Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4158 del 16/02/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 16/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.16/02/2017),  n. 4158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20259/2015 proposto da:

D.L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso

l’avvocato GIANCARLO DI GENIO IN VIA DELLE ACACIE 13 C/0 CENTRO CAF,

rappresentata e difesa dall’avvocato FELICE AMATO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI,

CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 828/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

01/07/2015, depositata il 28/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MATANO, difensore del controricorrente, che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 15 dicembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 28 luglio 2015, la Corte di Appello di Salerno, in parziale riforma della decisione del Tribunale in sede (confermata nel resto), rideterminava le spese del giudizio di primo grado in complessivi Euro 2.250,00 condannando l’INPS al pagamento, in favore di D.L.A., della differenza tra l’importo spettante e quello liquidato dal primo giudice, oltre spese generali, IVA e CPA; condannava l’INPS al pagamento delle spese del grado liquidate in complessivi Euro 234,00 oltre rimborso spese per Euro 55,00 nonchè maggiorazione per spese generali del 15%, IVA e CPA.

Per la cassazione di tale decisione nella parte relativa alla statuizione sulle spese la D.L. propone ricorso affidato ad un unico motivo. L’INPS resiste con controricorso.

Con l’unico articolato motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., del D.M. n. 55 del 2014 e dei parametri di cui alle tabelle allegate al detto decreto per avere l’impugnata sentenza, senza il minimo supporto argomentativo e senza alcuna specificazione della normativa di riferimento, determinato in Euro 234,00 l’importo per compensi professionali. Si evidenzia che, essendo il valore della controversia era di Euro 1.331,25, lo scaglione di riferimento era quello da Euro 1.100,00 a Euro 5.200,00, in base alla tabella allegata al D.M. n. 55 del 2014 (ratione temporis applicabile), e la determinazione dei compensi nella misura stabilita dalla Corte di appello era stata effettuata in violazione tanto del parametro medio che di quello minimo.

Il motivo è manifestamente fondato.

Va premesso che il valore della controversia in appello era di Euro 1.331,25 (dato dalla differenza il liquidato in primo grado – Euro 1.200,00 – e in appello – Euro 2.250,00, quindi Euro 1.050,00 cui va aggiunta la maggiorazione del 12,50% – Euro 231,25) e, dunque, lo scaglione applicabile è quello correttamente indicato dalla ricorrente.

Ne consegue che – alla luce dei dati indicati in ricorso in ordine all’attività svolta in appello in ossequio al principio di autosufficienza la liquidazione operata dalla Corte di appello effettivamente è inferiore ai parametri applicabili, pur espungendo, non risultando essere stata espletata in grado di appello attività istruttoria, la voce corrispondente erroneamente computata dalla ricorrente. I infatti, deve ritenersi che per le voci residue (1. fase di studio della controversia; 2. fase introduttiva del giudizio; 4. fase decisionale) non siano stati rispettati i parametri (non solo il medio, ma anche quello minimo) di cui all’indicato D.M. n. 55 del 2014.

E’ pur vero che, a mente dell’art. 4 del medesimo D.M., “il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento”. Tuttavia non si evince dalla sentenza impugnata che sia stata fatta applicazione di una riduzione al di sotto dei suindicati minimi nè vi è motivazione alcuna a sostegno della stessa.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione, in parte qua, della sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame ad altro giudice; il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

La D.L. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., in cui si insiste perchè venga riconosciuta anche la fase istruttoria e/o di trattazione avendo posto in essere nel giudizio di appello attività di “trattazione” o di istruzione in senso lato.

Orbene, il Collegio condivide pienamente il contenuto della relazione e ritiene solo di precisare, riguardo alle argomentazioni di cui alla memoria, che l’attività istruttoria rilevante ai fini della liquidazione del compenso è solo quella di cui al D.M. n. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, lett. c), quando effettivamente svolta e quella espletata dalla difesa della D.L. non vi rientra.

Alla luce di quanto esposto accoglie il ricorso nei termini come precisati, cassa l’impugnata sentenza nella parte relativa alla liquidazione delle spese di lite e rinvia alla Corte di Appello di Napoli anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza limitatamente al capo relativo alle spese di lite e rinvia alla Corte di Appello di Napoli anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA