Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4156 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2020, (ud. 06/03/2019, dep. 18/02/2020), n.4156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21583-2017 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ENRICO

GIOVINE, MICHELE MANFREDONIA;

– ricorrente –

contro

L’ELEGANTE DI P.G. & C. SAS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZALE JONIO 54, presso lo studio dell’avvocato CORRADO RIGGIO,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 132/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SPENA

FRANCESCA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 18- 28 febbraio 2017 numero 132 la Corte d’Appello di Salerno riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da P.E. nei confronti del datore di lavoro, società L’ELEGANTE DI P.G.A & C S.a.S., per il pagamento di differenze di retribuzione;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale evidenziava che non era stata contestata la durata dei tre distinti rapporti di lavoro intercorsi tra le parti; erano invece oggetto di contestazione le modalità di svolgimento della prestazione (giornate lavorative, orari, fruizione delle ferie, lavoro straordinario).

Le prove orali non riscontravano la domanda.

La lavoratrice non lamentava nel ricorso introduttivo di aver ricevuto una paga inferiore a quella indicata in busta paga nè rivendicava un livello di inquadramento superiore; quanto al lavoro straordinario, nessun teste riferiva di un lavoro svolto il sabato o la domenica così come mancava la prova del lavoro straordinario nei cinque giorni della settimana lavorativa. I testi avevano reso dichiarazioni contrastanti sull’orario di fine lavoro, propendendo i più per le ore 18 piuttosto che per le ore 19-20.

Era carente la prova anche della mancata fruizione delle ferie, che era stata smentita, perchè la P. godeva di 15 giorni di ferie ed aveva retribuite quelle godute e quelle non godute, come da busta paga sottoscritta;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso P.E., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese la società L’ELEGANTE S.a.S. DI P.G. & C. con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

che la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo la parte ricorrente ha dedotto omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Ha esposto che al punto 6 del ricorso introduttivo ella aveva allegato di non essere stata retribuita proporzionalmente alla quantità e qualità del lavoro svolto, così contraddicendo la statuizione della sentenza secondo cui ella non lamentava di aver ricevuto una retribuzione inferiore a quella indicata nei fogli di paga e non aveva rivendicato un inquadramento superiore.

Un attento esame delle prove orali avrebbe evidenziato che i propri testi (signori T., D.R., M., C.) avevano confermato le circostanze dedotte in ricorso mentre i testi introdotti da controparte avevano interesse al giudizio, o come dipendenti della società (testi CE. e MA.) o per motivi familiari (testi D.L.G. e D.L.A., parenti della titolare della società resistente).

Era inesatta anche la affermazione che la maggioranza dei testi aveva dichiarato un orario giornaliero fino alle ore 18: volendo fare una valutazione quantitativa, quattro degli otto testi escussi avevano confermato l’orario di lavoro fino alle 20, come dedotto in ricorso (uno dei testi della resistente, la signora MA., era stata inoltre assunta nell’anno 2002).

Era incongrua la considerazione che sottoscrivendo le buste paga ella non ne aveva contestato il contenuto; con la domanda si era esposto che quanto liquidato non corrispondeva al lavoro svolto; la firma della busta paga non conteneva alcuna rinuncia ai diritti retributivi.

che ritiene il Collegio si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso;

che invero esso in parte non è pertinente alle valutazioni della sentenza e per il resto sollecita questa Corte ad una inammissibile rivalutazione del merito.

In particolare, va rilevato che la sentenza impugnata nel definire il thema decidendum ha affermato non esservi contestazione circa il pagamento delle retribuzioni nella misura esposta in busta paga. Tale affermazione non è contraddetta dal fatto, dedotto in questa sede, che in ricorso si lamentasse la inadeguatezza delle retribuzioni rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto; piuttosto sarebbe stata impugnabile allegando – con la necessaria specificità – che nel ricorso introduttivo si era esposto che le retribuzioni effettive erano inferiori a quanto formalmente indicato nei documenti di paga.

La censura nei restanti contenuti si limita a contestare la valutazione delle prove orali operata dal giudice del merito in ordine all’orario di lavoro svolto, alle giornate lavorative, alla mancata fruizione delle ferie.

L’accertamento del fatto storico è impugnabile in questa sede-secondo la formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, attualmente vigente ed applicabile ratione temporis – non già con la deduzione del vizio di omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, come prospettato nella rubrica del motivo, ma con la allegazione specifica di un fatto storico, già oggetto di discussione tra le parti ed avente rilievo decisivo, non esaminato nella sentenza impugnata.

Il ricorso non individua alcun fatto storico, dotato della suddetta rilevanza, che la sentenza non abbia preso in considerazione; pur correggendo in memoria la qualificazione del motivo, il ricorrente nella sostanza si duole degli esiti cui il giudice del merito è pervenuto nella valutazione della prove, non sindacabili da questo giudice di legittimità;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con ordinanza in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c.;

che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, con attribuzione al difensore anticipatario;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. l, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eztrzsmit3 per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020

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