Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 41600 del 27/12/2021

Cassazione civile sez. I, 27/12/2021, (ud. 24/11/2021, dep. 27/12/2021), n.41600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11288/2016 proposto da:

Givada Finanziaria ed Immobiliare s.r.l., (già Givada Finanziaria ed

Immobiliare di R.K. & C. s.a.s.) nella persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.

Prof. Stefano Zunarelli, e dall’Avv. Alberto Pasino, ed

elettivamente domiciliata presso lo Studio Zunarelli e Associati in

Roma, Piazza dei Santi Apostoli, n. 66, giusta procura in calce al

ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella persona del

Ministro pro tempore, e Capitaneria di Porto di Monfalcone, nella

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e

difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici

domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di TRIESTE, n. 747/2015,

depositata il 16 dicembre 2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24 novembre 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 16 dicembre 2015, la Corte d’appello di Trieste ha rigettato l’appello proposto dalla società Givada Finanziaria ed Immobiliare di R.K. & C. s.a.s., avverso la sentenza del Tribunale di Trieste n. 1320/2012, che aveva accertato che il canone legale dovuto per la concessione dell’insediamento era pari ad Euro 61.302,78 per l’anno 2007 ed ad Euro 62.865,97 per l’anno 2008.

2. In particolare, la società Givada Finanziaria ed Immobiliare di R.K. & C. s.a.s., era titolare di una concessione di beni del demanio marittimo, stipulata in data 22 ottobre 2001, con atto n. 2/2001, per l’occupazione e l’uso di una zona demaniale marittima di mq. 53.650 situata in Comune di grado, località (OMISSIS), avente durata di anni cinquanta a decorrere dal 20 luglio 1995, finalizzata alla costruzione e alla gestione di un approdo per il diporto nautico e con la quale la stessa società si era obbligata a realizzare tutte le opere necessarie alla gestione del porto turistico.

3. La Corte di appello di Trieste ha ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione che sosteneva l’inapplicabilità dell’art. 1, comma 251 Legge finanziaria e la richiesta della sua disapplicazione, affermando che il provvedimento di cui si chiedeva la disapplicazione era risultato pienamente conforme alle norme, né risultava improvviso e imprevedibile o ingiustificato rispetto allo scopo perseguito; che il regime del demanio marittimo individuava il regime specifico della generalità dei beni appartenenti al demanio marittimo, che si caratterizzavano per essere utilizzati o utilizzabili per i pubblici usi del mare e per essere posti in via permanente al servizio dell’interesse sociale; che la misura del canone di concessione del rapporto in esame, che era un rapporto di durata, poteva essere rimessa a criteri stabiliti dal legislatore e poteva essere legittimamente variata in ogni tempo, proprio in considerazione della peculiare natura del rapporto.

4. I giudici di secondo grado hanno, poi, evidenziato, che già la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 302/2010, aveva ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 251, e che la consulenza tecnica disposta in corso di causa, che aveva determinato il canone annuo dovuto per gli anni 2007 e 2008, non era stata oggetto di contestazione.

5. Givada Finanziaria ed Immobiliare s.r.l. (già Givada Finanziaria ed Immobiliare di R.K. & C. s.a.s.), avverso la sentenza impugnata, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

6. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Capitaneria di Porto di Monfalcone hanno depositato controricorso.

7. La società ricorrente ha depositato memoria.

8. L’Avv. Prof. Stefano Zunarelli ha depositato dichiarazione di rinuncia al mandato del 28 luglio 2016, conferitigli dalla Givada Finanziaria ed Immobiliare s.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 39 c.n., D.P.R. n. 328 del 1952, art. 19, D.M. n. 343 del 1998, D.P.R. n. 509 del 1997, D.M. 14 aprile 1998, D.L. n. 400 del 1993, art. 3, comma 3, convertito dalla L. n. 494 del 1993, nonché violazione di legge in relazione agli artt. 11 e 12 preleggi e alla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 251 e 252; L. n. 449 del 1997, art. 10, comma 4 bis: la motivazione della sentenza impugnata si fondava su una non condivisibile commistione tra specie diverse della più ampia categoria di beni demaniali marittimi e del correlativo regolamento concessorio, che si articolava in una pluralità di tipi ciascuno dei quali assoggettato ad una disciplina normativa sua propria; la motivazione della sentenza impugnata non aveva colto la differenza tra le mere concessioni del bene demaniale marittimo naturalisticamente inteso (il lido del mare o l’arenile per l’appoggio di letti ed ombrelli solari) e la concessione di costruzione e gestione di un porto turistico, il cui oggetto si estendeva alla realizzazione di un opus destinato a modificare radicalmente ed irreversibilmente lo stesso bene demaniale, ovvero tra concessione per licenza e concessione per atto formale ed ancora tra concessioni di mero uso e concessioni di costruzione e gestione; non era ammissibile una normativa sopravvenuta ad un rapporto già regolato da una concessione-contratto in tutte le sue parti, se non nel caso in cui la norma sopravvenuta prevedesse espressamente l’applicabilità anche ai rapporti in corso di esecuzione, il che non era riscontrabile nella vicenda in esame; l’aumento del canone pari al 300% determinato in sede di concessione non poteva trovare applicazione se non a fronte di una espressa previsione di legge che stabilisse anche i criteri per procedere alla rideterminazione del rapporto concessorio, tenuto conto anche del fatto che la legge non disponeva che per l’avvenire e non aveva effetto retroattivo (art. 11 preleggi); la sentenza impugnata non aveva considerato, diversamente da altre sentenze di merito, quanto previsto dalla L. n. 449 del 1997, art. 10, comma 4 bis secondo cui “Qualora la decorrenza delle concessioni di cui al comma 4 retroagisca alla data di rilascio di cui all’art. 35 del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione, approvato con D.P.R. 15 febbraio 1952, n, 328, il canone è determinato nella misura minore tra quella calcolata ai sensi del decreto di cui al comma 4 e quella calcolata ai sensi della previgente normativa”.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 Questa Corte, all’esito di una approfondita ricostruzione del quadro normativo di riferimento, ha affermato che “la L. n. 449 del 1997, art. 10, comma 1, secondo cui i canoni per le concessioni dei beni del demanio marittimo, determinati ai sensi del D.L. n. 400 del 1993, art. 3, comma 1, (conv. con mod. dalla L. n. 494 del 1993), si applicano solo alle concessioni aventi decorrenza successiva al 31 dicembre 1997, non è stato abrogato dalla L. n. 296 del 2006 che, pur procedendo ad una incisiva revisione della disciplina preesistente e modificando selettivamente specifici commi del D.L. n. 400 del 1993, art. 3 e dell’art. 10 cit., non è intervenuta sul comma 1 di quest’ultimo che ospita la norma di interpretazione autentica sul regime intertemporale. Tuttavia, la circostanza che l’art. 10, mediante un rinvio fisso, escluda l’applicabilità dei canoni determinati ai sensi dell’art. 3 a concessioni aventi decorrenza anteriore al 31 dicembre 1997, non esclude che i nuovi canoni, determinati ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 251, trovino applicazione anche per le concessioni già rilasciate o rinnovate, purché ancora in corso al momento dell’entrata in vigore di tale ultima legge” (cfr. Cass., 29 dicembre 2020, n. 29771).

Più specificamente questa Corte ha precisato che:

– deve ritenersi che la nuova disciplina debba applicarsi a tutti i rapporti concessori, essendo sufficiente, ai fini della commisurazione dei canoni introdotta da detta normativa, che al 10 gennaio 2007 il privato gestisca in concessione i beni rientranti nell’ambito applicativo della norma, indipendentemente dal momento del rilascio della concessione, antecedente o successivo che sia all’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, ciò sia alla luce della ratio legis della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 251, finalizzata alla perequazione della posizione dei concessionari di beni pubblici mediante una revisione di tutta la normativa, sia in base ad un’interpretazione sistematica che tenga altresì conto del riferimento, contenuto nella lett. b) dell’invocato comma 251, anche alle concessioni relative agli anni 2004, 2005 e 2006, con ciò dando per presupposta l’applicabilità del nuovo regime dei canoni anche alle concessioni in corso prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007;

– la giurisprudenza amministrativa, sia di merito sia di legittimità, ha già avuto modo di affermare che la disposizione di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 251, non opera distinzioni tra le nuove concessioni e le concessioni in precedenza rilasciate, onde la lettera della legge depone per l’applicazione dei nuovi canoni anche per le concessioni già in corso (cfr. Consiglio Stato, 26 gennaio 2018, n. 546; Consiglio Stato, 19 gennaio 2018, n. 340);

– la norma in questione introduce una integrale revisione della determinazione del canone concessorio, prevedendo, per le concessioni attinenti ad utilizzazioni “turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei, per i quali si applichino le disposizioni relative al demanio marittimo”, una forte rivalutazione dei canoni, a lungo lasciati a livelli del tutto inadeguati, rispetto agli equilibri di mercato, con la decorrenza dal 1 gennaio 2007, in relazione alle concessioni “rilasciate e rinnovate” e, dunque, anche con incidenza sui rapporti in corso;

-il riferimento normativo relativo alle “concessioni rilasciate o rinnovate” non esclude l’applicabilità alle concessioni “in corso” che sono pur sempre concessioni “rilasciate o rinnovate”, ciò anche in corrispondenza ad una lettura della norma rispondente al dato testuale e alla finalità di interesse pubblico sottese, tenuto conto dei poteri riconosciuti all’ente proprietario nei confronti dei concessionari, nonché dell’esigenza di trarre dall’uso dei beni pubblici proventi non irrisori, da porre a servizio della collettività;

-ulteriore rilievo decisivo ha il fatto che, nella L. 296 del 2006, art. 1, comma 256 aveva disposto specifiche abrogazioni espresse (quelle del D.L. n. 268 del 2003, art. 32, commi 21, 22 e 23 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 326 del 2003, e la L. 17 dicembre 1997, n. 449, art. 10, comma 4), addirittura incidendo sullo stesso L. n. 449 del 1997, art. 10 abrogandone espressamente il solo comma 4, e risparmiando specificamente il comma 1, che ospitava la norma di interpretazione autentica sul regime intertemporale per cui era causa, che evidentemente a fortiori si intendeva preservare.

1.3 Soccorre sul punto anche la Corte Costituzionale, che intervenuta con le sentenze 20 ottobre 2010, n. 302 e 27 gennaio 2017, n. 29, ha dichiarato non fondata le questioni di legittimità costituzionale della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 252, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, sollevate in riferimento agli artt. 3,53 e 97 Cost. (la prima questione) e in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. (la seconda questione).

1.4 I giudici delle leggi, in particolare, hanno evidenziato che:

– la disposizione censurata sostituiva il previgente D.L. n. 400 del 1993, art. 3, comma 3 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 494 del 1993, e prevedeva che: “3. Le misure dei canoni di cui al comma 1, lett. b), si applicano, a decorrere dal 1 gennaio 2007, anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto”, così estendendo alle concessioni di strutture per la nautica da diporto i medesimi criteri di determinazione dei canoni dettati per le concessioni aventi finalità turistico-ricreative;

– la nuova disciplina dettata dalla legge finanziaria 2007 modificava il precedente impianto normativo, contenuto nel D.L. n. 400 del 1993, art. 3 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), con la previsione, accanto al canone cosiddetto tabellare, che continuava ad applicarsi per le concessioni previste dall’art. 3, comma 1, lett. b), n. 1, di un canone commisurato al valore di mercato, sia pure mitigato da alcuni accorgimenti e abbattimenti (art. 3, comma 1, let. b, n. 2.1);

– la L. n. 296 del 2006, commi 251 e 252 avevano introdotto il canone commisurato al valore di mercato, che costituiva un elemento di novità particolarmente significativo, la cui ratio consisteva nel perseguimento di obiettivi di equità e razionalizzazione dell’uso dei beni demaniali, senza trascurare determinate categorie di utilizzatori, per le quali erano previste specifiche misure agevolative (D.L. n. 400 del 1993, art. 3, comma 1, lett. c);

-erano soggette all’applicazione del canone commisurato al valore di mercato le concessioni comprensive di strutture costituenti “pertinenze demaniali marittime destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi” (D.L. n. 400 del 1993, art. 3, comma 1, lett. b, n. 2.1, e art. 29 c.n.);

– l’aumento dei canoni si era sostituito ad un precedente aumento, di notevole entità, non applicato per effetto di successive proroghe, ma rimasto tuttavia in vigore sino ad essere rimosso, a favore di quello vigente, dalla norma oggetto di censura;

-l’incremento non poteva essere considerato frutto di irragionevole arbitrio del legislatore, tale da indurre a sindacare una scelta di indirizzo politico-economico, che sfuggiva, in via generale, ad una valutazione di legittimità costituzionale.

1.5 I giudici delle leggi hanno, poi, ritenuto ininfluenti, ai fini della valutazione della censurata irragionevolezza, gli elementi differenziali delle concessioni per la nautica da diporto, rispetto a quelle per attività turistico-ricreative e specificamente la “maggiore durata di tali rapporti” (pure dedotto in questa sede dalla società ricorrente) e la “loro consistenza numericamente limitata”, e ciò perché da un lato la maggiore durata del rapporto concessorio era volta a consentire di ammortizzare l’investimento del concessionario su un orizzonte temporale più ampio e valeva a bilanciare, diluendoli nel tempo, gli effetti dell’incremento degli oneri a carico dei concessionari; dall’altro, perché il numero relativamente esiguo delle concessioni per la nautica da diporto appariva circostanza in sé estranea alla valutazione in ordine alla ragionevolezza dell’incremento dei canoni, in quanto incidente sull’equilibrio economico finanziario del rapporto.

1.6 In ultimo, il giudice delle leggi ha affermato, con la sentenza interpretativa di rigetto n. 29 del 17 gennaio 2017, sopra richiamata, che il tenore letterale del D.L. n. 300 del 1993, art. 3 nel testo sostituito dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 251, nel delimitare l’ambito applicativo dei nuovi canoni commisurati ai valori di mercato, aveva fatto espresso riferimento ad opere costituenti pertinenze demaniali marittime, che, pertanto, già appartenevano allo Stato e che i criteri di calcolo dei canoni commisurati ai valori di mercato, in quanto riferiti alle opere realizzate sul bene e non solo alla sua superficie, erano applicabili soltanto a quelle che già appartenevano allo Stato; che nelle concessioni di opere da realizzare a cura del concessionario, ciò poteva avvenire solo al termine della concessione, e non già nel corso della medesima, mentre nelle concessioni che prevedevano la realizzazione di infrastrutture da parte del concessionario, il pagamento del canone riguardava soltanto l’utilizzo del suolo e non anche i manufatti, sui quali medio tempore insisteva la proprietà superficiaria dei concessionari e lo Stato non vantava alcun diritto di proprietà.

1.7 Ciò posto, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi esposti, richiamando peraltro espressamente la sentenza della Corte Costituzionale 20 ottobre 2010, n. 302, ed ha affermato che il regime del demanio marittimo individuava il regime specifico della generalità dei beni appartenenti al demanio marittimo, che si caratterizzavano per essere utilizzati o utilizzabili per i pubblici usi del mare e per essere posti in via permanente al servizio dell’interesse sociale; che la misura del canone di concessione del rapporto in esame, che era un rapporto di durata, poteva essere rimessa a criteri stabiliti dal legislatore e poteva essere legittimamente variata in ogni tempo, proprio in considerazione della peculiare natura del rapporto.

1.8 A fronte di ciò, la società ricorrente non ha affatto censurato i conteggi eseguiti dai giudici di merito, a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio, né ha dedotto che gli stessi comprendevano pure delle strutture che non erano di proprietà demaniale; emerge, piuttosto, dal provvedimento impugnato, che la consulenza tecnica disposta in corso di causa, che aveva determinato il canone annuo dovuto per gli anni 2007 e 2008, non era stata oggetto di contestazione (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata).

2. Anche il secondo motivo, con il quale la società ricorrente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 252 e comma 256, in relazione agli artt. 3,41 e 42 Cost., è infondato, in considerazione dei principi già espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 302 del 27 gennaio 2017, il cui scrutinio di costituzionalità ha coinvolto anche le strutture destinate alla nautica da diporto.

3. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Capitaneria di Porto di Monfalcone controricorrenti e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Capitaneria di Porto di Monfalcone controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA