Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4159 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 19/02/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 19/02/2020), n.4159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 552/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

IME di U.F. & C. s.n.c., in persona del legale

rappresentante pro tempore, U.F., rappresentata e difesa,

per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Giuseppe

Fausto DI PEDE, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Guido

D’Arezzo, n. 28, presso lo studio legale dell’avv. Maria Bruno

CHITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 390/01/2017 della Commissione tributaria

regionale della BASILICATA, depositata il 19/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

FATTO e DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

In controversia relativa ad impugnazione di una cartella di pagamento emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, per l’anno d’imposta 2009, la CTR con la sentenza in epigrafe indicata accoglieva l’appello proposto dalla società contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate e dell’agente della riscossione Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. e riformava la sentenza di primo grado “dichiarando non dovute le somme di cui all’accertamento impugnato” alla stregua del principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 17757 del 2016.

Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrato con memoria, notificato soltanto alla società contribuente che ha replicato con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi hj.

Non ha invece notificato il ricorso all’agente della riscossione, pure parte nei precedenti gradi di merito.

Con provvedimento presidenziale del 17/04/2019 è stato ordinato alla ricorrente l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Riscossione nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione del predetto provvedimento.

A tanto la ricorrente non ha provveduto, come risultante dall’attestazione della Cancelleria di questa Corte del 18/09/2019.

Ciò posto, diversamente dalla proposta del relatore, il ricorso deve ritenersi ammissibile in quanto all’Agenzia delle entrate Riscossione risulta essere stato notificato il controricorso proposto dalla società contribuente, regolarmente costituita nel presente giudizio (Cass., Sez. U., n. 7179 del 2014), che è sufficiente a garantire l’intervento della stessa parte nel giudizio e, quindi, la presenza di tutte le parti necessarie.

Passando, quindi, al merito, con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, sostenendo l’inammissibilità dell’originario ricorso proposto dalla società contribuente avverso la cartella di pagamento notificata in data 21/05/2013, in quanto notificato tardivamente, ovvero il 22/05/2013.

Il motivo è infondato in quanto il termine di sessanta giorni, decorrente dal 21/05/2013, andava a scadere il 22/07/2013, a tale data prorogato, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., commi 4 e 5, il termine scadente nel giorno di sabato 20/07/2013.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, e art. 2697 c.c., sostenendo che aveva errato la CTR a riconoscere alla società contribuente il diritto alla detrazione del credito IVA pur non risultando provata “la presenza dei requisiti sostanziali per la detrazione”.

Il motivo è infondato.

Incontestata l’entità del credito disconosciuto, nella specie risulta (senza che sul punto la ricorrente abbia contestato alcunchè) che la società contribuente aveva depositato in giudizio tutta una serie di documenti, tra cui i registri IVA delle vendite e degli acquisti, il registro di liquidazione IVA periodica, nonchè le fatture di vendita e di acquisto, idonei a dimostrare la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto al credito IVA, alla stregua del principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 17757 del 2016.

Anche il terzo motivo, con cui la ricorrente deduce la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, sulla questione della sussistenza sub specie dei requisiti sostanziali per il riconoscimento alla società contribuente del credito IVA, è infondato. Invero, dalla sentenza impugnata risulta che la CTR abbia esternato sul punto una chiara ratio decidendi là dove, esaminando la vicenda processuale “da una prospettiva sostanziale” (sentenza, pag. 4), abbia ritenuto che nel caso di specie sussistessero i requisiti indicati dalla Suprema Corte nel citato arresto (acquisti effettuati da un soggetto passivo di imposta assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili) tanto da farci discendere, nonostante la rilevata correttezza dell’accertamento dell’amministrazione “da un punto di vista meramente formale” (sentenza, pag. 4), l’accoglimento dell’appello della società contribuente.

Conclusivamente, quindi, il ricorso principale va rigettato con assorbimento del ricorso incidentale condizionato e le spese processuali interamente compensate tra le parti in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale, e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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