Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4156 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4156 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 10268-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
2814

contro

CENTRO INGROSSO PELLI SRL;
– intimato –

avverso la sentenza n. 35/2008 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 07/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 21/02/2014

udienza del 10/10/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato LA GRECA che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La CENTRO INGROSSI PELLI SRL, in persona del liquidatore Ricciardi Salvatore, proponeva ricorso dinanzi
alla CTP di Napoli avverso l’avviso di accertamento, notificato il 22-6-2005, con il quale l’Agenzia delle
Entrate di Napoli 3, sulla base di due pvc redatti dalla Guardia di Finanza (dai quali erano emersi acquisti di
merce da altra società (SIPA SpA) in evasione d’imposta, costi indeducibili e movimentazioni non giustificate
sui c/c della società, dei soci e di terze persone), aveva determinato a carico della detta società maggior

A sostegno del ricorso deduceva, in primo luogo, l’illegittimità della notifica dell’avviso, in quanto effettuata
non ai singoli soci bensì a persona -il liquidatore- che aveva cessato dalla carica sin da quattro anni (e
precisamente dal 3-6-2001, data di cancellazione della società dal registro delle imprese), e che quindi non
aveva più la rappresentanza della società; sosteneva, inoltre, nel merito l’insussistenza dei presunti acquisti
senza fattura nonchè l’illegittimità delle indagini bancarie sui c/c.
L’adita CTP accoglieva il ricorso, ritenendo l’avviso privo di motivazione in quanto l’Ufficio si era limitato a
trascrivere il pvc senza svolgere alcuna operazione di indagine.
Con sentenza 35/41/08, depositata il 7-3-08, la CTR Campania rigettava l’appello proposto dall’Agenzia; in
particolare la CTR, nell’esaminare la questione (non presa in considerazione dalla CTP) dell’illegittimità della
notifica, rilevava che quest’ultima era stata effettuata a persona inidonea a riceverla; in particolare,
secondo la CTR, detta notifica doveva essere effettuata, ai sensi dell’art. 2495 cc, nei confronti dei soci sino
alla concorrenza delle somme dagli stessi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti
del liquidatore solo nel caso di mancato pagamento dipendente da sua colpa; la CTR, inoltre, sosteneva che
gli elementi sui quali si basava l’accertamento, e cioè l’omessa fatturazione e la ricostruzione del fatturato
in base all’esame dei c/c dei soci, non erano attendibili.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi;
la società non svolgeva attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia, denunziando -ex art. 360, comma 1, n. 4 cpc e 62, comma 1, d. Igs 546/92violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc, deduceva che la CTR aveva “erroneamente rilevato la
nullità dell’accertamento perché effettuata nei confronti della società cancellata, anziché dei soci e
dell’ultimo liquidatore”; in tal modo, infatti, la CTR era incorso nel vizio di extrapetizione sia perché nel
ricorso introduttivo la ricorrente aveva dedotto la nullità della sola notifica e non pure dell’accertamento,
sia perché tale eccezione non era stata riprodotta in appello.

reddito di impresa per l’anno 1998, con conseguente maggiore imposta IRPEG ed IRAP.

Il motivo è infondato.
Lo stesso, invero, non coglie le due autonome rationes decidendi dell’impugnata sentenza che,
contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia, non ha rilevato d’ufficio la nullità dell’accertamento
perché eseguito nei confronti di una società cancellata, ma, nel rigettare l’appello dell’Agenzia (e, per
l’effetto, confermare la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento), ha
affermato sia l’illegittimità della notifica dell’accertamento (in quanto effettuata a persona inidonea a

Con il secondo motivo l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc e 62 d.lgs 546/92- violazione dell’art.
2495 cc, deduceva che la cancellazione della società dal registro delle imprese non ne determina
l’estinzione se e fino a quando permangono debiti sociali, e che l’art. 2495 cc, ad ulteriore garanzia dei
creditori insoddisfatti, consente a quest’ultimi di scegliere se agire verso la società (non ancora estinta) in
persona del liquidatore, o verso i soci.
Anche detto motivo è infondato.
Come già affermato da questa Corte, con principio dal quale non v’è ragione di discostarsi, “in tema di
società di capitali, la cancellazione dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della
società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, soltanto nel caso in
cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. 17
gennaio 2003, n. 6, che, modificando l’art. 2495, secondo comma, cod. civ., ha attribuito efficacia
costitutiva alla cancellazione: a tale disposizione, infatti, non può attribuirsi natura interpretativa della
disciplina previgente, in mancanza di un’espressa previsione di legge, con la conseguenza che, non avendo
essa efficacia retroattiva e dovendo tutelarsi l’affidamento dei cittadini in ordine agli effetti della
cancellazione in rapporto all’epoca in cui essa ha avuto luogo, per le società cancellate in epoca anteriore al
1° gennaio 2004 l’estinzione opera solo a partire dalla predetta data” (Cass. 4060/2010); siffatto effetto
estintivo “si produce, ai sensi dell’art. 2495, comma secondo, cod. civ., anche in presenza di debiti
insoddisfatti o di rapporti non definiti, istituendosi una comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla
liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione” e “determina il venir meno del potere di rappresentanza
dell’ente estinto in capo al liquidatore, come pure la successione dei soci alla società ai fini dell’esercizio,
nei limiti e alle condizioni stabilite, delle azioni dei creditori insoddisfatti” (Cass. 22863/2011; in senso
conforme anche Cass. 6070/2013).
Alla stregua del detto principio, quindi, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese avvenuto il
3-6-2001, la società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, è da
ritenersi estinta dal 1-1-2004; di conseguenza, per quanto sopra esposto, a partire da detta data,
l’obbligazione della società si è trasferita ai soci, e il liquidatore, che non ha il potere di rappr nza

riceverla) sia l’inattendibilità degli elementi posti dall’Agenzia a fondamento dell’accertamento medesimo.

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della società estinta, ne risponde solo se il mancato pagamento è dipeso da sua colpa (circostanza
quest’ultima neanche dedotta nella fattispecie); erroneamente, pertanto, l’accertamento in questione è
stato indirizzato a società già cancellata e notificato al liquidatore, persona non idonea a riceverla.
Con il terzo motivo l’Agenzia, denunziando-ex art. 360 n. 3 cpc e 62 d.lgs 546/92- violazione dell’art. 39,
comma 1, lett. d) e 42 d.lgs 600/1973, deduceva che la CTR aveva erroneamente affermato che i maggiori
ricavi contestati, derivanti dalla vendita di merce acquistata in evasione di imposta dalla SIPA SpA, non

accertamento, emesso nei confronti della SIPA (effettivamente annullato dalla CTP territorialmente
competente) era, invero, da ritenersi del tutto autonomo ed indipendente da quello emesso nei confronti
della CENTRO INGROSSI PELLI SRL, per cui era causa.
Detto motivo è inammissibile in quanto con lo stesso, sotto specie di violazione di legge, si contesta, nel
merito, la valutazione (come tale sottratta al sindacato di legittimità, se non per vizio di motivazione)
sull’attendibilità dei presupposti per potere procedere all’accertamento
Inammissibile è, infine, ai sensi dell’art. 366 bis cpc, anche il quarto motivo, con il quale l’Agenzia
denunziava -ex art. 360, comma 1 n. 5 cpc- insufficiente motivazione su fatti decisivi e controversi, atteso
che lo stesso è assolutamente privo del c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito
momento di sintesi, necessario anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal
complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la disposizione indicata, associata alle
esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere,
dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (conf. Cass. 2425572011).
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
In considerazione della peculiarità delle questioni trattate, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare
compensate tra le parti le spese di lite dei presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate tra le parti le spese di lite del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in data 10-10-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

erano attendibili in quanto era stato annullato il relativo accertamento emesso dall’Ufficio di Pisa; siffatto

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