Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4154 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 09/02/2022, (ud. 11/11/2021, dep. 09/02/2022), n.4154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

i sul ricorso 12227-2016 proposto da:

P.D., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati CLAUDIA IACCARINO, AMEDEO PASSARO;

– ricorrente –

contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SICILIA n. 50, presso lo studio dell’avvocato LUIGI NAPOLITANO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4530/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/11/2015 R.G.N. 1257/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 23 novembre 2015 la Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da P.D. – già direttore generale della AZIENDA UNIVERSITARIA POLICLINICO DI NAPOLI – nei confronti della UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II (in prosieguo: l’UNIVERSITA’), per il risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, derivatogli dall’illecita condotta dell’Università, a far tempo dal provvedimento rettorale del 16 ottobre 2000 con cui veniva sospeso dalle funzioni, a seguito della misura cautelare interdittiva disposta nei suoi confronti in sede penale.

2. La Corte territoriale condivideva la statuizione del Tribunale, che aveva ritenuto maturata la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno, individuando il dies a quo della prescrizione nella data di adozione del provvedimento rettorale di sospensione (16 ottobre 2000), trattandosi di illecito istantaneo.

3. Per completezza aggiungeva che il provvedimento rettorale non era stato oggetto di cognizione né nel procedimento penale svoltosi nei confronti del P., per non avere dichiarato nella domanda per la nomina a direttore generale di avere riportato una condanna penale – (giudizio definito con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 24.4.2007, che aveva escluso il reato) – né nel procedimento civile promosso dall’Università per la dichiarazione di nullità e la risoluzione del contratto di lavoro – (definito con sentenza di rigetto della Corte di Appello di Napoli dell’8 giugno 2007) – pronunce dalle quali il P. assumeva decorrere la prescrizione.

4. Era utile evidenziare, ad escludere la ravvisabilità dell’illecito, che la legittimità del commissariamento disposto con provvedimento del 20 ottobre 2000, dal quale conseguiva l’allontanamento del P. dall’incarico di direttore generale, era stata riconosciuta dal TAR (sentenza n. 3607/2001) e dal Consiglio di Stato (sent. n. 1380/2008).

5. Era, dunque, corretta la valutazione del Tribunale dell’atto di sospensione come atto consequenziale e necessario per il corretto funzionamento della azienda fino al commissariamento, disposto dopo soli quattro giorni.

6. La stessa parte appellante, peraltro, riconosceva che il comportamento dell’Università poteva essere tollerato all’epoca in cui era stata mossa la contestazione al suo operato.

7. Mancava censura in ordine alla valutazione del Tribunale, comunque corretta, secondo cui non costituiva condotta illecita dell’Università, in ragione della complessità della vicenda, l’aver proposto appello avverso la sentenza civile di primo grado che aveva rigettato la domanda di accertamento della nullità del contratto di lavoro; in ogni caso, tale condotta avrebbe eventualmente integrato un’ ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., in relazione alla quale la decisione restava devoluta in via esclusiva al giudice di quella causa.

8. Gli ulteriori assunti dell’appellante erano estranei alla prospettazione originaria.

9. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza P.D., articolato in un unico motivo di censura, cui I’UNIVERSITA’ ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo il ricorrente impugna la decisione della Corte di merito in punto di individuazione del dies a quo del decorso della prescrizione, assumendo che la maturazione del suo diritto al risarcimento del danno, momento dal quale doveva decorrere il termine di prescrizione, si sarebbe verificata soltanto con il deposito della sentenza della Corte di Appello di Napoli in sede civile, in data 8 giugno 2007.

2. Nell’assunto del ricorrente, la richiamata sentenza, nel respingere la domanda proposta dall’Università per la dichiarazione di nullità del contratto di lavoro, avrebbe accertato le gravi responsabilità dell’Università.

3. Si invoca il principio enunciato da questa Corte nell’arresto del 14 luglio 2009 n. 16391.

4. Il ricorso è inammissibile per plurime ed autonome ragioni.

5. In primo luogo, manca la indicazione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza e delle norme di diritto su cui si fondano, come prescrive l’art. 366 c.p.c., n. 4; l’impugnazione è proposta in forma di critica libera alla sentenza d’appello invece che in relazione ai motivi di cui all’art. 360 c.p.c..

6. Difetta, altresì, la indicazione specifica dei documenti su cui il ricorso si fonda ed, in particolare, del contenuto della sentenza civile dalla quale si assume dover decorrere il termine di prescrizione, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

7. Va evidenziato, in ogni caso, che la sentenza della Corte territoriale è basata su una duplice ratio decidendi, essendo stata, nonostante il rilievo della prescrizione, comunque esclusa la illiceità della condotta della UNIVERSITA’, sia per la adozione del provvedimento di sospensione che per la proposizione dell’appello nel giudizio civile per la dichiarazione di nullità del contratto di lavoro (e dichiarata la novità di ogni altra allegazione del P.).

8. Rispetto a detta autonoma ratio, di per sé idonea a sorreggere la decisione, non è stata mossa alcuna censura.

9. Per ciascuna delle ragioni di cui ai punti che precedono, il ricorso è inammissibile.

10. Le spese del presente grado di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza

10. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. l, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

 

 

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