Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4160 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/02/2011, (ud. 14/01/2011, dep. 21/02/2011), n.4160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17034-2007 proposto da:

A.R.M., anche quale esercente la potestà sul minore

L.V.M. e L.C., quale eredi di

L.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CAVOUR

221, presso lo studio degli avvocati FABBRINI FABIO, SPEDALIERE

LEOPOLDO, che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI TORRE DEL GRECO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 329/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/02/2007 R.G.N. 6420/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2011 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. A.R.M., in proprio e quale esercente la potestà sui figli minori C. e L.V.M., si rivolgeva al Tribunale di Torre Annunziata, giudice del lavoro, esponendo che L.A., dante causa, già dipendente del Comune di Torre del Greco con compiti di “porta valori” – essendo incaricato, in particolare, di consegnare quotidianamente agli impiegati della sede centrale del Comune e a quelli della sezione di Santa Maria La Bruna gli stampati per le certificazioni e le marche per i diritti e di ritirare, poi, le somme riscosse provvedendo al versamento presso l’istituto di credito indicatogli dall’economo o dal provveditore -, il 13 ottobre 1992 aveva subito un infortunio sul lavoro avendo opposto resistenza ad una rapina ad opera di ignoti, che lo avevano attinto con un proiettile di arma da fuoco ferendolo al femore e procurandogli gravi lesioni da cui erano conseguiti postumi permanenti, nonchè danni morali e biologici e alla vita di relazione; domandava, pertanto, la condanna dell’INAIL e del Comune alla corresponsione dell’indennità per inabilità temporanea e permanente e al pagamento del cd. danno differenziale.

2. Costituitosi il solo Istituto di assistenza, con sentenza dell’11 marzo 2003 la domanda veniva parzialmente accolta in esito all’espletamento di c.t.u. e, per quanto interessa in questa sede, il Comune veniva condannato al risarcimento per danno biologico e morale e per danno alla capacità lavorativa specifica; ma tale decisione veniva riformata, in parte qua, dalla Corte d’appello di Napoli, che, con la sentenza qui impugnata, respingeva la domanda nei confronti del Comune accogliendone il relativo gravame. In particolare, la Corte di merito rilevava che la pretesa attorea si configurava come azione extracontrattuale, così restando inapplicabile la presunzione di colpa di cui. all’art. 1218 c.c., e che la domanda risarcitoria era rimasta priva di alcun riscontro probatorio in ordine alla responsabilità del Comune riguardo alla verificazione dei danni dedotti, che, anzi, era rimasto accertato che il L., essendo adibito al ritiro e al versamento degli importi riscossi dal Comune per le certificazioni anagrafiche, trasportava, presumibilmente, piccole somme, sì che non poteva certamente attribuirsi all’ente comunale un obbligo di particolari cautele, quale l’organizzazione di un servizio di scorta, e, peraltro, la rapina era avvenuta dopo che il L. aveva effettuato il versamento presso l’istituto di credito, e quindi allorchè egli non aveva con sè alcuna somma.

3. Di questa decisione gli eredi del L. domandano la cassazione deducendo tre motivi di impugnazione. Il Comune intimato non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, il Collegio rileva che la mancata evocazione in giudizio dell’INAIL, che aveva partecipato al giudizio di merito, non comporta alcuna conseguenza ai fini dell’integrità del contraddittorio, vertendosi in materia di cause scindibili, per le quali, peraltro, neanche ricorrono le condizioni per disporre la notificazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 332 c.p.c..

2. Ancora in limine si osserva che non si pongono, in questa sede, questioni di giurisdizione, peraltro non sollevate dalle parti, nè rilevabili d’ufficio, in relazione all’epoca di svolgimento dei fatti nell’ambito del rapporto di impiego pubblico, stante la esplicita affermazione della sentenza impugnata riguardo alla giurisdizione del giudice ordinario alla stregua della natura dell’azione proposta.

3. Il ricorso si articola in tre motivi, conclusi con quesiti e indicazioni ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c..

3.1. Con il primo motivo si sostiene l’inammissibilità dell’appello proposto dal Comune per difetto di procura al difensore, in quanto rilasciata dal sindaco in assenza di autorizzazione o ratifica da parte della Giunta municipale.

3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dei principi di onere della prova e di non contestazione, sostenendosi, con specifico quesito di diritto, che il Comune non aveva mai contestato la circostanza – allegata ab initio – della notevole entità degli importi trasportati dal L., sì che i giudici di merito non potevano in alcun modo mettere in dubbio la esistenza di un rischio specifico insito nell’attività lavorativa svolta dal medesimo.

3.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione, sostenendosi – con apposita sintesi ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., seconda parte, – che l’affermazione della sentenza impugnata circa l’assenza di requisiti ex art. 414 c.p.c. avrebbe potuto, se mai, condurre alla declaratoria di nullità del ricorso introduttivo, ma non, contraddittoriamente e senza adeguata motivazione, alla valutazione di un difetto di prova in ordine alla responsabilità del Comune datore di lavoro.

4. Il primo motivo non è fondato. In tema di rappresentanza processuale degli enti e delle persone giuridiche, la parte che contesti che la persona fisica, la quale assume di rivestire la qualità di rappresentante e rilasci la procura al difensore, manca del potere rappresentativo, deve sollevare siffatta contestazione nella prima difesa (cfr. Cass. n. 3541 del 2009 e altre conformi), eccependo – con specifico riferimento alla autorizzazione eventualmente necessaria – la carenza di poteri rappresentativi (cfr., peraltro, Cass. n. 13968 del 2010, ove l’affermazione che per i Comuni non è necessaria alcuna autorizzazione della Giunta, salvo esplicita previsione statutaria). E difatti, come questa Corte ha più volte precisato, il difetto di rappresentanza processuale non determina una nullità insanabile rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, ma solo un vizio che deve essere fatto valere dalla parte interessata nella prima difesa, ed eventualmente con il successivo gravame ove l’eccezione della nullità sia stata tempestivamente sollevata (cfr. Cass. n. 7306 del 2008). Nella specie, il ricorso non specifica, nè riporta, l’avvenuta proposizione dell’eccezione nei termini sopra precisati, sì che la questione è ormai preclusa nella presente sede.

5. Il secondo motivo è parimenti infondato. All’onere di specifica contestazione dei fatti affermati dall’attore, previsto dall’art. 416 c.p.c., comma 3, consegue, in caso di mancato adempimento, secondo quanto chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 761 del 2002 (con principio divenuto ormai diritto vivente), l’effetto dell’inopponibilità della contestazione nelle fasi successive del processo e, sul piano probatorio, quello dell’acquisizione del fatto non contestato ove il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo. Al riguardo, con la medesima sentenza, come con altre successive (cfr. Cass. n. 11108 del 2007; n. 17947 del 2006), si è chiarito e precisato che la non contestazione riguarda i fatti concretamente non rilevabili dal giudice, sicchè essa – se pure sottrae l’attore dall’onere di provare fatti non controversi – non determina comunque la prova legale dei medesimi. Nella specie, che il Comune – peraltro contumace in primo grado – non abbia contestato l’importo delle somme che il L. trasportava nell’adempimento delle sue mansioni, non ha impedito al giudice di appello di valutare quanto risultava al riguardo ex actis, essendo emerso in modo pacifico che le somme consistevano negli incassi introitati dagli operatori comunali addetti alle certificazioni anagrafiche, essendo dunque di modesto importo, e che, comunque, la rapina era avvenuta dopo che il dipendente aveva effettuato il versamento presso l’istituto di credito; il che, secondo una valutazione di merito che non è oggetto di adeguate censure di illogicità o di altri vizi di motivazione, non imponeva all’ente comunale particolari cautele, come la organizzazione di un servizio di scorta.

6. Non fondato è anche il terzo motivo. L’affermazione della decisione impugnata riguardo alla carenza del ricorso introduttivo non si riferisce ad una sua globale nullità ai sensi dell’art. 414 c.p.c., ma riguarda in via esclusiva la mancata allegazione di elementi di responsabilità a carico del Comune; tale considerazione, pertanto, non poteva precludere l’esame del merito della domanda. Del tutto generica, per il resto, si rivela l’indicazione del fatto controverso su cui la motivazione sarebbe carente, sì che, in definitiva, la censura si risolve nella richiesta, inammissibile in questa sede, di una nuova valutazione del merito.

7. In conclusione il ricorso è respinto. Nulla per le spese in difetto di difese da parte del Comune.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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