto ricadente al di fuori del periodo di sospensione considerato dal citato art. 39, comma 12, la proposizione del ricorso, ove risulti applicabile la sospensione di cui al citato art. 39, comma 12, lett. c) (360 giorni dal 6 luglio 2011 al 30 giugno 2012) – su cui infra nn. 3 e 4 -, deve ritenersi tempestiva.

3. Dalla lettura degli atti acquisiti emerge come l’avviso di accertamento nei confronti della società (successivamente estinta) ha accertato tributi in capo alla società di importo inferiore a ventimila Euro (Euro 3.523,00 per IRAP ed Euro 14.035,00 per IVA); parimenti, inferiori a ventimila Euro risultano gli accertamenti relativi alla maggiore IRPEF imputata a ciascuno dei due soci per trasparenza (IRPEF pari ad Euro 17.202,00 per ciascun socio). Si osserva, al riguardo, come secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli effetti della definizione agevolata di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, vanno valutati in relazione a ciascun contribuente, tanto che gli effetti della definizione agevolata di un contribuente non si estendono agli altri (Cass., Sez. VI, 11 luglio 2020, n. 15076). Ne consegue che nel caso di impugnazione con unico ricorso di più avvisi di accertamento riferiti a diverse annualità d’imposta, il limite di valore dei 20.000 Euro va riferito a ciascuno degli avvisi impugnati, i quali non perdono il requisito condonistico di lite pendente autonoma, stante il rinvio recettizio alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 3, lett. c), che prevede che “il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati” (Cass., Sez. VI, 23 ottobre 2017, n. 25036).

4. Del resto, apparirebbe contrario alla stessa ratio della norma quello di far venir meno gli effetti del condono in caso di riunione di più procedimenti che abbiano origine da diversi atti impositivi, non potendo le esigenze di economia processuale contrastare le esigenze deflative proprie della disciplina condonistica. Essendo, pertanto, ciascuno degli avvisi di accertamento (nei confronti della società, nelle more dichiarata estinta, nonché nei confronti di ciascuno dei due soci) inferiori alla menzionata soglia normativa, tutte le suddette controversie sono assoggettabili alla suddetta disposizione condonistica e usufruiscono della menzionata sospensione dei termini processuali. Il ricorso dell’Ufficio e’, pertanto, tempestivo, rigettandosi l’eccezione di parte controricorrente.

5. Va, parimenti, rigettata, l’ulteriore eccezione di inammissibilità dei controricorrenti, avendo il ricorrente fatto idoneo richiamo per relationem agli atti di causa.

6. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi. La CTR, dopo avere rilevato la sussistenza dei presupposti della metodologia analitico-induttiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in luogo di quella induttiva pura (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2), in quanto accertamento fondato su elementi dotati di pregnanza indiziaria, ha proceduto all’analisi dei singoli elementi indiziari addotti dall’Ufficio. Il giudice di appello ha, quindi, preso atto che l’Ufficio ha proceduto a ricostruire il reddito con metodologia induttiva partendo dal dato della incongruenza dei redditi dichiarati dalla società contribuente in base agli studi di settore, la quale ha costituito l’atto di innesco dell’accertamento, interamente basato su elementi di carattere indiziario, in conformità di quanto ritiene questa Corte, ove osserva che lo scostamento dagli studi di settore previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 181 e 187, costituisce il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo (Cass., Sez. V, 13 luglio 2016, n. 14288). Ha, quindi, analizzato gli elementi addotti dall’Ufficio, ritenendo insufficiente la percezione da parte dei soci di redditi inferiori rispetto a quello del lavoratore dipendente. Il giudice di appello ha poi fatto uso dei suoi poteri di rideterminazione della pretesa impositiva nei limiti dei suoi poteri di impugnazione-merito, finalizzati a operare una determinazione sostitutiva nel quantum dell’accertamento originario dell’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. V, 20 ottobre 2011, n. 21759). La CTR ha, pertanto, ridotto il peso lavorativo dei due soci, in quanto “già pensionati” e il numero delle ore lavorate attraverso l’incremento dell’incidenza delle ore dedicate all’organizzazione dell’impresa e, così, è giunta alla ricostruzione presuntiva del reddito in Euro 28.886,00 ulteriori rispetto al reddito dichiarato, in linea con il ricavo puntuale dello studio di settore di riferimento.

7. Appare a questa Corte che la CTR, lungi dall’attaccare la metodologia utilizzata dall’Ufficio (che, invece, ha confermato nell’an, qualificandola come analitico-induttiva a dispetto delle norme indicate nell’atto impositivo), ha proceduto alla parziale riconsiderazione dei singoli elementi indiziari, conseguenti all’utilizzo della suddetta metodologia, che hanno condotto alla rideterminazione nel quantum della pretesa tributaria. Vero è che la CTR ha, infine, proceduto ad accertare maggiori “ricavi puntuali di riferimento”, ma il valore indicato dagli studi di settore ha costituito il parametro di quantificazione dei ricavi, che invece sono stati accertati in forza della rivisitazione degli elementi indiziari e non anche previa sostituzione della metodologia standardizzata a quella analitico-induttiva utilizzata dall’Ufficio. Ne consegue l’inammissibilità del primo motivo per non avere il ricorrente censurato la ratio decidendi seguita dal giudice di appello.

8. Il secondo motivo è infondato. Il giudice di appello ha preso espressamente in esame il fatto storico enunciato dal ricorrente (il fatto che il reddito dei soci fosse inferiore a quello del dipendente), ritenendolo insufficiente (“la circostanza che i soci abbiano percepito redditi inferiori alla retribuzione lorda del dipendente non può costituire da sola la prova assoluta dell’inattendibilità della contabilità (…) in assenza di motivi specifici di difficoltà”), dando rilievo, in concreto, a circostanze particolari (il fatto che i due soci erano già pensionati e il fatto che, date le condizioni ambientali, si giustificava una minore attività lavorativa rispetto a quanto accertato dall’Ufficio).

9. Ne’ sussiste la dedotta contraddittorietà di motivazione, posto che la sentenza impugnata contiene un sufficiente, benché sintetico, percorso motivazionale che rende intelligibili le ragioni della decisione.

10. Il ricorso principale va, pertanto, rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale. Le spese sono regolate dalla soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., Sez. III, 14 marzo 2014, n. 5955), come non spetta il raddoppio del contributo a carico dei ricorrenti incidentali, stante l’assorbimento del ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 5.200,00, oltre spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2021

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