Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4153 del 09/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 09/02/2022, (ud. 11/11/2021, dep. 09/02/2022), n.4153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10287-2016 proposto da:

ASST MELEGNANO E DELLA MARTESANA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSANDRO CANNONE;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RODI 32,

presso lo studio dell’avvocato MARTINO UMBERTO CHIOCCI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO SPADETTA,

ANNAMARIA SPADETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1272/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/01/2016 R.G.N. 1670/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 27 gennaio 2016, riformava la sentenza del Tribunale di Lodi e, per l’effetto, accoglieva parzialmente la domanda proposta da P.M., dirigente medico della ASST MELEGANO E DELLA MARTESANA, già AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALE DI CIRCOLO DI MELEGNANO (nel prosieguo: la AZIENDA), per il pagamento delle differenze di retribuzione derivanti dall’incarico di direzione della struttura complessa di Chirurgia dell’ospedale di Cernusco sul naviglio, svolto dall’agosto 2007, data di cessazione dal servizio del precedente direttore, al 31 maggio 2009.

2. La Corte territoriale riteneva non essere applicabile la disposizione dell’art. 18 CCNL 9 giugno 2000, che prevedeva la sostituzione del dirigente titolare di struttura cessato dal servizio, per un periodo di sei mesi, prorogabile a dodici mesi, al fine di consentire lo svolgimento delle procedure per il conferimento dell’incarico.

3. Osservava che nella specie la AZIENDA aveva indetto l’avviso pubblico per il conferimento dell’incarico di direzione della struttura soltanto con delibera del 14 maggio 2008, decorso quasi un anno dalla designazione in sostituzione; per il periodo successivo ai dodici mesi, termine fissato dalle parti collettive, si configurava, pertanto, lo svolgimento di mansioni superiori.

4. La Corte territoriale dichiarava di aderire sul punto al principio enunciato da Cass. n. 13309/2015 (rectius: Cass. n. 13809/2015).

5. Aggiungeva che un eventuale superamento del termine di dodici mesi per la sostituzione poteva essere irrilevante soltanto se, indetta la procedura con sollecitudine, un termine maggiore fosse stato necessario per il numero dei partecipanti o la complessità delle operazioni, circostanze nella specie non ricorrenti.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la AZIENDA, articolato in un unico motivo di censura, cui MAURIZIO P. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo di ricorso la AZIENDA ha denunciato la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti ed accordi collettivi nazionali, in relazione:

– al CCNL 8 giugno 2000 , art. 18, per l’Area della dirigenza medica e veterinaria del SSN, al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24 ed al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, all’art. 2103 c.c., all’art. 36 Cost..

Nonché la contraddittorietà, insufficienza ed illogicità della sentenza.

2. Si censura la statuizione di inapplicabilità dell’art. 18 CCNL dell’8 giugno 2000 e si deduce il vizio di erronea applicazione dell’art. 2103 c.c., in violazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 e dell’art. 24, comma tre, nonché del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15.

3. Si assume che al P. spettava la sola indennità di sostituzione, come corrisposta.

4. Il ricorso è fondato.

5. Con orientamento ormai consolidato, questa Corte (tra le altre, Cass. n. 16299/2015; Cass. n. 21565/2018; Cass. n. 23155 e 23156/2021; Cass. n.23195/2021), superando un isolato precedente di segno contrario (Cass. n. 13809/2015), ha enunciato il principio secondo cui la sostituzione nell’incarico di dirigente medico di struttura, ai sensi del CCNL dell’8.6.2000 per l’Area della dirigenza medica e veterinaria del SSN, art. 18, non si configura come svolgimento di mansioni superiori, poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. ed al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost..

6. La richiamata giurisprudenza ha altresì superato l’orientamento, espresso da Cass. n. 24373/2008 e n. 34541/2019, secondo cui il dirigente medico maturerebbe il diritto a percepire la retribuzione di posizione corrispondente all’incarico svolto di fatto.

7. L’inoperatività dell’art. 2103 c.c. alla dirigenza, sancita in via generale dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, trova, infatti, origine nel fatto che la qualifica dirigenziale non esprime una posizione lavorativa caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale a ricoprire un incarico dirigenziale (Cass. n. 91/2019). Per la dirigenza sanitaria, il principio è ribadito dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 (come sostituito dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 13, comma 1) – secondo cui la dirigenza sanitaria è collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali ed in un unico livello – ed art. 15 ter (aggiunto dal D.Lgs. n. 229 del 1999, medesimo art. 13, comma 1), comma 5 – secondo cui il dirigente preposto ad una struttura complessa è sostituito, in caso di sua assenza o impedimento, da altro dirigente della struttura o del dipartimento individuato dal responsabile della stessa struttura ed alle predette mansioni superiori non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1.

8. Trova dunque applicazione il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, che, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, ha delegato alla contrattazione collettiva il trattamento economico dei dirigenti, precisando che il trattamento accessorio deve essere correlato alle funzioni attribuite. Il comma tre del medesimo articolo fissa il principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, stabilendo che il trattamento economico “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”.

9.La materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, al CCNL 8.6.2000, art. 18, comma 7, hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni…. non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria” ed hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta.

10. Il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici; le parti collettive non hanno fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine. L’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori.

11. Il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata.

12. L’odierno controricorrente per l’incarico di direzione di struttura complessa conferitogli in via di fatto aveva pertanto diritto al pagamento della suddetta indennità ex art. 18.

13.Non sono conferenti i precedenti di questa Corte richiamati dal controricorrente in memoria, che si riferiscono allo svolgimento di mansioni dirigenziali da parte di funzionari, fattispecie che, invece, effettivamente configura lo svolgimento di mansioni superiori.

14. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata. Essendo pacifico che il controricorrente ha percepito la indennità di cui al richiamato art. 18 (il cui importo era detratto nel conteggio delle differenze richieste) la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda originaria.

15. Le spese dei gradi di merito si compensano tra le parti, per l’esito alterno delle relative decisioni; le spese del presente grado, che si liquidano in dispositivo, vanno a carico del controricorrente, in ragione della soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna la parte controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022

 

 

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