Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4154 del 02/03/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4154 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: MARULLI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 19343 – 2009 proposto da:
DI MAIO NICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA
PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE ROMANO,

che lo rappresenta e difende giusta

delega a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DELLE FINANZE;

intimati

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE

in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 02/03/2016

12, presso l’AVVOCATURA

PORTOGHESI

GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro
MINISTERO DELLE FINANZE, DI MAIO NICOLA;

avverso la sentenza n. 201/2008 della COMM.TRIB.REG.

AIWN ~ARIA
di—MftladOLI, depositata il 23/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/06/2015 dal Consigliere

Dott. MARCO

MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CIRIACO per delega
dell’Avvocato

ROMANO

che chiede il rinvio a nuovo

ruolo perchè il ricorrente è deceduto e vi è in atto
procedura prefallimentare a carico del predetto
ricorrente e nel merito chiede l’accoglimento;
udito per il controricorrente

l’Avvocato PALATIELLO

che non aderisce alla richiesta di rinvio, nel merito
chiede il rigetto;
udito il
Generale

P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Dott. IMMACOLATA ZENO

che ha concluso, in

merito alla richiesta di rinvio si oppone, nel merito
rigetto del ricorso principale, inammissibile in
subordine rigetto del ricorso incidentale.

– intimati –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A seguito di una verifica fiscale a carattere generale — dalla quale erano
emerse irregolarità di varia natura costituite, tra l’altro, dall’indebita
contabilizzazione di sopravvenienze passive, dalla deduzione di costi non di
dall’ingiustificata rettifica di ricavi — l’ufficio di Noia dell’Agenzia delle
Entrate notificava a Di Maio Nicola, commerciante di autoveicoli, un avviso
di accertamento con cui recependo le trascritte risultanze di verifica,
procedeva a rettificare gli imponibili IVA, IRPEF ed IRAP della parte per
l’anno 1999, determinando perciò un maggior debito fiscale per imposte
interessi e sanzioni.
La sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso di parte in relazione a
tutti i rilievi sopra specificati, era gravata d’appello dall’ufficio avanti alla
CTR Campania, che accoglieva il mezzo proposto limitatamente al capo della
decisione impugnata afferente alle sopravvenienze, respingendolo viceversa
quanto alle altre riprese e agli altri motivi di impugnazione.
La CTR motivava il proprio deliberato prendendo atto, quanto
all’accoglimento del gravame in punto di sopravvenienze, che il contribuente,
pur avendo eccepito che trattavasi di perdita su credito cedutogli da un proprio
debitore verso un terzo andato poi fallito, non aveva tuttavia “dimostrato tale
costituito nuovo rapporto di debenza con elementi certi quali l’esibizione di
rituali scritture contabili e, soprattutto, di certificazione di insinuazione ed
ammissione al passivo fallimentare”, e ciò a prescindere dal “periodo
amministrativo di competenza della perdita” e dalla circostanza
documentalmente provata che al passivo si era insinuato “il nominativo che
aveva ceduto il credito”, ritraendone un parziale recupero nella misura del
25%. Quanto alle doglianze rigettate, il giudice territoriale affermava in punto
di costi non di competenza recuperati dall’ufficio in relazione all’acqui to di
un autoveicolo come nuovo, malgrado esso fosse stato in prec ceduto

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I

competenza e di ammortamenti non deducibili, dall’omessa registrazione e

dallo stesso contribuente, che “in assenza di prove di manifesta duplicazione
della fattura di acquisto ovvero della sua tardività, deve presumersi che tale
operazione sia legittimamente avvenuta nell’ambito dell’ordinaria attività
commerciale svolta dalla parte”; in punto di ammortamenti indeducibili
documentati i rilievi di merito tendenti a dimostrare che le opere di riferimento
non erano terminate ed entrate in funzione alla data del 31.12.1999″; in punto
di ricavi non dichiarati, consistenti nella percezione di fitti da locazione, che
“si era formato il giudicato” poiché il rigetto dell’impugnativa da parte dei
primi giudici non risultava ritualmente opposto; ed in punto di rettifica dei
ricavi, che non essendo stato consegnato il relativo bene “l’importo fatturato,
non rivestendo la qualità di ricavo di competenza, andava opportunamente
sospeso quale sola movimentazione finanziaria, ininfluente ai fini del reddito”
Per la cassazione di detta sentenza instano la parte con un ricorso affidato a
due motivi e l’ufficio con ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
Nel corso dell’odierna discussione il rappresentante della parte ha reso noto
che il proprio assistito era deceduto ed ha comunicato che gli eredi avevano
provveduto a revocare il mandato difensivo conferito dal de cuius, chiedendo,
anche in considerazione del sequestro cui era stata sottoposta l’azienda del
medesimo, affidata temporaneamente alla gestione di un amministratore
giudiziario, che la Corte, tutto ciò valutato, voglia disporre un differimento
nella trattazione della causa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Fermo che la morte della parte non esplica alcuna rilevanza processuale nel
giudizio di cassazione (SS.UU. 14835/07) e che il principio della
perpetuazione dello ius postulandi non priva il difensore revocato della
rappresentanza processuale del proprio patrocinato sino a che non intervenga
la nomina di un nuovo difensore (17649/10), non reputa il collegio, quanto
all’istanza di differimento, che essa sia accompagnata da motiv ion che ne

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relativi alla realizzazione di opere edilizie, che “non risultano opportunamente

consentano il positivo apprezzamento.
3. Venendo perciò al ricorso, ne va previamente dichiarata “ex officio”
l’inammissibilità nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze,
per difetto di legittimazione passiva della parte resistente, non avendo assunto
secondo grado svoltosi avanti al giudice di appello. Invero in tutti i casi in cui
l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale sia
stato proposto soltanto da o – come nel caso di specie — contro l’ufficio
periferico dell’Agenzia delle Entrate (succeduta a titolo particolare nel diritto
controverso al Ministero delle Finanze, nel corso del giudizio di secondo
grado ai sensi dell’art. 57 D.Igs. 30 luglio 1999, n. 300 con effetto dal 1
gennaio 2001 ai sensi dell’art. 1 del d.m. 28 dicembre 2000), deve ritenersi
verificata, sia pure per implicito, l’estromissione del dante causa Ministero
dell’Economia e delle Finanze con la conseguenza che l’unico soggetto
legittimato a resistere al ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso
proposto nei confronti del Ministero deve essere dichiarato inammissibile per
carenza di legittimazione passiva (S.U. 3116/06)
4.1 Nel merito con il primo motivo del ricorso principale il Di Maio fa valere
a mente dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., vizio di motivazione sotto il
profilo nella specie dell’omissione, della contraddittorietà e della carenza di
quella adottata dall’impugnato pronunciamento per addivenire alla riforma
della decisione di primo grado in punto di sopravvenienze passive, non avendo
invero la CTR spiegato “perché ci fosse necessità del suddetto onere della
prova da parte del ricorrente, atteso che le condizioni di deducibilità devono
intendersi automaticamente riconosciute in caso di procedura concorsuale” e
perché, malgrado la documentazione prodotta da esso ricorrente in ordine ai
rapporti con il cedente ed il ceduto, “alcun rilievo dovesse essere conferito alla
suddetta documentazione attestante la richiesta di spettanza tra le parti”.
4.2. Il motivo è inammissibile per inidoneità del momento di sintesi.
Invero, ricordato che la specie soggiace ratione temporis al
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l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di

360-bis c.p.c., è stabile insegnamento della Corte che “anche nel caso previsto
dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve
contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed
autonoma, del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, e
la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito
di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della
sua ammissibilità” (SS.UU. 20603/07) e che consenta l’immediata “rilevabilità
del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto
ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione
favorevole al ricorrente”. (12480/14; 28545/13; 5858/13).
Il momento di sintesi che qui accompagna l’esposizione del motivo è
totalmente inidoneo a soddisfare le sopra dette esigenze, poiché in luogo di
enunciare le ragioni dedotte a fondamento dell’eccepito vizio motivazionale
mediante l’esatta e precisa indicazione degli elementi fattuali che dovrebbero
confermarne la fondatezza, ha invece malamente evocato la categoria del fatto
controverso, e l’ha per di più identificata non già in un profilo estrapolato dalla
fattispecie concreta e oggetto di discussione tra le parti, ma, come si legge
nella sintesi che chiude l’esposizione del motivo, nella “mancata indicazione
dei riferimenti normativi, nonché dell’iter logico giuridico, che prevede in
capo al ricorrente-contribuente di provare in caso di procedura concorsuale il
rapporto creditizio sotteso tale da giustificare la indeducibilità delle perdite,
anche alla luce della provata e non contestata cessione del credito di cui alla
specie”, operando in tal modo un’impropria commistione tra elementi di fatto
ed elementi di diritto che precludono lo scrutino richiesto al collegio.
5.1. 11 secondo motivo del ricorso di parte denuncia ex art. 360, primo comma,
n. 3 c.p.c, violazione dell’art. 66 Tuir poiché, con riferimento a quanto
affermato dalla CTR in ordine al periodo amministrativo di com etenz in cui
è andava contabilizzata la perdita, la norma citata nell’i
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omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta

comunemente accolta, lasciava al contribuente “la facoltà di rilevare la perdita
totalmente o parzialmente nella misura in cui egli ritiene che il suo credito sia
divenuto irrealizzabile in uno qualsiasi degli esercizi a partire da quello in cui
viene emessa sentenza dichiarativa o provvedimento da parte degli organi
5.2. 11 motivo è inammissibile per difetto nella formulazione del quesito.
Come si è dianzi ricordato, posto che la specie soggiace per ragioni temporali
all’applicazione dell’art. 366-bis c.p.c., reputa la Corte, come ancora di recente
ribadito dalle SS.UU (9935/14), che “è inammissibile il quesito formulato in
termini tali da richiedere una previa attività interpretativa della Corte, come
accade nell’ipotesi in cui sia proposto un quesito multiplo, la cui formulazione
imponga alla Corte di sostituirsi al ricorrente mediante una preventiva opera di
semplificazione, per poi procedere alle singole risposte che potrebbero essere
tra loro diversificate” (23925/14; 28453/13; 1906/08).
Nella specie il motivo è accompagnato da un quesito plurimo, in guisa del che
non solo risulta violato il canone del “si” e del “no”, secondo cui, come
reiteratamente affermato, “il quesito di diritto che il ricorrente ha l’onere di
formulare ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. deve essere proposto in
modo tale che la Corte possa rispondervi semplicemente con un si o con un
no” (23472/14; 26797/13; 1906/08); ma risulta pure violato il precetto della
specificità che deve qualificare il motivo di ricorso in quanto la molteplicità
delle domande che investono la Corte, la obbligano previamente a sceverare,
attraverso un’inammissibile attività sostitutiva della parte, la congruenza del
quesito rispetto alla specifica doglianza fatta valere con il motivo.
6.1. Con i primi tre motivi di ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate
deduce a mente dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. vizio di insufficiente
motivazione dell’impugnata sentenza nella parte in cui essa ha ravvisato la
mancanza di prova in ordine al rilievo in punto di costi non di competenza,
non vedendosi “quale altro più convincente e determinante fatto condizione”

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preposti”.

si dovesse allegare a fondamento del rilievo, se non che non poteva ritenersi
nuovo un veicolo già oggetto di precedente vendita da parte del contribuente
(primo motivo); in ordine al rilievo in punto di ammortamenti indeducibili,
malgrado agli atti e, segnatamente, nel p.v.c. di verifica fosse stata riportata
completate al 31.12.1999″ (secondo motivo); ed, in ultimo,in ordine al rilievo
in punto di rettifica dei ricavi, avendo la CTR condiviso sul punto la tesi di
parte ricorrente, “senza tuttavia esplicare da quali elementi di fatto e di diritto
abbia potuto ritenere che non si trattasse di deposito cauzionale” — sebbene
questa fosse la causale risultante dalle scritture contabili — e “che non vi fu
consegna degli autocarri a chi versò il deposito cauzionale” (terzo motivo).
Il quarto motivo di ricorso incidentale svolto ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 4 c.p.c. fa valere un errore procedimentale, poiché la CTR avrebbe
ritenuto coperta da giudicato la statuizione dei primi giudici in punto di ricavi
non registrati in quanto non opposta, sebbene l’appellante “avesse proposto
appello dolendosi che la c.t.p. avesse escluso dalla tassazione la differenza del
canone di locazione di lire 9.988.000 rilevata tra il dichiarato annuo pari a lire
125.000.000 ed il riscosso pari a lire 134.988.000”.
6.2. 11 primo, il secondo ed il quarto motivo dell’incidentale sono affetti da
preventiva inammissibilità per difetto di autosufficienza.
E’ noto, infatti, come questa Corte ha precisato a più riprese e ribadito anche
recentemente (8425/15; 7984/15; 7869/15), che a seguito della novellazione
dell’art. 366 c.p.c. ad opera dell’art. 5 1. 40/06, che ha aggiunto ai precedenti il
numero 6, in forza del quale “il ricorso deve contenere a pena di
inammissibilità … la specifica indicazione degli atti processuali, dei
documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”,
codificando in tal modo il principio di autosufficienza, il ricorso deve
contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chi :e e la
cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la val tazio della

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“la dichiarazione confessoria del contribuente che le suddette opere non erano

fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti
esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso
giudizio di merito (15952/07).
Nella specie la prospettazione del primo motivo, in forza del quale si lamenta
rappresentato dall’acquisto di un autocarro, già oggetto di precedente cessione
da parte del contribuente, si mostra sotto il rilevato profilo del tutto lacunosa,
giacché l’Agenzia reputa che la denunciata circostanza, rappresentativa di un
difetto di competenza nella registrazione del costo, tragga conferma “dal
raffronto tra le due fatture” (quella di acquisto e di vendita), ma di detti
documenti non riproduce esattamente il contenuto o non li trascrive nella loro
integrità, limitandosi a sunteggiarne sommariamente il contenuto, peraltro non
sempre facente riferimento a dati uniformi (la fattura 133 imputata al Di Maio
viene datata prima al “16/6/2007” e successivamente al “16106/1997”), di
modo che alla Corte risulta preclusa la possibilità di soppesare ex actis la
pertinenza della censura.
Analogamente, quanto alla doglianza avente ad oggetto la riconosciuta
deducibilità degli ammortamenti, che l’Agenzia impugna con il secondo
motivo di ricorso, opponendo che essa troverebbe smentita nelle dichiarazioni
confessorie resa dalla parte, manca, sebbene in questo caso l’allegazione sia
accompagnata dalla riproduzione della dichiarazione, ogni indicazione circa il
luogo processuale in cui ne sarebbe avvenuta la deduzione, giacché si trascrive
la parte del p.v.c. che la riporta, ma non si precisa se la sua introduzione nel
giudzio sia avvenuta con le controdeduzioni o in sede di appello, non
trascrivendo né delle une, né dell’altro il relativo passaggio espositivo.
Quanto infine alla statuizione in punto di giudicato, di cui l’Agenzia si duole
con il quarto motivo di ricorso, manca totalmente ogni riproduzione della
statuizione di primo grado e la riproduzione dell’asserito motivo di appello
non è valutabile sotto l’aspetto impugnatorio, sicché è preclusa la possibilità di

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un vizio motivazionale in relazione al ritenuta deducibilità del costo

delibare la completezze e la specificità della sollevata censura in base alla
semplice consultazione del ricorso.
6.3. Il terzo motivo del ricorso incidentale, parimenti deducente un vizio di
motivazione, in cui il giudice d’appello sarebbe incorso per aver negato
consistita nel rettificare il “deposito cauzionale” per lire 91.667.700 ricevuto
in dipendenza della vendita di autocarri usati in anticipo su una futura
vendita), non ha pregio.
L’Agenzia ne argomenta la fondatezza sulla base del duplice rilievo ovvero
osservando, da un lato che, contrariamente a quanto assunto dalla parte, nella
specie si sarebbe trattato di un deposito cauzionale, di tal chè esso
rappresenterebbe un ricavo e darebbe perciò luogo all’emersione di materia
imponibile che la rettifica intenderebbe viceversa occultare ponendo in essere,
attraverso un artificio contabile, un’attività elusiva; dall’altro che il
trasferimento dei beni all’acquirente sarebbe provato dalla circostanza che
“l’importo del deposito cauzionale deve presumersi pari al valore dell’usato”,
di tal chè ciò, comportando, in base ai principi contabili internazionali
(“principio contabile internazionale n. 18 Ricavi”), il passaggio pressoché
integrale dei rischi in capo al venditore, comproverebbe pure l’avvenuto
trasferimento del bene.
Nei termini riferiti tuttavia l’allegazione erariale non evidenzia alcun vulnus
motivazionale rilevabile sotto il denunciato profilo nel ragionamento
decisorio che ha portato il giudice territoriale a ricusare la tesi dell’ufficio,
giacché gli elementi di giudizio su cui si sollecita il controllo di logicità della
Corte, ed in ragione dei quali l’iter logico-argomentativo seguito
dall’impugnata decisione risulterebbe viziato, quando siano provvisti di una
qualche apparenza documentale (è il caso della qualificazione del detto
importo come deposito cauzionale), non soddisfano il requisito
dell’autosufficienza dal momento che le trascrizione operate a questo fi (cfr.

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legittimità alla ripresa in punto di rettifica di ricavi relativi (nella specie

il relativo passaggio del p.v.c. riportato a pag 9 del controricorso) non
conferiscono adeguata consistenza al rilievo e, quando sono frutto di
valutazioni logiche (è il caso della prova sul trasferimento della proprietà), si
collocano in un contesto argomentativo che, a prescindere dalla sua opinabilità
suscettibile di alcun vaglio in questa sede, in buona sostanza risolvendosi nel
contrapporre alla lettura insoddisfacente dei fatti operata dal giudice di merito
una lettura di essi più confacenti alle proprie attesa, in tal guisa prospettando la
rinnovazione di un giudizio di fatto che esula dai compiti di questa Corte.
7. Entrambi i ricorsi vanno dunque respinti.
8. Le spese, in ragione della reciprocità della soccombenza, che perciò si
verifica, possono essere integralmente compensate.
PQM
La Corte Suprema di Cassazionei
respinge il ricorso principale della parte ed il ricorso incidentale dell’Agenzia
delle Entrate.
Compensa integralmente le spese di lite.

(cfr. la presunzione di equivalenza tra prezzo e valore dell’usato), non è

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