Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 41598 del 27/12/2021

Cassazione civile sez. I, 27/12/2021, (ud. 23/11/2021, dep. 27/12/2021), n.41598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13543/2016 proposto da:

Consorzio di Bonifica della Gallura, nella persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Bettino

Arru, per procura speciale a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Consorzio Nazionale Cooperative di produzione e lavoro “Ciro

Menotti”, nella persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dagli Avv.ti Roberto Fariselli, e Massimo

Garutti, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo

in Roma, via In Arcione, n. 71, come da procura allegata con foglio

separato al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

Atradius Credit Insurance N. V., società di diritto (OMISSIS), nella

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dall’Avv. Massimo Gentile, giusta procura speciale a margine

del controricorso ed elettivamente domiciliata presso il suo studio

in Roma, via Sebino, n. 29;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di CAGLIARI, sezione

distaccata di SASSARI, n. 77/2016, depositata il 23 febbraio 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 novembre 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 23 febbraio 2016, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in accoglimento dell’appello proposto dal Consorzio Nazionale Cooperative di produzione e lavoro “Ciro Menotti”, avverso la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania, Sezione distaccata di Olbia, n. 248/2012 del 2 luglio 2012, ha dichiarato l’insussistenza dei presupposti della risoluzione D.Lgs. n. 163 del 2006, ex art. 136 e ha condannato il Consorzio di Bonifica della Gallura al pagamento della somma di Euro 67.185,41, oltre rivalutazione ed interessi come per legge.

2. Il Tribunale di Tempio Pausania aveva ritenuto conforme al paradigma legislativo della risoluzione del contratto di appalto stipulato tra i due Consorzi in data 3 ottobre 2008 (per la realizzazione di una rete di adduzione e distribuzione di acque depurate), la risoluzione operata dal Consorzio di Bonifica ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 136 in ragione della protratta inerzia dell’appaltatore nell’iniziare i lavori nonostante quest’ultimo avesse accettato la consegna in via d’urgenza, prima del perfezionamento del contratto, senza sollevare alcuna obiezione in ordine all’impossibilità di procedere, pur non avendo acquisito la disponibilità di un’area da adibire a cantiere e così assumendo la responsabilità del ritardo di oltre cinque mesi (sui quindici previsti per l’esecuzione dell’opera), costituendo tale comportamento una grave negligenza dell’appaltatore.

3. La Corte d’appello, richiamando le risultanze della consulenza tecnica svolta nel giudizio di primo grado, ha osservato che non rilevava la circostanza rimarcata dal primo giudice che nel progetto non fosse stata prevista alcuna area, quanto piuttosto il fatto che la contestazione dell’impresa appaltatrice circa i presupposti della risoluzione verteva non già sulla collocazione di detta area, ma sulla totale indisponibilità di un qualunque spazio ove allestire il cantiere, presupposto indefettibile per l’inizio dei lavori; che la Stazione appaltante, pur avendo dedotto l’attivazione della procedura di occupazione d’urgenza dell’area sita in località (OMISSIS) da parte della Stazione appaltante, non aveva dimostrato la positiva e tempestiva conclusione della procedura, né l’immissione in possesso del Consorzio appaltatore; che doveva, quindi, affermarsi che era mancata la collaborazione della Stazione appaltante affinché la ditta aggiudicataria dei lavori potesse dare inizio ai lavori, essendo documentate le plurime richieste presentate dall’appaltatore a far data del giugno 2008 e riportate nella cronologia degli eventi dal consulente d’ufficio, né potevano ricavarsi elementi contrari dal verbale di consegna definitiva, che riguardava l’area dove doveva essere eseguito l’intervento, che era libera e disponibile per l’avvio dei lavori.

4. I giudici di secondo grado hanno, dunque, ritenuta fondata la domanda di risarcimento dei danni formulata dal Consorzio appaltatore, in ragione della riserva iscritta nel verbale di consegna del 2 ottobre 2007, nei limiti di quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio, la cui stima non era stata oggetto di censura.

5. La Corte, infine, non ha accolto la domanda di pagamento dell’indennizzo previsto dall’art. 134 Codice degli appalti, per il caso di recesso dell’appaltante, a titolo di ristoro forfetario del danno, la cui esistenza doveva essere comunque provata, perché la Stazione appaltante si era avvalsa della facoltà riconosciutale dal successivo art. 136 sul diverso presupposto del grave inadempimento dell’appaltatore.

6. Il Consorzio di Bonifica della Gallura, avverso la sentenza impugnata, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

7. Il Consorzio Nazionale Cooperative di produzione e lavoro “Ciro Menotti” ha depositato controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

8. La società Atradius Credit Insurance N. V. ha depositato controricorso e memoria.

9. Il Consorzio Nazionale Cooperative di produzione e lavoro “Ciro Menotti” ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione del principio di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e l’omesso esame del comportamento assunto dall’impresa appaltatrice nei sei mesi intercorsi dalla consegna dei lavori alla risoluzione del contratto, in relazione ai molteplici addebiti su cui la stazione appaltante aveva basato la risoluzione consensuale, quali la mancata individuazione del tracciato e delle strade di servizio e la mancata presentazione della documentazione amministrativa più volte richiesta dalla Direzione Lavori, da ultimo con l’ordine di servizio n. 1 del 17 ottobre 2008; lo stesso consulente tecnico di ufficio aveva affermato, a pag. 25 della relazione, che non risultava che l’Impresa avesse sollevato la questione dell’indisponibilità dell’area di cantiere, avendolo documentato soltanto con nota prot. 5212/08 del 27 ottobre 2008, a seguito della proposta di rescissione.

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione del principio di correttezza e buona fede e del dovere di diligenza dell’appaltatore di opera pubblica e la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 544, art. 131 non avendo la Corte d’appello ritenuto che, a fronte della inequivoca e perentoria asserzione del rappresentante dell’impresa in sede di consegna dei lavori, non poteva essere considerata in buona fede la tardiva contestazione sulla mancanza di idonea area di cantiere, la cui pretestuosità era stata riconosciuta dal consulente tecnico d’ufficio, che aveva affermato che non risultava in atti che l’impresa avesse sollevato la questione di indisponibilità dell’area di cantiere, avendolo documentato soltanto con nota prot. 5212/08 del 27 ottobre 2008, a seguito della proposta di rescissione; la Corte, quindi, aveva fatto una falsa applicazione del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto ed erronea era tale affermazione in relazione al dovere di particolare diligenza dell’appaltatore pubblico; la Corte d’appello, inoltre, non aveva tenuto conto che la mancata iscrizione di riserva in relazione alla consegna dei lavori determinava l’accettazione incondizionata degli stessi ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 131.

3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 129, comma 8, artt. 130 e 131 non avendo la Corte d’appello dichiarato inammissibile e/o improcedibile la domanda risarcitoria proposta dall’impresa appaltatrice e avendo, piuttosto, riconosciuto, in accoglimento della domanda risarcitoria contenuta nella riserva formulata nel verbale di consegna del 2 ottobre 2008, esplicitata il 14 ottobre 2008, nei limiti di quanto accertato e quantificato dal consulente tecnico d’ufficio, l’importo di Euro 64.244,41 per spese generali collegate alla prolungata attività, conteggiate dal consulente con riferimento a 139 giorni di ritardo.

3.1 I motivi, che vanno trattati unitariamente perché connessi, sono inammissibili, in quanto le censure formulate, sebbene denuncino, formalmente, una violazione di legge e l’omesso esame di fatti decisivi, involgano esclusivamente questioni di merito.

In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., 4 aprile 2017, n. 8758; Cass., 2 agosto 2016, n. 16056; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987).

3.2 I giudici di secondo grado hanno evidenziato, peraltro con una duplice ragione del decidere che non è stata minimamente censurata, che non rilevava la circostanza rimarcata dal primo giudice che nel progetto non fosse prevista alcuna area, quanto piuttosto il fatto che la contestazione dell’impresa appaltatrice circa i presupposti della risoluzione verteva sulla totale indisponibilità di un qualunque spazio ove allestire il cantiere, presupposto indefettibile per l’inizio dei lavori e che la Stazione appaltante, pur avendo dedotto l’attivazione della procedura di occupazione d’urgenza dell’area sita in località (OMISSIS) da parte della Stazione appaltante, non aveva dimostrato la positiva e tempestiva conclusione della procedura, né l’immissione in possesso del Consorzio appaltatore.

I giudici di secondo grado, inoltre, contrariamente a quanto affermato dal Consorzio ricorrente, hanno affermato la mancata collaborazione della Stazione appaltante affinché la ditta aggiudicataria dei lavori potesse dare inizio ai lavori e ciò tenuto conto della documentate e plurime richieste presentate dall’appaltatore a far data del giugno 2008 e riportate nella cronologia degli eventi dal consulente d’ufficio, né potevano ricavarsi elementi contrari dal verbale di consegna definitiva, che riguardava l’area dove doveva essere eseguito l’intervento, che era libera e disponibile per l’avvio dei lavori; in particolare, la Corte territoriale ha messo in evidenza che, a fronte della consegna dei lavori avvenuta nel maggio 2008 e in via definitiva il 2 ottobre 2008, l’appaltatore aveva già evidenziato con nota del 6 luglio 2008 la necessità di ottenere la disponibilità di un’area da destinare a cantiere, necessità che era stata poi ribadita nella comunicazione del 7 ottobre 2008 e nella riserva apposta nell’ordine di servizio n. 1 del 17 ottobre 2008.

I giudici di secondo grado, dunque, correttamente hanno affermato che in assenza di un danno ingiustificato nell’avvio di lavori, come, invece, assunto dalla Stazione appaltante nella Delib. n. 121 del 2008, non sussistevano i presupposti per la risoluzione del contratto in danno del Consorzio appaltatore ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 136 e hanno ritenuto fondata la domanda di risarcimento dei danni contenuta nella riserva formulata nel verbale di consegna del 2 ottobre 2008, esplicitata il successivo 14 ottobre e ribadita in calce all’ordine di servizio n. 1/2008, nei limiti di quanto accertato e quantificato dal consulente tecnico di ufficio, la cui stima, peraltro, non era stata oggetto di specifica censura (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata).

3.3 E’ pure inammissibile il profilo di censura relativo all’omesso esame del comportamento dell’impresa appaltatrice tenuto nei sei mesi intercorsi dalla consegna dei lavori alla risoluzione del contratto, in relazione ai molteplici addebiti su cui la stazione appaltante aveva basato la risoluzione consensuale, ovvero l’individuazione del tracciato e delle strade di servizio e la mancata presentazione della documentazione amministrativa più volte richiesta dalla Direzione Lavori, da ultimo con l’ordine di servizio n. 1 del 17 ottobre 2008, atteso che il denunciato vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 concerne esclusivamente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo per il giudizio (Cass., Sez. U., sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).

In particolare, questa Corte ha chiarito che il fatto storico prospettato, inteso come un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, deve essere decisivo, ovvero per potersi configurare il vizio è necessario che la sua assenza conduca, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, ad una diversa decisione, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data, vale a dire un fatto che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 14 novembre 2013, n. 25608).

3.4 Nel caso in esame, il Consorzio ricorrente richiama il “comportamento” tenuto dal Consorzio appaltatore, consistito nel mancato avvio di alcune attività preliminari, quali l’individuazione del tracciato e delle strade di servizio e la mancata presentazione della documentazione amministrativa, non specificando quale sarebbe il “fatto”, come in precedenza definito e delimitato, il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte distrettuale, né, soprattutto, argomenta in ordine alla sua necessaria decisività, ovvero all’essere stato esso oggetto di discussione tra le parti, né indica puntualmente quando esso sia stato dedotto dinanzi al giudice di secondo grado e discusso tra le parti, risolvendosi la doglianza, nella sostanza, in una mera contrapposizione, come tale inammissibile, alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto, tenendo conto degli esiti della consulenza tecnica d’ufficio (nemmeno questi adeguatamente censurati) e dandone adeguata motivazione.

4. Il Consorzio Nazionale Cooperative di produzione e lavoro “Ciro Menotti” ha proposto ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, con il quale ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206,1207,1218,1453 c.c. e del D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 134 e 136 perché l’arbitraria iniziativa del Consorzio di Bonifica della Gallura, sia essa qualificata come responsabilità contrattuale, sia come mora credendi o come era più corretto recesso, impegnava il Consorzio di Bonifica della Gallura a tenere indenne il Consorzio Nazionale di Cooperativa di produzione e lavoro “Ciro Menotti” del mancato guadagno, corrispondente ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 134 al decimo dell’importo delle opere non eseguite (quantificato dal CTU in Euro 226.534,76).

4.1 Il ricorso è inammissibile per difetto di specialità della procura.

4.2 Secondo principio più che consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di cassazione, la procura speciale espressamente prevista dall’art. 365 c.p.c. (a mente del quale “il ricorso è diretto alla corte e sottoscritto, a pena di inammissibilità da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale”) non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, stante il tassativo disposto dell’art. 83 c.p.c., comma 3, che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati. Pertanto, se la procura non è rilasciata contestualmente a tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal comma 2 cit. articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (cfr. Cass. Sez. U., 12 giugno 2006, n. 13537; Cass., 26 giugno 2007, n. 14749; Cass., 11 settembre 2014, n. 19226; Cass., 7 gennaio 2016, n. 58; Cass., 28 maggio 2019, n. 14474).

4.3 Questa Corte ha, altresì, affermato che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, è essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione (Cass., 28 luglio 2020, n. 16040; Cass., 26 febbraio 2019, n. 5577) e che non è possibile una sanatoria dell’atto mediante rinnovazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., poiché l’art. 365 c.p.c. prescrive l’esistenza di una valida procura speciale come requisito di ammissibilità del ricorso (Cass., 19 gennaio 2018, n. 1255).

4.4 Ciò posto, nel caso di specie, il mandato defensionale, che non risulta apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, non contiene alcun riferimento al ricorso introduttivo del presente giudizio e al provvedimento impugnato (“…delego a rappresentare e difendere, in ogni fase, stato e grado del presente processo avanti la Suprema Corte di Cassazione, nonché in sede di eventuale esecuzione od opposizione, con ogni facoltà di legge, ivi comprese quelle di transigere e conciliare, di rinunciare, ed accettare rinunce, di chiamare in causa terzi, nonché quella di farsi sostituire, i signori avvocati….”).

5. Per quanto esposto, il ricorso principale e il ricorso incidentale vanno dichiarati inammissibili.

Le spese del giudizio di legittimità, in ragione della reciproca soccombenza, vanno interamente compensate tra tutte le parti del giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Compensa interamente fra tutte le parti del giudizio le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del Consorzio ricorrente principale e del Consorzio ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, principale ed incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2021

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