Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4153 del 21/02/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4153 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GIUDICEPIETRO ANDREINA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20297/2011 R.G. proposto da
Calabra Maceri e Servizi S.p.A., in persona del 1.r.p.t., rappresentata e
difesa dall’Avv. Giuseppe Falcone, con domicilio eletto in Roma, Corso
Vittorio Emanuele II, n.287, presso l’avv. Antonio brio;

ricorrente

contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa
ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma,
via dei Portoghesi, n.12;

controricorrente

avverso la sentenza n.157/06/10 della Commissione Tributaria Regionale
della Calabria depositata il 22/06/2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 06/12/2017 dal
Consigliere Andreina Giudicepietro;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

Data pubblicazione: 21/02/2018

udito l’avv. Francesco Falcone, per delega dell’avv. Giuseppe Falcone,
difensore di parte ricorrente.

FATTI DI CAUSA

1.

La Calabra Maceri e Servizi S.p.A., in persona del I.r.p.t., ricorre con

n.157/06/10 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro,
in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di recupero di un
credito d’imposta ex art. 8 L. n.388/2000 relativo all’anno 2001.
2.

Con la sentenza impugnata, la Commissione Tributaria Regionale

della Calabria ha esposto in fatto quanto segue. A seguito di SPV della
G.d.F. di Cosenza, che aveva accertato l’insussistenza delle operazioni poste
a base del credito esposto dalla società Calabra Maceri e Servizi S.p.A. nella
dichiarazione dell’anno 2001, l’Agenzia delle Entrate di Cosenza aveva
emesso atto di recupero del credito e conseguente ingiunzione di
pagamento, impugnati dalla Società innanzi alla C.T.P. con distinti ricorsi,
poi riuniti. Deduceva la società: 1) la decadenza dell’Agenzia delle Entrate ai
sensi dell’art.43 D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 57 D.P.R. n. 633/72 , poiché
l’atto di recupero del credito, equiparabile ad un avviso di accertamento e
relativo al periodo di imposta 2001, era stato notificato oltre il 31/12/2006;
2) la carenza di potere dell’Ufficio, perché la Società per l’anno 2001 aveva
presentato istanza di condono tombale, ai sensi dell’art.9 e 15 L. 289/02,
pagando il dovuto; 3) l’illegittimità ed infondatezza del provvedimento di
recupero, adottato in assenza di prova certa sull’inesistenza delle operazioni
relative al credito di imposta. L’Ufficio si costituiva, sostenendo la legittimità
dell’avviso di recupero e dell’attività di accertamento, nonché l’insussistenza
della decadenza e la fondatezza degli accertamenti della G.d.F. Chiedeva,
quindi, il rigetto del ricorso. La C.T.P., previa riunione, rigettava entrambi i
ricorsi della Società, condannando la ricorrente alle spese. In particolare, la
C.T.P. riteneva che non fosse maturata alcuna decadenza per l’Ufficio e che
i termini fossero prorogati fino al 31/12/2008 ex L. n. 289/02, non
potendosi estendere il condono alle anomalie accertate dalla G.d.F.. Inoltre

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Cons. est. Andreina Giudice pietro

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nove motivi contro l’Agenzia delle Entrate, per la cassazione della sentenza

evidenziava che la G.d.F. aveva accertato nella dichiarazione mod.760/02
costi indeducibili e riconducibili ad investimenti e prestazioni effettuate
dall’impresa Presta Asciutto Salvatore, corrispondenti a fatture non
registrate e contabilizzate dalla stessa impresa, per altro priva delle pale ed
dei mezzi meccanici indicati nelle fatture. La Società impugnava la sentenza
della C.T.P. innanzi alla C.T.R. della Calabria, deducendo l’erroneità della

costituiva, chiedendo il rigetto dell’appello.
3.

Su queste premesse in fatto, il giudice di secondo grado ha

rigettato l’impugnazione, ritenendo che i motivi di appello della società
fossero infondati per le stesse motivazioni addotte dalla C.T.P.
4.

A seguito del ricorso della Calabra Maceri e Servizi S.p.A. avverso la

sentenza del giudice di appello, l’Agenzia delle Entrate resiste con
controricorso notificato 1’14/10/2011.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Primo motivo – Nullità della sentenza per omessa pronuncia ex
art.112 c.p.c. e per contestuale violazione dell’art.111 Cost. e delle regole
sul giusto processo, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., nella
parte in cui la C.T.R. della Calabria non ha esaminato la questione
fondamentale dell’eccepita decadenza dell’ufficio per aver emesso il
provvedimento oltre il termine massimo di cui all’art. 43 D.P.R. n. 600/73.
Secondo motivo – Nullità della sentenza per omessa motivazione ex
artt 36 D.Lgs. n.546/92 e per contestuale violazione dell’art.111 Cost. e
delle regole sul giusto processo, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4,
c.p.c., nella parte in cui la C.T.R. della Calabria non ha motivato sulla
questione fondamentale dell’eccepita decadenza dell’ufficio (implicitamente
rigettata) per aver emesso il provvedimento oltre il termine massimo di cui
all’art. 43 D.P.R. n. 600/73.
Terzo motivo- Omessa motivazione ex art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.,
nella parte in cui la C.T.R. della Calabria non ha motivato sulla questione
fondamentale dell’eccepita decadenza dell’ufficio (implicitamente rigettata)

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Cons. est. Andreina Giudicepietro

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pronuncia impugnata e chiedendo l’accoglimento del ricorso. L’Ufficio si

per aver emesso il provvedimento oltre il termine massimo di cui all’art. 43
D.P.R. n. 600/73.
1.2. I motivi riproducono la stessa doglianza sotto diversi profili, vanno
trattati insieme e sono complessivamente infondati. Ed invero, la sentenza
impugnata contiene una decisione esplicita di rigetto della eccezione di
decadenza sollevata dalla ricorrente. La decisione risulta conforme ad un

di recupero del credito di imposta, che è sostanzialmente equiparabile ad un
atto di accertamento, si applicano i termini di cui all’art.43 D.P.R. n. 600/73
(Cass. n. 15186/2016). Secondo la citata pronuncia, l’equiparazione degli
atti sotto il profilo sostanziale comporta necessariamente che anche il
“potere di recupero del credito di imposta” sia sottoposto ad un termine di
decadenza come lo è il “potere di accertamento fiscale”.111II termine in
questione non può essere diverso nella durata da quello previsto per il
“potere di accertamento” dall’art. 43, d.P.R. n. 600 del 1973, ma da esso
differisce per quanto riguarda il dies a quo, individuabile nel tempo di
effettivo utilizzo del credito di imposta. Ed invero, se non si verifica
l’indebito utilizzo del credito d’imposta, non può nascere il potere di
recupero spettante all’amministrazione. Pertanto, poiché nel caso di specie
l’atto di recupero del credito d’imposta è stato notificato alla società in data
28/9/2007 ed il credito, relativo all’anno di imposta 2001, è stato utilizzato
nella dichiarazione presentata nel 2002, non risulta decorso il termine di
decadenza di cui all’art. 43 D.P.R. n. 600/73 (entro il 31 dicembre del
quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione,
cioè il 31 dicembre 2007). Non si pone, quindi, alcun problema in ordine
all’applicabilità della proroga biennale disposta dall’art. 10 della legge n. 289
del 2002, oggetto di contestazione da parte della ricorrente.
2.1. Quarto motivo – Violazione o falsa applicazione dell’art.9 L.
n.289/02, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c., laddove la C.T.R.
di Catanzaro ha ritenuto, in presenza di un condono cd. tombale, legittimo il
recupero di un credito di imposta a seguito di accertamento della G.d.F. su
componenti della dichiarazione della Società relativa all’anno 2001, coperta
appunto dal condono.

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Cons. est. Andreina Giudicepietro

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orientamento ormai consolidato della Corte, secondo cui al provvedimento

Quinto motivo – Nullità della sentenza per omessa pronuncia ex art.112
c.p.c. e per contestuale violazione dell’art.111 Cost. e delle regole sul giusto
processo, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., nella parte in cui la
C.T.R. di Catanzaro non ha esaminato la questione fondamentale della
carenza di potere di accertamento dell’Ufficio a seguito del condono
tombale.

nella parte in cui la C.T.R. di Catanzaro non ha motivato sulla questione
fondamentale dell’illegittimità dell’accertamento, precluso dal condono
tombale.
2.2. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, avendo ad
oggetto l’identica doglianza sotto diversi profili, e vanno rigettati perché
infondati.
2.3. Ed invero, le Sezioni Unite, investite della questione per dirimere il
contrasto insorto all’interno della Sezione Tributaria, con la recente
sentenza n. 16692/2017 hanno enunciato il seguente principio di diritto: “In
tema di c.d. condono tombale, non è inibito all’erario l’accertamento
riguardante un credito da agevolazione esposto in dichiarazione, in quanto il
condono elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non
opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco,
che restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’Ufficio”. L’atto
di recupero del credito, determinando non già la riduzione dell’imponibile,
bensì quella dell’imposta, è estraneo all’ambito applicativo dell’art. 9,
comma 9, L. 289/02, che, stabilendo la definitività della liquidazione delle
imposte risultanti dalla dichiarazione, deve intendersi riferito all’imposta
lorda, cioè all’imponibile. La citata sentenza delle Sezioni Unite richiama
l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale, secondo cui il condono
incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti, in quanto si
traduce in una forma atipica di definizione del rapporto tributario, nella
prospettiva di recuperare risorse finanziarie e di ridurre il contenzioso, non
già in quella dell’accertamento dell’imponibile (Corte cost. 13 luglio 1995, n.
321). Secondo le Sezioni Unite: “L’atipicità sta dunque nel fatto che col
condono si regola l’obbligazione tributaria prescindendo dall’accertamento

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Sesto motivo – Omessa motivazione ex art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.,

dell’imponibile, per finalità deflattive e di bilancio. (…) La preclusione di ogni
accertamento tributario nei confronti del dichiarante e dei soggetti
coobbligati derivante dal perfezionamento del procedimento di condono non
può che concernere, allora, il solo debito tributario. Estenderla anche ai
crediti, in mancanza di qualsiasi potere decisorio da parte dell’Ufficio,
colliderebbe in maniera frontale con le finalità del condono, indirizzate a

compensazione di ragioni di credito e di debito”.
Ritiene, quindi, la Corte che nel caso di specie trovi applicazione il
principio di diritto enunciato nella sentenza delle S.U. n. 16692/17, secondo
cui l’Amministrazione conserva il potere di accertamento dei crediti esposti
nella dichiarazione e di emissione dei provvedimento di recupero,
nonostante l’intervenuto condono cd. tombale per l’anno di imposta 2001.
3.1. Settimo motivo – Nullità della sentenza per violazione delle regole
sulle prove e sul giusto processo (artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. ) in relazione
all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., non avendo la CTR di Catanzaro indicato
le prove rappresentative della falsità delle fatture.
Ottavo motivo – Violazione e/o falsa applicazione delle norme sulle
prove (artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. ) in relazione all’art. 360, comma 1,
n.3, c.p.c., avendo la C.T.R. di Catanzaro fatto un mero riferimento al PVC
della G.d.F. senza esaminare la credibilità delle affermazioni in esso
contenute in base al principio del libero convincimento del giudice.
Nono motivo – Omessa motivazione ex art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.,
nella parte in cui la C.T.R. di Catanzaro non ha motivato su di un punto
fondamentale e decisivo, non avendo indicato quali prove ha inteso
utilizzare e quali valutazioni ha fatto in ordine alle dimostrazione della falsità
delle fatture.
3.2. Anche tali motivi devono essere esaminati congiuntamente, poiché
sollevano sotto diversi profili la stessa doglianza, e sono complessivamente
infondati.
3.3. Ed invero, la C.T.R. di Catanzaro nella motivazione della sentenza
impugnata ha fatto esplicito riferimento al PVC della G.d.F., a sua volta
richiamato nell’atto di recupero del credito e nella motivazione della

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reperire risorse di bilancio e non già a perseguire finalità transattive e di

sentenza della C.T.P. La sentenza della C.T.R. della Calabria ha dato atto
che dal verbale della G.d.F. risulta l’inesistenza delle operazioni poste a
base del credito di imposta inserito nella dichiarazione del 2001. Secondo
quanto rilevato dagli agenti operanti, nella dichiarazione mod.760/02 erano
riportati costi indeducibili e riconducibili ad investimenti e prestazioni
effettuate dall’impresa Presta Asciutto Salvatore. Quest’ultima impresa era

aveva registrato e contabilizzato le stesse. Da tali elementi, secondo il
giudice di appello, emergono sufficienti indizi sull’inesistenza oggettiva delle
operazioni commerciali, per cui sarebbe stato onere del contribuente
fornire la prova contraria in ordine alla loro esistenza. La conclusione cui è
pervenuta la C.T.R. della Calabria è in linea con l’orientamento consolidato
di questa Corte, secondo cui, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti
al contribuente l’indebita detrazione di fatture ai fini IVA ed IRPEG, in
quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova
che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta
in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la
contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima
della detrazione o del costo altrimenti indeducibili e la sua mancanza di
consapevolezza di partecipare ad un’operazione fraudolenta, non essendo
sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze
contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente
falsificabili (cfr. Cass. sent. n. 428/2015, n. 28683/2015, n.12802/2011).
Non si ravvisa, quindi, alcun vizio di violazione o falsa applicazione delle
norme sul libero convincimento e sulla ripartizione dell’onere della prova, né
una carenza motivazionale della sentenza impugnata, che , sia pure “per
relationem”, esplicita in maniera sufficiente le ragioni per cui ha fatto
proprie le motivazioni dell’atto di recupero del credito, fondato
sull’accertamento della G.d.F.
4.1. Atteso il rigetto del ricorso, la società ricorrente va condannata al
pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di
legittimità, secondo la liquidazione effettuata in dispositivo.

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risultata priva delle pale ed dei mezzi meccanici indicati nelle fatture e non

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società Calabra Maceri e Servizi
S.p.A. al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.800,00, oltre S.P.A.D.
Così deciso in Roma il 6/12/2017
Il Presidente

dott. Aure io Cappabianca

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